Da
qualche lettore dei miei scritti mi vengono poste alcune domande: perché
critichiamo in continuazione i diktat della Germania? E per quale motivo la
Germania dovrebbe lasciar fare e continuare ad essere
la locomotiva efficiente che tira dei vagoni scalcagnati? Quest’ultima domanda
è certamente condivisa da molti tedeschi e merita una risposta che chiarisca,
nei limiti del possibile, la situazione.
Innanzi tutto rispondiamo sul perché critichiamo i diktat
della Germania (sarebbe più corretto dire i diktat della Cancelliera Merkel).
Forse non tutti ricordano che alla UE partecipano ben ventisette paesi e la
cosiddetta Eurozona comprende diciassette paesi, di diversissime dimensioni e
sviluppo: si va da Malta e Cipro a Germania, Francia ed Italia. In virtù di
quale delega la Cancelliera si arroga il diritto di dettare le norme di
comportamento di tutti gli altri?
Nessuno nega che la Germania sia un paese prospero e bene
amministrato – anche se l’esistenza di un debito pubblico vicino al 90% del PIL
non è proprio conforme ai principi di Maastricht - e che le decisioni
importanti debbano essere prese all’unanimità e pertanto ciascun partecipante.
Germania compresa, gode di un diritto di veto – anche se questo è il modo
migliore per far sì che non si prendano decisioni perché c’è sempre qualcuno
che non è d’accordo – ma non è pensabile, proprio in virtù della conclamata
razionalità dei tedeschi, che non si siano resi conto fin dall’inizio che il sistema era zoppo e non avrebbe potuto
funzionare.
E qui veniamo alla seconda domanda. Perché la Germania
dovrebbe farsi carico dei problemi dei paesi meno avveduti? Non dimentichiamo
che sia l’UE, sia a più forte ragione l’eurozona prendono origine da un’idea di
cooperazione e di unità. Ciò significa che i singoli partecipanti non possono
più considerarsi del tutto autonomi nel loro agire come se queste
organizzazioni non esistessero.
Abbiamo visto in una precedente occasione come il paragone
fra i conti commerciali d’Italia e Germania, prima e dopo la creazione
dell’euro, abbiano messo in luce l’enorme vantaggio accumulato dalla Germania,
che ha addirittura invertito l’andamento precedente. Ciò non può essere solo la
conseguenza della saggia gestione della politica tedesca, ma suggerisce il
sospetto che la creazione della moneta unica sia stata furbescamente
dimensionata sull’interesse del Reich, senza tener conto della situazione
globale dei paesi aderenti.
In tutti i paesi esistono regioni più o meno virtuose, e
sempre entrano in funzione meccanismi di solidarietà che consentono di
mantenere una certa armonia fra le varie parti e quindi garantiscono la
compattezza dell’unione. Se la Germania intende rafforzare l’Unione Europea e
l’Unione Monetaria, che dopo tutto le ha permesso di conseguire ottimi
risultati, deve accettare il principio di solidarietà, anche se ciò
apparentemente le potrà costare qualcosa. A questo proposito ricordiamo che
essa non si oppose ai vantaggiosi finanziamenti della BCE alle banche europee
finchè ciò permise al proprio sistema bancario di fronteggiare i problemi
derivanti dalla grande esposizione in titoli dei paesi ora deplorati: Grecia,
Portogallo, Spagna Italia. Sistemata la cosa fu tutto un susseguirsi di “nein”.
In queste condizioni, non sembra che ci siano troppe
alternative. O la Germania è convinta di avere un particolare diritto nella
gestione dell’euro, ed allora deve decidersi a considerarlo come la propria
moneta, avente corso legale – forse per motivi di vassallaggio – anche in molti
altri paesi d’Europa, ed quindi dovrebbe dire chiaramente che chi non è
d’accordo con questa impostazione è libero di andarsene. Oppure accetta di
assumersi quei doveri di solidarietà che una unione di paesi liberi comporta, e
che essa stessa, partecipando alla UE ed all’eurozona, si è implicitamente
impegnata a rispettare. Non dimentichiamo che oltre il 40% delle esportazioni
tedesche sono dirette verso i tanto deprecati ed indisciplinati “paesi del
sud”.
Cosa verosimilmente potrebbe succedere se qualche paese
decidesse di uscire dall’euro o fosse costretto a farlo? Gli scenari
ipotizzabili sono evidentemente molto vari. Ciò che è certo è che le rinate
monete nazionali subirebbero ben presto una più o meno pesante svalutazione,
con influssi benefici per la ripresa delle esportazioni e con sicuri problemi
per i paesi abituali esportatori verso gli “indipendenti”. Se lo stesso
trattamento possa venire applicato anche al debito pubblico è tutto da vedere.
Certamente ci sarebbe una forte spinta all’emissione di moneta, per finanziare
la spesa pubblica e per ricapitalizzare le banche, oltre che per immettere la
necessaria liquidità nell’economia, con conseguenze evidentemente inflattive ma
al tempo stesso favorevoli ad un rilancio dell’economia e dell’occupazione.
Peraltro è certo che da parte dei governi dovrebbe essere
perseguita comunque una decisa politica di aggiustamento dei conti pubblici,
favorita sicuramente dal rilancio dell’economia, cui dovrebbe aggiungersi una
riduzione del carico fiscale ed una completa serie di vere riforme, ormai
attese senza esito da decenni: riforma della pubblica amministrazione, della
magistratura, del welfare, della struttura stessa dello stato. Se questi
indispensabili passi non venissero compiuti le prospettive non potrebbero che
essere nere.
Il Bertoldo
1 commento:
Penso che fino a che acconsentiremo ad avere in Calabria 12000 forestali mentre in Trentino sono 400, oppure ad avere le spese del Quirinale superiori a quelle di Buckingam Palace la Germania ha tutto il sacrosanto diritto a puntare i piedi quando vogliamo infilare le mani nel suo portafoglio.
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