Il Mango di Treviso
27 giugno 2013
24 giugno 2013
Punzecchiature
Il
neo ministro dello sport, Josefa Idem, sta subendo un attacco da parte della
stampa e di alcuni esponenti del PDL perché sembra che sia responsabile di
alcuni sotterfugi in campo edilizio e fiscale al fine di risparmiare su alcune
imposte. Da quanto risulta dalle informazioni finora pubblicate si tratterebbe
di modesti importi, ben diversi da certi fatti accertati sempre in campo
immobiliare e mai castigati a carico di esponenti ben più importanti del
governo attuale e di quelli passati.
Di
fronte alla campagna di stampa e di molti suoi colleghi parlamentari il
ministro da un lato si è rifiutata di rispondere ad alcune imbarazzanti domande
di giornalisti nel corso di una conferenza stampa, ma ha aggiunto con fermezza
che non intende in alcun modo dimettersi dal suo incarico, dato che lei è
un’atleta e non un ragioniere fiscalista e quindi non era al corrente delle
possibili marachelle compiute in suo nome.
Quello
che ci preme notare è che la ben nota atleta è nata in Germania ed ha assunto la
cittadinanza italiana in seguito al suo matrimonio con un nostro concittadino,
e dobbiamo esserle grati per tutte le medaglie guadagnate con i nostri colori.
Considerando
l’incidente nel quale è incorsa ed il successivo comportamento dobbiamo
comunque riconoscere che si è integrata benissimo con le nostre inveterate
usanze, anche senza farsi assistere dall’apposito ministero e senza invocare alcuno “jus soli”.
o o
o o
La
Corte Costituzionale si è solennemente pronunciata: un magistrato può decidere
se è opportuno o meno che si tenga un Consiglio dei Ministri ed ha così’
sentenziato che presenziare ad un’udienza giudiziaria è più importante che
presiedere una riunione del supremo organo esecutivo del paese.
Lasciando
da parte ogni considerazione sul merito delle vicende giudiziarie di Silvio
Berlusconi, da non costituzionalisti vorremmo fare alcune considerazioni a lume
di banale logica.
Secondo
la nostra Costituzione la sovranità appartiene al popolo che, nelle forme
previste dalla legge, ne delega l’esercizio al Parlamento – eletto direttamente
– (potere legislativo) ed al Governo, incaricato dal Parlamento di esercitare
il potere esecutivo. Nessun altro ente è delegato dal popolo, detentore
esclusivo della sovranità, ad esercitare in proprio nome qualunque forma di
potere caratteristico della sovranità stessa.
La
Costituzione stabilisce che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e
indipendente da ogni altro potere”, cui si accede unicamente per concorso: non
è quindi espressione della sovranità popolare.
D’altra
parte, la Corte Costituzionale è chiamata, oltre che a giudicare la legittimità
costituzionale delle leggi, ad esprimersi sui conflitti di attribuzione tra i
poteri dello Stato. Ciò che appare strano e ad un profano del tutto incomprensibile
consiste nel fatto che l’ultima decisione citata sottopone un potere
espressione della sovranità popolare (il potere esecutivo) alla volontà di un
ordine, indipendente sì dagli altri poteri, ma legittimato ad esercitare il
proprio potere non in virtù di delega da parte del popolo sovrano, ma
unicamente da un concorso.
Se
queste osservazioni hanno qualche logica, dobbiamo forse chiederci se non sia
necessaria una qualche difesa da certe pronunce della Corte Costituzionale che
non appaiono troppo in linea con la lettera e lo spirito della Costituzione,
che essa è chiamata ad applicare, ma soprattutto a rispettare. Sarà forse
necessaria una lotta per difendere la Costituzione dalla Corte Costituzionale?
Il Bertoldo
20 giugno 2013
La solita fissazione
La
Corte dei Conti, attraverso dichiarazioni fatte in Parlamento, ha affermato una
cosa assai importante. Mentre il livello della pressione fiscale viene indicato
ufficialmente nel 44% del PIL, se si depura il PIL della quota di presunta
evasione che vi è inclusa, la pressione effettiva su chi le tasse le paga
regolarmente si attesta al 53%, una quota che la stessa Corte dei Conti
considera del tutto incompatibile con
qualsiasi forma di sviluppo (i cittadini se ne erano accorti già da parecchio
tempo, ma sempre meglio tardi che mai…).
Nel
corso della stessa audizione è stata poi recitata la solita geremiade nei
confronti dell’evasione fiscale, causa di tutti i mali del nostro infelice
paese. E’ anche stato citato il dato sull’evasione IVA, stimata in circa 40
miliardi annui: il livello di evasione di questa imposta è nelle regioni
meridionali circa il doppio di quello delle regioni settentrionali. Dato che
l’evasione totale è stimata ad un importo molto superiore, c’è da dedurne che si
evade molto di più sulle imposte sul reddito che non sull’IVA.
Non
c’è dubbio che evadere le imposte costituisce un comportamento deplorevole che
in sostanza potrebbe danneggiare i cittadini onesti e che quindi va condannato.
Ma c’è un MA piuttosto importante in tutte queste dichiarazioni contro
l’evasione fiscale, sempre presentata dal governo, dalla classe politica, dalla
burocrazia come la vera causa dei problemi che affliggono l’Italia. Si
forniscono cifre, che c’è da ritenere che siano determinate abbastanza a
vanvera, per suggerire al volgo che, se non ci fosse questa forma di
criminalità, ci sarebbero, ed in abbondanza, i mezzi per abolire l’IMU,
diminuire l’IVA, aumentare le pensioni, pagare i fornitori della pubblica
amministrazione: insomma potremmo vivere nel paese di Bengodi.
Tutto
questa insistenza sul fenomeno dell’evasione, che, in misura maggiore o minore
esiste in tutti i paesi del mondo, cela in realtà due tendenze fisse che
caratterizzano da sempre la nostra classe politica. Da un lato scaricare le
responsabilità proprie di chi ha causato il dissesto nazionale sugli evasori,
in tal modo evitando di criticare se stessa. Dall’altro cela la riluttanza,
dimostrata anche con il decreto FARE, a tagliare gli eccessivi costi
dell’apparato pubblico: si suggerisce l’idea che se non ci fossero gli evasori
non ci sarebbe necessità di tagliare nulla. I tagli danneggerebbero infatti
quelli stessi che sono chiamati a deciderli.
E
nell’attuale situazione nulla è più falso della ben nota litania “pagare tutti
per pagare meno”. Quando mai nella nostra storia si è visto che di fronte ad un
incremento del gettito si sono diminuite le imposte? Più soldi disponibili
hanno sempre significato una finanza ancor più allegra, maggiori parassitismi,
più corruzione e sprechi incontrollati e nient’altro.
Il Bertoldo
19 giugno 2013
Bruciano le foreste di Sumatra. Record storico di inquinamento a Singapore. PSI a 290.
Il governo consiglia la popolazione di stare a casa. Livelli di inquinamento record nella storia del paese.
Cresce la tensione con l'Indonesia.
La foto e' stata presa oggi dal mio ufficio verso le 18 sulla Orchard. Il cielo era praticamente rosa.
L'aria e' irrespirabile con il caldo e l'umidita'.
Pazzesco!
Dettagli QUI
Fare
Quotidianamente, in
dibattiti televisivi (talkshow per i poliglotti), conferenze stampa,
interviste, dichiarazioni varie una pletora di ministri, sottosegretari,
politici più o meno di professione, politologi, opinionisti, tuttologi
assortiti ci elencano i problemi di cui soffre il nostro paese: crisi del
credito, crisi del mercato immobiliare,
disoccupazione, specialmente giovanile, fallimenti, diminuzione del PIL
e simili amenità.
Quello di cui forse non si
rendono conto è il fatto che noi, i cittadini, questi problemi li conosciamo
molto bene, e ne soffriamo, ed è perfettamente inutile che tutti questi
personaggi ce li facciano conoscere, come se fossero loro, con il loro
incontestabile ed invidiabile sapere, ad avere scoperto questi fatti. Ciò che a
noi interessa non è certo l’elencazione delle nostre disgrazie, ma una chiara
indicazione di come pensano di porvi rimedio.
In altre parole, nessuno va
dal medico per sentirsi dire “lei non sta bene, ha la febbre, soffre di
dolori…” e basta, ma per vedersi assegnata o per lo meno suggerita una terapia.
Di chiacchiere abbiamo già fatto da tempo il pieno.
L’attuale governo del
premier Enrico Letta, in un sussulto di consapevolezza delle proprie
responsabilità, sta predisponendo un provvedimento dal titolo promettente:
“Fare”. Esso contiene un po’ di tutto, ma l’impressione è che si tratti dei
soliti pannicelli caldi: tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione,
meno severità e prepotenza da parte di Equitalia, e simili. Si stanziano poi un
paio di miliardi per nuovi lavori infrastrutturali: saranno pagati anche questi
“a babbo morto?”.
Per quanto ci si sforzi,
non si riesce a capire in qual modo questi provvedimenti possano aiutare
l’economia a ripartire. Si tratta di cose estremamente necessarie, ma in fin
dei conti possono riassumersi in una frase: saremo meno severi, ma vi terremo
d’occhio… Non c’è un solo accenno ad un qualsivoglia, sia pur modesto, taglio
di spese, unico strumento per trovare i fondi necessari per ripartire.
Per tutte queste semplici
considerazioni non vogliamo essere giudicati menagramo, ma temiamo che questo
“fare” assomigli troppo e più semplicemente a “dire”… e si sa che tra l’uno e
l’altro c’è di mezzo il mare. Non dimentichiamo che il precedente governo di
saccenti “tecnici” varò un provvedimento definito “salva Italia” e tutti
abbiamo visto com’è andata a finire.
Il Bertoldo
17 giugno 2013
Europeismo
Non
si può certo affermare che gli spiriti più illuminati (si fa per dire) del
nostro paese non siano ossessionati dal timore di non mostrarsi abbastanza
europei. Quando, di fronte alla grave crisi che affliggeva l’Italia, il
Presidente Giorgio Napolitano scelse di affidare la guida del paese ad un
“tecnico” scelse il Professor Mario Monti, ritenuto allora il più indicato per
farci uscire dal pantano in cui ci eravamo trovati. Come sia andata a finire è
sotto gli occhi – e nelle tasche vuote – di tutti. Quello che però non si può
rimproverare al Professore è una scarsa fede europeista. Per compiacere
l’Europa, nella persona della Cancelliera Merkel, ha devastato l’economia
italiana, pur continuando a vedere – forse per un suo problema oftalmico – “la
luce in fondo al tunnel”.
Ma
non sembra essere il solo a voler a tutti i costi (soprattutto se i costi sono
sostenuti dagli altri) allineare l’Italia agli altri paesi europei. Sono
quotidiani i confronti fra certe statistiche italiane e le corrispondenti
statistiche di altri paesi. Per citare un esempio fra tutti vogliamo ricordare
che, in un rapporto di molte pagine con innumerevoli tabelle statistiche, due
eminenti funzionari della Banca d’Italia, i dottori Sandro Momigliano ed
Alessandro Buoncompagni hanno messo in evidenza il fatto che le imposte sulle
successioni e sulle donazioni sono in Italia molto più basse che negli altri
paesi della UE, suggerendo implicitamente che sarebbe opportuno adeguarci. In
definitiva avrebbero identificato un altro cespite su cui lo stato potrebbe
esercitare ulteriormente il proprio potere di estorsione.
Potrebbe
sembrare lodevole questo invito ad allinearci ai nostri partners europei, ma a
nostro avviso sarebbe bene che lo si facesse su tutta la linea. Per esempio riallineando
tutto il sistemo impositivo, il livello e la qualità dei servizi, le procedure
burocratiche, la rapidità e la neutralità della giustizia e simili differenze
fra noi e l’Europa, cause non ultime del nostro ristagno e della nostra
recessione. Altrimenti risulta sempre più evidente che l’Europa va bene quando
si tratta di spremere ed opprimere i cittadini nell’interesse esclusivo delle
classi politica, burocratica e giudiziaria. Non interessa a nessuno quando
invece si tratta di uscire da una situazione generale che più che europea si
può definire da terzo mondo.
Il Bertoldo
13 giugno 2013
Domande
Domenica e lunedì
scorsi si sono svolti i ballottaggi delle elezioni amministrative in molti
comuni d’Italia, fra i quali il più atteso era quello di Roma. Com’è noto nella
maggior parte dei comuni ha vinto, talvolta con largo margine, il candidato
delle sinistre, mentre il PDL ha fatto una ben magra figura ed il Movimento 5
Stelle è quasi scomparso. Non stiamo a commentare come e perché si siano
registrati questi risultati in netta controtendenza rispetto alle elezioni
politiche di pochi mesi fa: bastano le più o meno fantasiose e spesso molto
sottili interpretazioni dei più (o meno?) accreditati commentatori politici.
Tuttavia un dato
salta agli occhi: in questa ultima tornata elettorale ha votato meno del 50%
degli elettori aventi diritto: A Roma si è addirittura toccato il 45% degli
elettori. Il candidato vittorioso, il PD Ignazio Marino, ha ottenuto il 64% dei
suffragi ossia è stato eletto sindaco della capitale da meno del 30% degli
elettori romani. Nulla da obiettare su
questo risultato, assolutamente conforme alla legge. Anche in occasione delle
ultime elezioni politiche votò – per la Camera – il 75% degli elettori. La
coalizione di sinistra ebbe il 29,5% dei voti, ossia fu votata dal 22,5% degli
elettori, ed ottenne il 54% dei seggi. Anche in questo caso non c’è niente da
eccepire, trattandosi di procedure assolutamente conformi alle leggi, anche se,
in quest’ultimo caso, sembrano leggi un po’ strane.
La domanda che ci
poniamo, dopo aver preso atto dei risultati delle ultime elezioni amministrative,
è di genere del tutto diverso. Se è consentito che amministratori e governanti
possano essere eletti anche se gli elettori che hanno partecipato alla
votazione sono meno della metà degli aventi diritto – ritenendo in tal modo che
il popolo “sovrano” abbia anche così espresso la propria volontà, dato che chi
non ha votato è perché non ha opinione in proposito ed accetta qualunque
decisione – perché non si adotta lo stesso criterio per i referendum, abolendo
lo sbarramento del quorum del 50%?
Ed a proposito di
referendum, perché sono escluse dalla possibilità che il “popolo sovrano”
esprima la propria volontà due materie
che lo toccano e lo coinvolgono direttamente come la materia fiscale ed
i trattati internazionali? Si accetta il referendum su questioni altamente
tecniche che solo pochi conoscono e non quando si decide di spennare il
cittadino? Naturalmente fatto salvo il fatto che comunque le decisioni assunte
per referendum sono normalmente disattese se non sono gradite alle “caste”
politica, burocratica e giudiziaria.
Il Bertoldo
12 giugno 2013
PirlaPia
Caro Pisapia, spiegaci il divieto del gelato di notte.
Le ridicole ordinanze di un sindaco dal cervello congelato
Sintesi
Pasolini scruta perplesso un giovanissimo Veltroni che guarda altrove.. sintesi degi ultimi quarant’anni di sinistra italiana
(via FalceMartello)
11 giugno 2013
Speranze Vane
Uno dei chiodi fissi delle
sinistre e movimenti assimilati è da moltissimo tempo come escludere dalla vita
politica italiana Silvio Berlusconi. Visto che non sono praticamente mai
riusciti in modo convincente a batterlo attraverso le normali elezioni, ed anzi
il “nemico” si è dimostrato capace di incredibili recuperi anche quando
sembrava ormai spacciato, da tempo si cerca di eliminarlo per via giudiziaria.
Il procedimento sembra perfettamente il linea con l’appellativo “democratico”
che figura nella sigla del partito, evidente riferimento al concetto di
democrazia utilizzato in molti paesi “diversamente democratici”: “Repubblica
Democratica Tedesca”, “Repubblica Democratica del Congo” e simili.
Tuttavia, malgrado
l’imponente numero di procedimenti penali cui il nostro è stato sottoposto,
finora sono state emesse a suo carico solo un paio di condanne, in primo grado,
riferite od al motivo tanto caro alle sinistre “non poteva non sapere” (di
solito valido solo per gli avversari) oppure a questioni di moralità privata
senza alcuna rilevanza penale effettiva.
Pensa e ripensa si è quindi
escogitato un altro marchingegno per eliminare dalla vita politica l’odiato
avversario: stabilirne l’ineleggibilità in base ad una legge di oltre
cinquant’anni fa. L’idea è parsa subito molto attraente e numerosi sono coloro
che pensano di avere così trovato la quadratura del cerchio. Ma a nostro avviso
si tratta solo di una speranza. Ammesso che il Parlamento decreti che Silvio
Berlusconi è ineleggibile non per ciò dovrà astenersi dallo svolgere attività
politica. Abbiamo già un esempio estremamente significativo: Beppe Grillo, che
non aspira affatto ad essere eletto, è riuscito in non molto tempo ad ottenere
un evidente successo alle elezioni politiche, classificandosi come il primo
partito italiano.
In definitiva si può
tranquillamente affermare che il proporre l’ineleggibilità di Berlusconi, che
non è certo che possa venire approvata, non potrà eliminarlo dalla vita
politica: quello che conta, per vincere in politica, è il carisma e non c’è
dubbio che il carisma del leader del PDL sia alquanto superiore a quello di
Bersani, Rosy Bindi, D’Alema e compagni messi assieme.
Il Bertoldo
10 giugno 2013
Confusione voluta
Da prima delle ultime
elezioni l’argomento principe di molti dibattiti, comizi, programmi di partiti
ha riguardato l’IMU. E’ indispensabile toglierla proclamano alcuni, almeno
sulla prima casa, al fine di lasciare maggiori mezzi finanziari alle famiglie e
così incrementare i consumi, senza i quali non ci può essere ripresa.
No, bisogna lasciarla, eventualmente
modulandola diversamente, proclamano altri, per consentire di alleggerire le
imposte sul lavoro e così, solo così, potremo avere sul serio una ripresa
dell’economia.
Si sono svolte le elezioni,
si sono persi due mesi per mettere insieme un governo che riunisce gli uni e
gli altri, il governo è in carica ormai da più di un mese, ma nulla è stato
finora fatto in questo campo. Per il momento si è solo sospeso il pagamento
della prima casa – sospeso, si badi bene, non annullato – e nient’altro.
Frattanto continuano le polemiche sull’argomento: non ci sono i soldi, ma sì,
si possono trovare e tutti a dire la loro, sempre senza alcun costrutto.
Senza entrare in polemica,
ma solo per cercare di chiarirci le idee, cerchiamo di capire cosa c’è negli
argomenti degli uni e degli altri. Innanzitutto pensiamo che la denominazione
di questa legge sia già da sola inventata per trarre in inganno la gente: una
Imposta Comunale Unica non sembra una definizione corretta per ben due motivi.
In primis, una cospicua quota del gettito non va ai comuni ma allo stato
centrale. E poi oltre all’IMU i comuni riscuotono la TARES: perché quindi
“comunale” e “unica”? Spunta nuovamente qui l’inveterata abitudine dei politici
e dei burocrati di battezzare le nuove tasse con nomi che evochino solidarietà:
vedere le accise sui carburanti che si intitolano ai vari terremoti,
inondazioni, sciagure che hanno funestato l’Italia e che continuano anche dopo
che l’emergenza è passata. Parafrasando il divino poeta, si tratta della solita
“estorsione fiscal che mai non resta”.
In secondo luogo c’è una
diatriba se si tratti di una imposta patrimoniale. A noi sembra che sia sì una imposta
patrimoniale, ma con ben due maggiori difetti. Essa si applica solo sul
patrimonio investito in immobili, lasciando da parte tutti quei mezzi investiti
in titoli (compresi quelli di stato) o in altro modo. E poi colpisce il valore
lordo dell’immobile, senza tener conto dei gravami che incidono su di esso:
mutui e finanziamenti vari, per cui il patrimonio effettivamente impegnato dal
cittadino è quasi sempre inferiore al valore del bene immobile.
Ma ci sono anche altre
caratteristiche. Per esempio da parte di alcuni si propone di esentare una
quota fissa di imposta: chi dice trecento, chi propende per cinque o sei cento
euro. Tutto bene, se non fosse che i comuni hanno una certa libertà nella
fissazione delle aliquote, per cui un’esenzione poniamo di 500 euro ha un peso
ben diverso se l’aliquota è, pur nei limiti, più o meno alta.
C’è poi che, con intuito
assolutamente innovativo, propone di legare la tassazione non solo al valore
dell’immobile, ma anche al reddito dichiarato dal proprietario. In questo modo
si otterrebbe non solo un’inedita contaminazione fra imposta patrimoniale ed
imposta sui redditi, ma si favorirebbero, anche su questo fronte, gli evasori,
che si dichiara continuamente di voler strenuamente combattere. Infatti chi
dichiara un basso reddito, magari barando, verrebbe beneficato.
Per concludere: se c’è
bisogno di quattrini, lo si dica apertamente e non si cerchino sotterfugi
penosi, mettendo anche di mezzo i comuni o le disgrazie nazionali (alle
disgrazie e sciagure provocate dall’insipienza, voracità e parassitismo
politici non risulta che si intitolino nuovi prelievi fiscali). I comuni
dovrebbero disporre di proprie risorse esclusive di cui rendere conto ai propri
cittadini, e senza più trasferimenti dallo stato. Un po’ di chiarezza e
trasparenza non guasterebbe proprio.
Il Bertoldo
09 giugno 2013
Volo Singapore-Londra: La colazione e' servita...sul soffitto!
Un aereo airbus A380 della Singapore Airlines in rotta verso Londra ha incontrato una fortissima turbolenza sorvolando l'oceano indiano.
Le foto.
Non oso immaginare gli odori in cabina....
Singapore regola internet. Obbligo di licenza ai siti. Protestano i bloggers
Le nuove regole stabiliscono che siano sottoposti all’obbligo di licenza tutti i siti che hanno mensilmente almeno 50.000 visitatori singaporeani e che pubblichino settimanalmente almeno una notizia di carattere locale per un periodo di due mesi. Davanti alla reazione del movimento, le autorità hanno chiesto di valutare con attenzione se, nella pratica, le nuove regole siano davvero uno strumento che limita la libertà di espressione
La notizia
04 giugno 2013
Fantasia
Tutto si può dire dei
nostri uomini (e donne) politici, salvo che difettino di fantasia. E spesso le
loro originali anche se non sempre felici intuizioni possono dare origine ad
idee nuove del tutto inedite. Gli esempi che si possono fare sono innumerevoli,
ma ne citeremo un paio molto recenti e che forse sono sfuggiti all’attenzione,
generale.
Per citare un paio di
esempi recentissimi, il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato,
riteniamo al fine di incrementare i consumi e di conseguenza la produzione e
quindi l’occupazione, problema numero uno dell’attuale situazione di crisi,
intenderebbe proporre la chiusura degli esercizi commerciali il sabato. La
ricetta ci sembra molto originale: chi ha un lavoro e quindi dispone di un
reddito, sia pur modesto, non potrà utilizzare il giorno libero del sabato per
effettuare i propri acquisti. Chi invece è senza lavoro e quindi dispone di
molto tempo libero, potrà utilizzare liberamente i giorni di apertura dei
negozi per non spendere i soldi che non ha.
Altro esempio. Il ministro
dell’Integrazione, on. Cécile Kyenge, ha recentemente dichiarato, a proposito delle leggi sull’immigrazione
clandestina, che è lecito non osservare le leggi ingiuste. Chi poi possa stabilire
se una legge è giusta o ingiusta non l’ha precisato. A questo proposito vale la
pena di svolgere alcune considerazioni.
Al momento di assumere la
carica di ministro, l’on. Kyenge ha giurato di rispettare la Costituzione,
naturalmente quella dello stato italiano. Ora la Costituzione più bella del mondo,
al suo articolo 3 stabilisce che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla
legge. Quindi, se è lecito non osservare le leggi ingiuste, e la decisione se
una legge è giusta o ingiusta spetta al singolo cittadino, è possibile
stabilire che le leggi fiscali, tanto per fare un esempio, sono ingiuste e
pertanto si possono violare senza conseguenze?
Oppure le leggi legano solo
i cittadini, e quindi i clandestini che non sono (ancora) cittadini italiani
possono ignorarle liberamente? O infine l’unica persona abilitata a stabilire
se una legge è giusta o ingiusta è forse il ministro dell’integrazione? Come si può constatare l’on. Kyenge si
è perfettamente integrata alle più deplorevoli usanze della nostra politica:
parlare a ruota libera senza preoccuparsi di ciò che si dice.
E’ chiaro che la creatività
dei nostri rappresentanti è stupefacente e non conosce limiti. In particolare
va notato che, quando assumono l’incarico di ministro, essi ritengono normale
formulare un proprio programma di governo, normalmente molto fantasioso,
incuranti del programma annunciato dal Premier ed espressamente approvato con
il voto di fiducia.
Il Bertoldo
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