09 settembre 2009

Cosacchi nostrani

Un vecchio proverbio diceva: “gratta il russo e viene fuori il cosacco”. Parafrasando questo adagio, oggi in Italia possiamo dire “gratta il sinistro e vien fuori lo stalinista”.
E’ infatti esperienza quotidiana che non solo gli ex comunisti (ex?) ma anche tutti i loro fiancheggiatori, i cosiddetti cattocomunismi e radicalchic, non sono riusciti mai a ragionare in modo normale e democratico, malgrado il loro partito si fregi dell’aggettivo “democratico”: forse si tratta dei principi delle cosiddette “democrazie popolari” di infausta memoria.
Per esempio secondo le loro concezioni il popolo, che a parole è sovrano, come detta anche la Costituzione, da loro stessi definita sacra, deve comunque essere guidato dalla parte migliore, più colta, più intelligente e più a conoscenza delle vere necessità del popolo. Guarda caso, questa parte migliore del paese, la sola degna di governare, è rappresentata da loro stessi, che si sono autoproclamati tali. Ne consegue che tutti coloro che non aderiscono ciecamente al loro modo di pensare (?) sono degli ignoranti, dei buzzurri, dei bruti, o dei veri e propri mascalzoni, non degni di esprimere alcun parere né tantomeno di governare. Tutti ciò alla faccia della concezione occidentale di democrazia, cui si ispira il nostro sistema politico.
Ma questo modo di ragionare comporta ovviamente tutta una serie di altre conseguenze negative. Per esempio è ritenuto da loro del tutto normale che l’avversario possa e debba essere insultato, calunniato, esposto alla berlina senza alcun serio motivo; ma guai se l’oggetto di tali attenzioni osa reagire in qualche modo: immediatamente si parla di pericolo per la democrazia (la loro, evidentemente), di attentato alla libertà di stampa, senza peraltro che nessuno si degni di portare la benché minima prova delle accuse mosse, e cadendo evidentemente nella plateale contraddizione di parlare di censura mentre si è liberi di dire e fare quello che si vuole.
Tutto ciò fa ricordare quanto avveniva fino a non molto tempo fa nell’Unione Sovietica, e tuttora avviene in alcuni sfortunati paesi che non sono ancora usciti dall’incubo del cosiddetto socialismo reale, paesi peraltro prediletti, per lo meno a parole, dai sinistri di professione: chi non era d’accordo con le enunciazioni del Partito – a sua volta condizionato dal capo di tutto, il Migliore in senso assoluto – se riusciva a salvare la pelle veniva quanto meno considerato pazzo e rinchiuso in appositi istituti.
Un chiaro esempio di questa forma di buonafede sono le dichiarazioni recenti del più noto ed a torto considerato il più intelligente dei sinistri, l’on: Massimo D’Alema, che ha recentemente avuto la faccia tosta di denunciare che l’attuale grave crisi, che coinvolge praticamente tutti i paesi del mondo, è responsabilità diretta del Presidente del Consiglio.
Sempre per restare in argomento, il Massimo nazionale si è indignato per la reazione di Berlusconi alle chiacchiere non certo benevole e comunque non documentate sparse a piene mani sulla sua vita privata. Dopo aver sempre affermato, lui come tutti i suoi compagni di strada, che dalle accuse ci si difende davanti alla giustizia, e non cercando di delegittimarla, ora si indigna perché un suo avversario osa accettare il suo suggerimento e si rivolge alla giustizia per difendersi e dimostrare la propria estraneità ai comportamenti, peraltro senza rilevanza penale, che gli sono stati attribuiti.
D’altra parte la sicumera e l’auto elogio dei sinistri sono stati più volte sconfessati dalla massa degli elettori, evidentemente ignoranti, abbrutiti ed incapaci di riconoscer le eccellenti qualità e virtù dei rappresentanti della sinistra.
Il Bertoldo

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