Un articolo di Augusto FEI
Il viceministro Visco (in realtà è lui che comanda, come il subcomandante Marcos) non sembra avere una visione d’insieme della realtà economica italiana: l’unica cosa che sembra interessargli è quella di accrescere il più possibile il prelievo fiscale e di punire duramente i cittadini, soprattutto coloro che, secondo lui, non apprezzano l’impostazione neo stalinista dello stato.
Per chiarire questo sintetico concetto vale la pena di esaminare alcuni dati.
Il PIL italiano per abitante è il più basso fra tutti i principali paesi europei, segno evidente che ci sono numerose sacche di inefficienza, ahimè difese ed addirittura favorite dallo stato stesso. Va ricordato che nel calcolo del PIL, per dichiarazione degli stessi rilevatori, viene inclusa una quota del 15/20% di prodotto “sommerso”.
Il prelievo fiscale dichiarato (che ci auguriamo includa anche il prelievo effettuato dalle amministrazioni locali) è dell’ordine del 43% circa, superiore di 5/6 punti al prelievo medio dell’Unione Europea.
Il debito pubblico ammonta a circa il 110% del PIL, poco meno del doppio del debito medio globale dei paesi UE.
Il deficit infrastrutturale del paese è enorme: niente alta velocità, realizzata già da tempo nei principali paesi europei, autostrade insufficienti ed obsolete (le ultime costruite risalgono ad almeno trenta anni fa), ferrovie al collasso, eccetera.
Il numero di dipendenti pubblici è incredibilmente elevato (per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici si è parlato di circa 3.500.000 persone, più i cosiddetti precari), ed a ciò corrisponde un servizio sicuramente inadeguato e spesso indegno di un paese civile. Si pensi alle lungaggini ed alle tortuose inefficienze dell’amministrazione, della scuola, della giustizia e della sanità, all’inutile e costosissimo mantenimento di ben oltre 100 province, ecc.
Tutto ciò sta ad indicare che le entrate dello stato vengono utilizzate nella quasi totalità per consumi, trascurando completamente gli investimenti, generatori di futura ricchezza. E non si dica che molta spesa viene assorbita dal sistema di sicurezza sociale: è serio avere una età pensionabile media di circa cinquantacinque anni e poi – salvo alcuni casi di sfacciato favoritismo – erogare pensioni ridicole ?
Fatte queste premesse, è inevitabile che il nostro paese non sia assolutamente in condizione di competere con i nostri principali concorrenti (Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, senza parlare dei paesi cosiddetti emergenti), già nelle condizioni attuali. Ma sia il Ministro, che non sembra avere una voce particolarmente influente in merito, sia il viceministro, ignorando i dati di fatto, vuoi volutamente vuoi per ignoranza o per ostinazione ideologica, si sono posti il programma di aggravare la situazione del paese. Il ministro ha ufficialmente dichiarato che non vuole sentire parlare di tagli alle spese. Il viceministro (vero dominus della situazione) dichiara di avere come obbiettivo l’aumento delle entrate tributarie per assicurare una migliore giustizia sociale e l’aumento dell’efficienza generale. Temi principali sarebbero il recupero dell’evasione, dell’elusione e l’innalzamento di alcune aliquote.
A questo punto vale la pena di svolgere alcuni ragionamenti. Se il prelievo fiscale ammonta al 43% del PIL, ed il PIL stesso tiene conto di circa un 15/20% di sommerso, è ovvio che il prelievo sulla parte “dichiarata” del PIL ammonta a circa il 51/52%. Ossia lo stato preleva oltre la metà del reddito “ufficiale” del paese, e solo grazie all’esistenza di una forte percentuale di reddito sommerso il paese riesce, sia pur con le difficoltà a tutti note, a stare a galla. Ove si riuscisse (si tratta di una pura ipotesi) a recuperare alla tassazione tutto il sommerso, sarebbe quindi indispensabile ridurre fortemente il prelievo, anche solo per mantenerlo all’attuale livello, già oltre il 40%, esso stesso superiore al prelievo medio europeo. In realtà esso dovrebbe essere ulteriormente ridotto per allinearsi a quello dei nostri partners.
Ma c’è di più. Per dare una sferzata di efficienza al paese, occorrerebbe aumentare la quota di entrate tributarie destinate agli investimenti, limitando quindi la spesa corrente: burocrazia, spesa sociale, ecc. Cosa che può essere ottenuta solo attraverso un completo ripensamento e riorganizzazione di tutto l’apparato statale, dalla pletorica produzione legislativa, alla giustizia, alla scuola, alla sanità, alla previdenza, eliminando contemporaneamente tutte le numerose sacche di parassitismo e soprattutto riportando sotto l’autorità dello stato tutte quei territori, spesso estesi su intere regioni, ove regna sovrana la malavita. Va inoltre ricordato che l’esagerato livello dell’indebitamento pubblico fa gravare sul bilancio statale una colossale spesa per interessi, destinata ahimè ad aumentare qualora, come appare probabile, la Banca Centrale Europea intenda alzare ulteriormente il tasso ufficiale.
Tralasciamo poi, per amor di patria, di parlare della istituzione del “grande fratello fiscale” capolavoro del viceministro, che oltre a ridurre in modo inaccettabile per un paese democratico la libertà di azione dei cittadini (cosa ne è stato della legge sulla privacy?), porterà inevitabilmente ad un incontrollato incremento degli organici destinati a tenere sotto controllo asfissiante tutto il paese, e ad accrescere in maniera indecente le entrate delle banche e delle società di gestione delle carte di credito per l’assurdo divieto di pagare in contanti le prestazioni professionali oltre i 100 euro.
Il progetto dei responsabili delle finanze statali sembra invece essere esattamente il contrario di quanto la logica od il semplice buonsenso suggerisce: portare gradualmente sotto il soffocante controllo statale ogni attività del paese. In altre parole, sembra che il concetto degli attuali gestori della cosa pubblica sia questo: tutto quello che esiste o si produce nel paese è proprietà dello stato, che benignamente concede ai “sudditi” di conservarne una parte per il proprio sostentamento. Naturalmente le parti lasciate ai sudditi saranno diverse secondo che si tratti di “amici” o “nemici”. Siamo quindi tornati all’”ancien regime” di prima della rivoluzione francese, quello dei sovrani assoluti, o se si preferisce alla concezione stalinista dello stato, che tanto successo ha avuto per buona parte dello scorso secolo.
Nessun commento:
Posta un commento