Pochi giorni fa la “Stampa”, giornale della famiglia Agnelli, ha pubblicato su due intere pagine – per l’esattezza la 10 e la 11 – un servizio basato su una falsa, pesante e confidenziale rampogna del Papa al Presidente del Consiglio, relativo ai comportamenti privati del premier ed alla sua abitudine di non mantenere le promesse da lui stesso fatte al Santo Padre, notizia che sarebbe stata pubblicata da “Avvenire”, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, in prima pagina. Per dare maggior peso al proprio scoop, la Stampa pubblicava la riproduzione della prima pagina del giornale cattolico. Purtroppo per il quotidiano torinese si verificava la validità del detto che “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”, in quanto, a parte il contenuto chiaramente falso, la testata di “Avvenire” pubblicata si riferiva ad un numero di ben due anni prima.
Denunciato il falso dal “Giornale”, il direttore del giornale torinese, Mario Calabresi, non trovava di meglio che dichiarare che si trattava di un errore redazionale (sviluppato su ben due pagine!). Avvenire non ha trovato nulla da ridire sulla faccenda, evidentemente in ossequio al dettame evangelico di non reagire ai torti subiti, ma di porgere l’altra guancia. A meno che, nella sua mentalità, il direttore del quotidiano cattolico Dino Boffo non abbia ritenuto che non si trattasse in realtà di un vero torto, ma di un fatto che portava acqua al proprio mulino dell’antiberlusconismo. Peraltro nessun altro quotidiano ha riportato la notizia: evidentemente fra gentiluomini non è chic rilevare gli errori dei propri pari.
Questo episodio si presta innanzi tutto ad un interessante sviluppo. Per esempio i falsari di denaro, sorpresi nella loro illecita attività, potranno sempre affermare candidamente che si è trattato di un semplice e malaugurato errore di stampa, anche se trovati in possesso di notevoli quantità di banconote false.
A completamento del quadro, va ricordato che il direttore del quotidiano torinese è figlio di quel commissario Calabresi ucciso dalle brigate rosse a seguito di una infamante ed infondata campagna di stampa promossa e sostenuta da moltissimi cosiddetti “intellettuali”. Evidentemente il figlio ha preferito non seguire l’esempio di rettitudine del padre, ma quello criminale dei mandanti dei suoi assassini. Ciascuno ha la morale che si sceglie.
In conclusione va rilevato che l’organo di stampa della famiglia Agnelli, unico nel panorama della stampa italiana, si è ben guardato finora dall’accennare, sia pure di sfuggita, alle presunte violazioni fiscali della famiglia proprietaria. Evidentemente, nello stile del giornale, è perfettamente normale inventare notizie totalmente false ma ci si guarda bene dal pubblicare informazioni su presunti reati, soprattutto se coinvolgono membri della proprietà (naturalmente il principio non si applica ad eventuali esponenti di centrodestra): le notizie o sono false o non vale la pena di diffonderle.
Il Bertoldo
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