Furoreggiano da varie
settimane su tutti i mezzi d’informazione le notizie relative all’infinita
serie di profittatori scoperti ad utilizzare i fondi assegnati ai gruppi dei
parlamentari regionali, fondi da loro utilizzati sia per rimpinguare i propri
conti bancari personali, sia per finanziare spese pazze, viaggi, vacanze in
costosi luoghi alla moda, automobili di lusso, pantagruelici pranzi con le
vivande ed i vini più pregiati e simili piacevolezze.
Ciò che appare quantomeno
bizzarro è il fatto che queste evidenti malversazioni vengano generalmente
scoperte dalla magistratura, a seguito di intercettazioni telefoniche ed
ambientali – spesso del tutto casuali – o per soffiate di colleghi degli
intrallazzatori. Nulla viene mai segnalato dai responsabili dei partiti cui i
ladri od i profittatori appartengono. Possibile che nessuno si sia mai accorto
degli ammanchi, spesso di svariati milioni di euro? E questi stessi personaggi,
incapaci di controllare un partito od una frazione di esso, pretenderebbero di
governare il nostro paese?
A questo punto viene del
tutto spontanea una considerazione. Un direttore di giornale è stato ritenuto
personalmente responsabile di un articolo non scritto da lui, ritenuto
diffamatorio nei propri confronti da un magistrato – bella la figura del
codardo autore, che non si è rivelato a suo tempo – e condannato ad oltre un
anno di carcere senza condizionale. Perché lo stesso principio di
responsabilità oggettiva non viene applicato anche alla classe politica?
E d’altra parte, se i fondi
erogati ai gruppi parlamentari sono di proprietà esclusiva degli stessi, perché
la magistratura se ne interessa senza che vi sia alcuna denuncia da parte dei
componenti del gruppo stesso? E se invece come sembra si tratta semplicemente
di fondi di proprietà pubblica messi a disposizione dei gruppi per usi
istituzionali, perché il loro uso non viene controllato dagli organi
istituzionalmente preposti al controllo della spesa pubblica?
Si ha l’impressione che,
per quanto riguarda i soldi strappati ai cittadini, non ci sia alcuna voglia né
intenzione di gestirli correttamente nell’interesse del paese e dei cittadini
contribuenti, ma esclusivamente nell’interesse della casta che li ha estorti a
chi se li è sudati.
o o o o
Il Presidente del Consiglio
non perde occasione per ricordarci che la fine del tunnel è ormai vicina, e che
la maggiore preoccupazione del governo è quella di rilanciare lo sviluppo,
generatore di benessere per tutti. Per quanto riguarda la fine del tunnel si ha
l’impressione che anche qui siano all’opera le brigate “NO TAV” che impediscono
il proseguimento dei lavori.
Quanto invece agli sforzi
del governo per il rilancio dell’economia, siamo convinti che il professor
Monti e tutti i suoi colleghi dovrebbero ritornare per qualche tempo – con la
dovuta umiltà – nelle aule scolastiche, ma non sulla cattedra dei docenti,
bensì sui banchi degli studenti. E’ nozione elementare comunemente accettata e
condivisa che l’economia di un paese cresce nella misura in cui aumenta la
produzione di beni o di servizi. E d’altra parte questa produzione trova il suo
sbocco nei consumi, che a loro volta sono condizionati dalla disponibilità di
mezzi finanziari da parte dei consumatori. Appare quindi evidente che non può
esservi aumento dei consumi, e quindi della produzione, e quindi di sviluppo,
se si sottrae al cittadino, nella sua funzione di consumatore, gran parte di
ciò di cui può disporre in forza della propria attività.
Queste elementari nozioni
di economia spicciola non sembrano entrare nel bagaglio culturale dei nostri
governanti, che si ostinano ad aumentare il prelievo fiscale senza alcuna
intenzione di ridurre in alcun modo il gigantesco costo dell’amministrazione
pubblica, mascherando il maggior prelievo con irrisorie diminuzioni di alcune
aliquote del tutto marginali, confidando non tanto nell’ignoranza quanto nella
stupidità dei propri concittadini.
Se tutto questo possa
favorire lo sviluppo nessuno lo crede, salvo gli autori di simili trovate e
quei rappresentanti del popolo che ciecamente votano tali provvedimenti, senza
mai toccare i propri indecenti benefici.
o o o o
L’ultima curiosa notizia
riguarda la magistratura. Di fronte ad una ipotesi governativa di procedere ad
una pur minima riduzione dei compensi dei magistrati, è intervenuta nientemeno
che la Corte Costituzionale che ha sentenziato come qualunque intervento
statale su tali compensi è da escludere, in quanto esso violerebbe la norma
costituzionale relativa all’indipendenza della magistratura.
Non risulta che simile
criterio sia mai stato invocato in occasione di decisioni di aumentare le
retribuzioni: evidentemente gli aumenti non hanno influenza sulla indipendenza della categoria, anzi
semmai la rafforzano… almeno nell’opinione della suprema Corte Costituzionale.
Il Bertoldo
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