Una lettera che ho ricevuto e che pubblico. Leggetela. Questa e' la stampa di sinistra. Questa e' la nuova Italia delle sinistre.
Mi chiamo Elio Antonucci. Mio padre, Giuseppe
Antonucci, ex segretario provinciale dell’Udc di
Foggia, nel febbraio 2001 viene arrestato nella sede
dell’Ataf (azienda trasporti pubblici di Foggia, di
cui è Presidente) da una decina di agenti della Digos.
Viene sbattuto in gattabuia come un comune
delinquente. L’accusa? Tangenti. Dopo tre giorni viene
rilasciato e inizia il processo. Sono passati più di
cinque anni da quei giorni. Cinque anni duri, pieni di
umiliazioni derivanti sia dall’infamità delle
recriminazioni sia da rinunce importanti. Candidatura
al Senato della Repubblica saltata, lavoro
(prestigioso) perso. Senza parlare del dolore della
nostra famiglia, esposta ad insulti ed insinuazioni di
ogni tipo da parte dei media. Non entro nel merito
specifico dell’accusa. Posso solo dire che, fin
dall’inizio, il tutto sembrava ordito per fare fuori
politicamente mio padre, reo di avere un larghissimo
consenso nel territorio. L’inconsistenza del teorema
accusatorio era evidente. Per dare maggiore risalto
alla vicenda, il Pm cerca di appigliarsi a qualunque
cosa. Spunta così anche l’accusa di peculato, per
l’ammontare, udite udite, di poche centinaia di
migliaia di vecchie lire. Il processo va avanti fino
ad arrivare a sentenza. Il 7 luglio di quest’anno il
giudice si pronuncia. Giuseppe Antonucci viene ASSOLTO
dall’accusa di tangenti e appropriazione indebita
perché il fatto NON SUSSISTE. Viene invece condannato
a due anni e quattro mesi per peculato. La difesa si
mostra fiduciosa anche su questo ultimo punto, dal
momento che l’imputato ha sì utilizzato mezzi di
proprietà dell’Ataf ma questo rientrava nei suoi
diritti, in quanto Presidente dell’azienda stessa.
Ripeto che stiamo parlando di poche centinaia di
migliaia di lire, cifra di cui, per fortuna, non
abbiamo certamente bisogno. Qualunque persona di buon
senso capirebbe in quale trappola sia caduto mio
padre. E quali sofferenze abbia provato nel vedere
così infamata la sua ottima reputazione di persona per
bene oltre che di valente avvocato. “La Gazzetta del
Mezzogiorno” dell’8 luglio 2006 mette giustamente in
risalto l’assoluzione dell’imputato, titolando
correttamente “Assolto perché il fatto non sussiste”.
Con soddisfazione di tutti noi. Purtroppo non finisce
qui. L’altro giorno navigando in internet mi imbatto
in un articolo de “l’Espresso” on – line che
riprendeva la vicenda di mio padre. Sono sobbalzato.
“Condannato ex – segretario provinciale dell’Udc”. Il
penoso articolo metteva in risalto esclusivamente la
condanna (del tutto ridicola) di peculato, accennando
a mala pena all’assoluzione dall’accusa più infamante
e grave. E’ questa la correttezza del gruppo
editoriale La Repubblica – L’Espresso? Accecati da un
odio preconcetto per chi non la pensa come loro ed è
lontano anni luce dal loro becero filo – comunismo,
sparano a zero su onesti cittadini. Il dolore che ho
provato nei primi istanti è stato subitaneamente
sostituito dalla rabbia e dall’indignazione. Sono
indignato di come certi presunti giornalisti possano
alterare la realtà dei fatti, di come, non curanti del
prossimo, scarichino tonnellate di sterco (a loro così
congeniale e familiare) su tante brave persone. E’
questa la grande stampa? Sono questi i giornali da cui
pende lo stolto pubblico che li acquista? Vergogna! Mi
vergogno di avere simili concittadini, mi vergogno di
questo Paese che, tutto unito nello sventolare il
tricolore durante i Mondiali di calcio, si spacca
miseramente in guerre finto – idealiste. Un Paese
dominato dall’ideologia neo – comunista che trabocca
dalle colonne dei giornalini del signor De Benedetti,
uno che con la giustizia, tra l’altro, non c’è mai
andato tanto d’accordo. Gentaglia che vomita odio, che
predica ideali senza perseguirli. Tutti accecati
dall’odio politico di classe. Nessuno di costoro ha
mai fatto i conti con la propria coscienza, nessuno di
costoro ha mai pensato che dietro l’imputato c’è forse
una persona, con le sue paure e i suoi sentimenti. Che
forse c’è una famiglia che soffre per le ingiurie che
le vengono riversate. Che un imputato fino al terzo
grado di appello è da considerarsi INNOCENTE. Bel
garantismo, bella gente. Questa è l’Italia delle
sinistre. Complimenti.
Mi chiamo Elio Antonucci. Mio padre, Giuseppe
Antonucci, ex segretario provinciale dell’Udc di
Foggia, nel febbraio 2001 viene arrestato nella sede
dell’Ataf (azienda trasporti pubblici di Foggia, di
cui è Presidente) da una decina di agenti della Digos.
Viene sbattuto in gattabuia come un comune
delinquente. L’accusa? Tangenti. Dopo tre giorni viene
rilasciato e inizia il processo. Sono passati più di
cinque anni da quei giorni. Cinque anni duri, pieni di
umiliazioni derivanti sia dall’infamità delle
recriminazioni sia da rinunce importanti. Candidatura
al Senato della Repubblica saltata, lavoro
(prestigioso) perso. Senza parlare del dolore della
nostra famiglia, esposta ad insulti ed insinuazioni di
ogni tipo da parte dei media. Non entro nel merito
specifico dell’accusa. Posso solo dire che, fin
dall’inizio, il tutto sembrava ordito per fare fuori
politicamente mio padre, reo di avere un larghissimo
consenso nel territorio. L’inconsistenza del teorema
accusatorio era evidente. Per dare maggiore risalto
alla vicenda, il Pm cerca di appigliarsi a qualunque
cosa. Spunta così anche l’accusa di peculato, per
l’ammontare, udite udite, di poche centinaia di
migliaia di vecchie lire. Il processo va avanti fino
ad arrivare a sentenza. Il 7 luglio di quest’anno il
giudice si pronuncia. Giuseppe Antonucci viene ASSOLTO
dall’accusa di tangenti e appropriazione indebita
perché il fatto NON SUSSISTE. Viene invece condannato
a due anni e quattro mesi per peculato. La difesa si
mostra fiduciosa anche su questo ultimo punto, dal
momento che l’imputato ha sì utilizzato mezzi di
proprietà dell’Ataf ma questo rientrava nei suoi
diritti, in quanto Presidente dell’azienda stessa.
Ripeto che stiamo parlando di poche centinaia di
migliaia di lire, cifra di cui, per fortuna, non
abbiamo certamente bisogno. Qualunque persona di buon
senso capirebbe in quale trappola sia caduto mio
padre. E quali sofferenze abbia provato nel vedere
così infamata la sua ottima reputazione di persona per
bene oltre che di valente avvocato. “La Gazzetta del
Mezzogiorno” dell’8 luglio 2006 mette giustamente in
risalto l’assoluzione dell’imputato, titolando
correttamente “Assolto perché il fatto non sussiste”.
Con soddisfazione di tutti noi. Purtroppo non finisce
qui. L’altro giorno navigando in internet mi imbatto
in un articolo de “l’Espresso” on – line che
riprendeva la vicenda di mio padre. Sono sobbalzato.
“Condannato ex – segretario provinciale dell’Udc”. Il
penoso articolo metteva in risalto esclusivamente la
condanna (del tutto ridicola) di peculato, accennando
a mala pena all’assoluzione dall’accusa più infamante
e grave. E’ questa la correttezza del gruppo
editoriale La Repubblica – L’Espresso? Accecati da un
odio preconcetto per chi non la pensa come loro ed è
lontano anni luce dal loro becero filo – comunismo,
sparano a zero su onesti cittadini. Il dolore che ho
provato nei primi istanti è stato subitaneamente
sostituito dalla rabbia e dall’indignazione. Sono
indignato di come certi presunti giornalisti possano
alterare la realtà dei fatti, di come, non curanti del
prossimo, scarichino tonnellate di sterco (a loro così
congeniale e familiare) su tante brave persone. E’
questa la grande stampa? Sono questi i giornali da cui
pende lo stolto pubblico che li acquista? Vergogna! Mi
vergogno di avere simili concittadini, mi vergogno di
questo Paese che, tutto unito nello sventolare il
tricolore durante i Mondiali di calcio, si spacca
miseramente in guerre finto – idealiste. Un Paese
dominato dall’ideologia neo – comunista che trabocca
dalle colonne dei giornalini del signor De Benedetti,
uno che con la giustizia, tra l’altro, non c’è mai
andato tanto d’accordo. Gentaglia che vomita odio, che
predica ideali senza perseguirli. Tutti accecati
dall’odio politico di classe. Nessuno di costoro ha
mai fatto i conti con la propria coscienza, nessuno di
costoro ha mai pensato che dietro l’imputato c’è forse
una persona, con le sue paure e i suoi sentimenti. Che
forse c’è una famiglia che soffre per le ingiurie che
le vengono riversate. Che un imputato fino al terzo
grado di appello è da considerarsi INNOCENTE. Bel
garantismo, bella gente. Questa è l’Italia delle
sinistre. Complimenti.
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