Domenica e lunedì
scorsi si sono svolti i ballottaggi delle elezioni amministrative in molti
comuni d’Italia, fra i quali il più atteso era quello di Roma. Com’è noto nella
maggior parte dei comuni ha vinto, talvolta con largo margine, il candidato
delle sinistre, mentre il PDL ha fatto una ben magra figura ed il Movimento 5
Stelle è quasi scomparso. Non stiamo a commentare come e perché si siano
registrati questi risultati in netta controtendenza rispetto alle elezioni
politiche di pochi mesi fa: bastano le più o meno fantasiose e spesso molto
sottili interpretazioni dei più (o meno?) accreditati commentatori politici.
Tuttavia un dato
salta agli occhi: in questa ultima tornata elettorale ha votato meno del 50%
degli elettori aventi diritto: A Roma si è addirittura toccato il 45% degli
elettori. Il candidato vittorioso, il PD Ignazio Marino, ha ottenuto il 64% dei
suffragi ossia è stato eletto sindaco della capitale da meno del 30% degli
elettori romani. Nulla da obiettare su
questo risultato, assolutamente conforme alla legge. Anche in occasione delle
ultime elezioni politiche votò – per la Camera – il 75% degli elettori. La
coalizione di sinistra ebbe il 29,5% dei voti, ossia fu votata dal 22,5% degli
elettori, ed ottenne il 54% dei seggi. Anche in questo caso non c’è niente da
eccepire, trattandosi di procedure assolutamente conformi alle leggi, anche se,
in quest’ultimo caso, sembrano leggi un po’ strane.
La domanda che ci
poniamo, dopo aver preso atto dei risultati delle ultime elezioni amministrative,
è di genere del tutto diverso. Se è consentito che amministratori e governanti
possano essere eletti anche se gli elettori che hanno partecipato alla
votazione sono meno della metà degli aventi diritto – ritenendo in tal modo che
il popolo “sovrano” abbia anche così espresso la propria volontà, dato che chi
non ha votato è perché non ha opinione in proposito ed accetta qualunque
decisione – perché non si adotta lo stesso criterio per i referendum, abolendo
lo sbarramento del quorum del 50%?
Ed a proposito di
referendum, perché sono escluse dalla possibilità che il “popolo sovrano”
esprima la propria volontà due materie
che lo toccano e lo coinvolgono direttamente come la materia fiscale ed
i trattati internazionali? Si accetta il referendum su questioni altamente
tecniche che solo pochi conoscono e non quando si decide di spennare il
cittadino? Naturalmente fatto salvo il fatto che comunque le decisioni assunte
per referendum sono normalmente disattese se non sono gradite alle “caste”
politica, burocratica e giudiziaria.
Il Bertoldo
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