In altra occasione abbiamo ricordato che lo Stato è debitore – insolvente – di qualche decina di miliardi di euro nei confronti di cittadini che hanno versato, per i più svariati motivi, più tasse di quanto erano dovute: naturalmente e sfortunatamente esistono anche altre forme di parziale insolvenza da parte delle amministrazioni pubbliche.
Stato, regioni, provincie, comuni, società di proprietà pubblica, ospedali eccetera si guardano bene dal rispettare i termini di pagamento convenuti al momento della stipula dei vari contratti di appalto o di fornitura. Gravissimi ritardi nell’adempimento degli obblighi contrattuali vengono continuamente lamentati dai fornitori degli enti pubblici, ed ogni protesta si scontra con la solita giustificazione, che non giustifica nulla: problemi od intoppi burocratici impediscono alle amministrazioni di mantenere puntualmente i propri impegni.
Troppo spesso si trattano questi cosiddetti problemi burocratici come se si trattasse di eventi inevitabili, in qualche modo come si parla dei tornado, dei terremoti o delle eruzioni vulcaniche. Il vero problema non sono gli intoppi burocratici: è la burocrazia stessa, che si inventa mille incombenze per giustificare la propria pletorica esistenza (possiamo anche in questo caso parlare di conflitto di interessi?) e soprattutto per nascondere la propria scarsissima efficienza e mascherare, dietro queste scuse, le proprie responsabilità. Se infatti per portare a termine una pratica occorrono dieci o venti firme di differenti uffici, chi può essere additato come responsabile se le cose funzionano male?
Naturalmente nessuno si preoccupa del fatto che i ritardati pagamenti provocano gravi crisi in moltissime aziende, che devono ricorrere al credito bancario, oppure ritardare esse stesse l’adempimento dei propri impegni verso i fornitori, per restare a galla, perpetuando in tal modo il disagio. E tutti sanno quanto sia problematico, di questi tempi, ottenere credito dalle banche, che invece non lesinano prestiti miliardari a spregiudicati speculatori e sedicenti finanzieri.
Sull’esempio di quanto viene fatto dalle pubbliche amministrazioni – che invece dovrebbero rappresentare dei modelli di comportamento – ormai da vari anni è invalso l’uso, anche da parte di molti privati, di non rispettare in alcun modo i termini di pagamento convenuti con i propri fornitori, prolungando spesso oltre ogni limite le attese di questi ultimi, e mettendoli molto frequentemente in crisi, che in molti casi sfocia nella liquidazione o nel fallimento.
D’altra parte il ricorso alla giustizia per esigere il rispetto dei contratti, date le condizioni assolutamente indegne di un paese civile in cui si trascina l’amministrazione della giustizia e le procedure terribilmente macchinose cui il creditore deve sottoporsi, rende estremamente conveniente il non pagare: prima che sia possibile ottenere una decisione della magistratura, seppure solo in primo grado, occorrono molti mesi quando non addirittura anni, e se poi il debitore è costretto a pagare, gli interessi che gli vengono applicati sono normalmente molto più convenienti di quelli pretesi dalle banche, creando in tal modo un ingiustificato guadagno per l’inadempiente, ed un ulteriore danno per il creditore.
In un momento in cui tutti, a cominciare dagli esponenti politici, si preoccupano del ristagno dell’economia e delle difficoltà cui vanno incontro molte aziende per mancanza di liquidità, non sarebbe forse il caso di prendere in mano questa complessa questione e cercare in qualche modo di uscire da una situazione francamente scandalosa?
Il Bertoldo
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