La
Corte dei Conti, attraverso dichiarazioni fatte in Parlamento, ha affermato una
cosa assai importante. Mentre il livello della pressione fiscale viene indicato
ufficialmente nel 44% del PIL, se si depura il PIL della quota di presunta
evasione che vi è inclusa, la pressione effettiva su chi le tasse le paga
regolarmente si attesta al 53%, una quota che la stessa Corte dei Conti
considera del tutto incompatibile con
qualsiasi forma di sviluppo (i cittadini se ne erano accorti già da parecchio
tempo, ma sempre meglio tardi che mai…).
Nel
corso della stessa audizione è stata poi recitata la solita geremiade nei
confronti dell’evasione fiscale, causa di tutti i mali del nostro infelice
paese. E’ anche stato citato il dato sull’evasione IVA, stimata in circa 40
miliardi annui: il livello di evasione di questa imposta è nelle regioni
meridionali circa il doppio di quello delle regioni settentrionali. Dato che
l’evasione totale è stimata ad un importo molto superiore, c’è da dedurne che si
evade molto di più sulle imposte sul reddito che non sull’IVA.
Non
c’è dubbio che evadere le imposte costituisce un comportamento deplorevole che
in sostanza potrebbe danneggiare i cittadini onesti e che quindi va condannato.
Ma c’è un MA piuttosto importante in tutte queste dichiarazioni contro
l’evasione fiscale, sempre presentata dal governo, dalla classe politica, dalla
burocrazia come la vera causa dei problemi che affliggono l’Italia. Si
forniscono cifre, che c’è da ritenere che siano determinate abbastanza a
vanvera, per suggerire al volgo che, se non ci fosse questa forma di
criminalità, ci sarebbero, ed in abbondanza, i mezzi per abolire l’IMU,
diminuire l’IVA, aumentare le pensioni, pagare i fornitori della pubblica
amministrazione: insomma potremmo vivere nel paese di Bengodi.
Tutto
questa insistenza sul fenomeno dell’evasione, che, in misura maggiore o minore
esiste in tutti i paesi del mondo, cela in realtà due tendenze fisse che
caratterizzano da sempre la nostra classe politica. Da un lato scaricare le
responsabilità proprie di chi ha causato il dissesto nazionale sugli evasori,
in tal modo evitando di criticare se stessa. Dall’altro cela la riluttanza,
dimostrata anche con il decreto FARE, a tagliare gli eccessivi costi
dell’apparato pubblico: si suggerisce l’idea che se non ci fossero gli evasori
non ci sarebbe necessità di tagliare nulla. I tagli danneggerebbero infatti
quelli stessi che sono chiamati a deciderli.
E
nell’attuale situazione nulla è più falso della ben nota litania “pagare tutti
per pagare meno”. Quando mai nella nostra storia si è visto che di fronte ad un
incremento del gettito si sono diminuite le imposte? Più soldi disponibili
hanno sempre significato una finanza ancor più allegra, maggiori parassitismi,
più corruzione e sprechi incontrollati e nient’altro.
Il Bertoldo
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