02 maggio 2012

Magliari


Con il termine “magliaro” veniva definito un venditore ambulante di tessuti ed altro, spesso di illecita provenienza e di infima qualità, di cui venivano magnificate le immaginarie qualità e convenienza. Per estensione il termine oggi viene usato per indicare un piccolo imbroglione od un truffatore. Crediamo che, per ulteriore giustificata estensione tale termine possa essere applicato alle infinite miserabili trovate della classe politica, sempre attiva nel coniare nuovi fantasiosi termini per coprire la propria attività estorsiva.
Diamo qualche esempio di espressioni ben note a tutti. I redditi conseguiti nel corso della propria attività sono colpiti nel nostro paese da ben tre diverse forme di tassazione.
In primo luogo l’IRPEF (Imposta sui Redditi delle PErsone Fisiche), tristemente nota a tutti, con aliquote progressive in ossequio al dettato costituzionale, che vengono spesso modificate, sempre verso l’aumento e mai al ribasso.
Abbiamo poi l’IRES (Imposta sui REdditi  delle Società) che dal 2004 ha sostituito l’IRPEG (Imposta sui Redditi delle PErsone Giuridiche) con aliquote proporzionali.
C’è poi un doppione peggiorativo di quest’ultima imposta, l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), proporzionale, che colpisce i redditi d’impresa, ma con criteri differenti rispetto alla precedente: sono colpiti anche i costi del personale (in un paese che deplora l’alto tasso di disoccupazione) ed i costi finanziari (compresi evidentemente i costi sostenuti per la reiterata insolvenza del settore pubblico nei confronti dei propri fornitori). Quest’ultima imposta è caratterizzata da varie stranezze. Innanzi tutto colpisce le “attività produttive”: ci si domanda come si potrebbero colpire le attività improduttive, e come l’improduttività potrebbe essere definita “attività”. Ricordiamo che fra le “attività” improduttive va compresa anche la maggior parte della pubblica amministrazione.
Ma le stranezze del sistema di tassazione dei redditi non finiscono qui. Si è inventato un ulteriore marchingegno truffaldino: gli “studi di settore”, il cui scopo sarebbe quello di determinare quale reddito deve produrre una determinata attività: essi vengono applicati indiscriminatamente, incuranti del fatto che c’è chi, con la medesima attività, guadagna molto, poco, niente o addirittura fallisce. Come curiosità notiamo che non esistono studi di settore, sia pure al solo scopo informativo, relativi alla produttività della pubblica amministrazione: dimenticanza o difesa del proprio orticello?
Tuttavia le incongruità del sistema fiscale non finiscono qui. In aggiunta alle imposte sul reddito esiste anche un’imposta sostanzialmente sul patrimonio (per ora solo immobiliare): l’IMU (Imposta Municipale Unica) che ha sostituito la precedente ICI (Imposta Comunale sugli Immobili), naturalmente con un sostanzioso aumento delle aliquote e con l’abolizione di certe esenzioni. Il fatto curioso di questa imposta è che, malgrado il nome di Municipale, buona parte del suo gettito va allo Stato centrale.
Ma c’è da fare un’ulteriore osservazione sulle imposte sul patrimonio. Innanzi tutto, come già fece osservare Luigi Einaudi, le imposte patrimoniali, salvo quelle in realtà espropriatrici, vengono pagate con il reddito. Quindi si tratta di una imposizione supplementare sui redditi a carico di quei soggetti che, grazie ai propri risparmi – e salvo prova contraria si deve presumere che si tratti di quote di reddito già tassate e risparmiate in precedenza  - hanno investito in immobili. Per ora almeno non vengono colpiti coloro che hanno effettuato investimenti diversi dall’immobiliare: gioielli, opere d’arte, oro, titoli di vario genere. Quindi esistono due categorie di cittadini: coloro che hanno voluto assicurarsi un tetto saranno tassati più pesantemente di coloro che hanno fatto la bella vita o che hanno deciso di investire diversamente i propri risparmi.
Se tutto questo configura uno Stato serio, onesto ed interessato alla crescita ed al benessere del paese lo lasciamo giudicare ai lettori.
 Il Bertoldo

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