19 ottobre 2012

Cappricciosi Ragionamenti


Furoreggiano da varie settimane su tutti i mezzi d’informazione le notizie relative all’infinita serie di profittatori scoperti ad utilizzare i fondi assegnati ai gruppi dei parlamentari regionali, fondi da loro utilizzati sia per rimpinguare i propri conti bancari personali, sia per finanziare spese pazze, viaggi, vacanze in costosi luoghi alla moda, automobili di lusso, pantagruelici pranzi con le vivande ed i vini più pregiati e simili piacevolezze.
Ciò che appare quantomeno bizzarro è il fatto che queste evidenti malversazioni vengano generalmente scoperte dalla magistratura, a seguito di intercettazioni telefoniche ed ambientali – spesso del tutto casuali – o per soffiate di colleghi degli intrallazzatori. Nulla viene mai segnalato dai responsabili dei partiti cui i ladri od i profittatori appartengono. Possibile che nessuno si sia mai accorto degli ammanchi, spesso di svariati milioni di euro? E questi stessi personaggi, incapaci di controllare un partito od una frazione di esso, pretenderebbero di governare il nostro paese?
A questo punto viene del tutto spontanea una considerazione. Un direttore di giornale è stato ritenuto personalmente responsabile di un articolo non scritto da lui, ritenuto diffamatorio nei propri confronti da un magistrato – bella la figura del codardo autore, che non si è rivelato a suo tempo – e condannato ad oltre un anno di carcere senza condizionale. Perché lo stesso principio di responsabilità oggettiva non viene applicato anche alla classe politica?
E d’altra parte, se i fondi erogati ai gruppi parlamentari sono di proprietà esclusiva degli stessi, perché la magistratura se ne interessa senza che vi sia alcuna denuncia da parte dei componenti del gruppo stesso? E se invece come sembra si tratta semplicemente di fondi di proprietà pubblica messi a disposizione dei gruppi per usi istituzionali, perché il loro uso non viene controllato dagli organi istituzionalmente preposti al controllo della spesa pubblica?
Si ha l’impressione che, per quanto riguarda i soldi strappati ai cittadini, non ci sia alcuna voglia né intenzione di gestirli correttamente nell’interesse del paese e dei cittadini contribuenti, ma esclusivamente nell’interesse della casta che li ha estorti a chi se li è sudati.

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Il Presidente del Consiglio non perde occasione per ricordarci che la fine del tunnel è ormai vicina, e che la maggiore preoccupazione del governo è quella di rilanciare lo sviluppo, generatore di benessere per tutti. Per quanto riguarda la fine del tunnel si ha l’impressione che anche qui siano all’opera le brigate “NO TAV” che impediscono il proseguimento dei lavori.
Quanto invece agli sforzi del governo per il rilancio dell’economia, siamo convinti che il professor Monti e tutti i suoi colleghi dovrebbero ritornare per qualche tempo – con la dovuta umiltà – nelle aule scolastiche, ma non sulla cattedra dei docenti, bensì sui banchi degli studenti. E’ nozione elementare comunemente accettata e condivisa che l’economia di un paese cresce nella misura in cui aumenta la produzione di beni o di servizi. E d’altra parte questa produzione trova il suo sbocco nei consumi, che a loro volta sono condizionati dalla disponibilità di mezzi finanziari da parte dei consumatori. Appare quindi evidente che non può esservi aumento dei consumi, e quindi della produzione, e quindi di sviluppo, se si sottrae al cittadino, nella sua funzione di consumatore, gran parte di ciò di cui può disporre in forza della propria attività.
Queste elementari nozioni di economia spicciola non sembrano entrare nel bagaglio culturale dei nostri governanti, che si ostinano ad aumentare il prelievo fiscale senza alcuna intenzione di ridurre in alcun modo il gigantesco costo dell’amministrazione pubblica, mascherando il maggior prelievo con irrisorie diminuzioni di alcune aliquote del tutto marginali, confidando non tanto nell’ignoranza quanto nella stupidità dei propri concittadini.
Se tutto questo possa favorire lo sviluppo nessuno lo crede, salvo gli autori di simili trovate e quei rappresentanti del popolo che ciecamente votano tali provvedimenti, senza mai toccare i propri indecenti benefici.

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L’ultima curiosa notizia riguarda la magistratura. Di fronte ad una ipotesi governativa di procedere ad una pur minima riduzione dei compensi dei magistrati, è intervenuta nientemeno che la Corte Costituzionale che ha sentenziato come qualunque intervento statale su tali compensi è da escludere, in quanto esso violerebbe la norma costituzionale relativa all’indipendenza della magistratura.
Non risulta che simile criterio sia mai stato invocato in occasione di decisioni di aumentare le retribuzioni: evidentemente gli aumenti non hanno influenza  sulla indipendenza della categoria, anzi semmai la rafforzano… almeno nell’opinione della suprema Corte Costituzionale.
 Il Bertoldo

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