23 febbraio 2009

Povero Walter!

Povero Walter! Lui si è sempre considerato un creativo, ed è forse per questo che, lasciando da parte tutto il resto, sembra si sia dedicato a studi cinematografici. Purtroppo non sempre la creatività conduce a realizzare ciò che si vorrebbe, ed è proprio quello che è capitato al nostro.
Fin da giovane si è iscritto al PCI, che poi ha seguito in tutte le sue evoluzioni nominalistiche: PCI, PDS, DS, PD. Tuttavia ha recentemente dichiarato di non essere mai stato comunista, in sostanza di non averci mai creduto. Che cosa ci facesse in quel partito, se le sue dichiarazioni recenti sono sincere, nessuno l’ha mai capito e forse neppure lui.
Comunque la grande specialità di Walter è sempre stata quella di fare le scelte sbagliate. Quando, per puro caso, gli è capitato di fare una scelta giusta si è subito corretto, in modo da non tradire la sua vera natura, quella di non imbroccarne mai una che fosse una. Insomma, lo si potrebbe definire una specie di Re Mida al contrario.
Da militante (?) del PCI gli venne affidata la direzione dell’Unità, il giornale del partito. Nel suo ingenuo entusiasmo pensò di imitare gli altri organi di stampa indipendenti, nella convinzione di riuscire a vendere di più. Data la sua passione per il cinema si mise ad allegare al giornale – evidentemente con un supplemento di prezzo – delle video cassette di film più o meno noti, possibilmente impegnati. Fu un disastro, le vendite crollarono, dato lo scarso interesse che i metalmeccanici e gli operai in genere intruppati nella CGIL nutrivano per la settima arte: evidentemente preferivano i festival di Sanremo e simili programmi di intrattenimento piccolo borghese.
Fu esonerato dal servizio e più tardi il partito dovette cedere la testata a simpatizzanti danarosi. Comunque, per non perdere un personaggio così simpatico e buono, fu candidato a sindaco di Roma, e vinse le elezioni. Anche qui la sua indole di sognatore intellettuale lo portò a disinteressarsi delle vere necessità dei romani, e preferì dar loro i “circenses”: festival del Cinema (non bastava quello di Venezia), notti bianche, e simili fondamentali forme di intrattenimento, destinate a migliorare la cultura dei suoi concittadini. Troppo poco dignitoso sarebbe stato occuparsi della manutenzione delle strade e dei servizi pubblici, della sicurezza, della pulizia, come invece chiedevano quei buzzurri dei suoi amministrati. Il risultato fu evidentemente la vittoria del centro destra alle successive elezioni amministrative.
Ancora da sindaco ebbe stranamente una intuizione giusta: costruire un grande partito della sinistra che sostituisse l’accozzaglia di formazioni politiche che avevano sostenuto l’elezione di Prodi e che poi di fatto lo avevano paralizzato. Un partito che avrebbe dovuto escludere tutti i radicalismi estremisti per fornire un programma di sviluppo e di riforme accettabile dagli elettori. L’idea era buona, e quando se ne accorse, dopo essere stato eletto segretario del nuovo partito – pomposamente battezzato Partito Democratico, come se tutti gli altri partiti avessero tendenze e programmi dittatoriali – decise di snaturarla. Niente programma convincente (anche perché era difficile, fra ex comunisti, ex democristiani, pannelliani eccetera metterne a punto una decente) ma una sola tendenza: l’antiberlusconismo. In sostanza trasformare il PD nel PAB, Partito Anti Berlusconi. Ora è evidente che un programma costituito solo da un “anti” non porta da nessuna parte.
Il governo Prodi fu messo in minoranza e si giunse a nuove elezioni. Anche in questa occasione il nostro proclamò solennemente “andremo da soli”. Poiché l’idea era valida, e corrispondeva alle premesse che avevano dato origine al PD, decise di modificarla e si alleò con il più ostico e pericoloso dei partiti sul mercato, l’Italia dei Valori dello sciagurato ex questurino Antonio Di Pietro. Perse clamorosamente le elezioni, dovette accontentarsi di stare all’opposizione, ma anche in questo caso riuscì a farsi sottrarre la leadership dall’ingombrante alleato. Da allora il PD fu in preda all’anarchia più completa, tutti contro tutti, come era logico aspettarsi se l’unica ragione del partito consisteva nell’antiberlusconismo.
Dopo le elezioni nazionali, perse successivamente quelle amministrative a Roma, in Abruzzo, Sicilia e Sardegna, ed a questo punto, contro il parere del partito che evidentemente voleva ancora umiliarlo in occasione delle europee e di altre amministrative, decise di dimettersi, ponendo fine almeno per il momento a questa straziante performance.
Ora è viva la preoccupazione degli ambienti interessati allo sviluppo del cosiddetto terzo mondo. Se a Walter – che qualcuno, esagerando un tantino, chiama Walterloo, come se fosse la controfigura, in negativo, di Napoleone – venisse in mente di mantenere la sua promessa di ritirarsi in Africa, potrebbe essere una débacle per il continente nero, che di guai ne ha già abbastanza da solo.
La sua uscita di scena però costituisce un grave colpo anche per le formazioni di centro destra, che perdono in lui un validissimo aiuto, addirittura un propagandista capace di mobilitare a favore del centro destra milioni di voti che forse, in altre circostanze, avrebbero dato la loro preferenza a partiti di sinistra moderata e soprattutto non totalmente inconcludente come quella attuale.
Il Bertoldo

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