Il disegno di legge volgarmente definito del “processo breve” ha suscitato una quantità di reazioni discordanti, sia in campo politico che sulla stampa e presso la magistratura. E’ ovvio che qualsiasi provvedimento che in qualche modo tocchi i sedicenti custodi della legge si presti ad ogni sorta di commenti, e non è qui il caso di esaminare punto per punto quanto tale disegno di legge dispone. Sembra invece opportuno svolgere alcune osservazioni di carattere più generale e tentare di suggerire alcune mosse che potrebbero migliorare sensibilmente il funzionamento della sclerotica giustizia italiana, generalmente ritenuta peggiore persino di quella di alcuni paesi africani, non eredi della tanto decantata tradizione del diritto romano.
Il provvedimento proposto all’approvazione del Parlamento vuole innovare sia in campo civile che in campo penale, proponendosi di ridurre i biblici tempi dei processi italiani a più ragionevoli durata, senza peraltro che ciò costituisca in alcun modo una qualsiasi forma di riforma sostanziale della giustizia.
Il provvedimento è stato presentato dalla maggioranza come decisivo per salvaguardare i diritti dei cittadini. In definitiva, come spesso succede, ci si culla nell’illusione che basti emanare una legge perché tutti la rispettino scrupolosamente: quanto questa illusione corrisponda alla realtà è sotto gli occhi di tutti. In secondo luogo si ordina ai magistrati di concludere i processi entro tempi determinati, senza che venga prevista alcuna sanzione se essi non vengono osservati. In caso di inosservanza chi viene punito è lo Stato, condannato a risarcire il danneggiato, in sede civile, per i tempi troppo lunghi, oppure viene premiato l’indagato, in sede penale, che vede estinto il procedimento. In definitiva si può concludere che da un lato si tratta di una vera e propria presa in giro dei cittadini, dall’altro non viene dato alcun incentivo ai magistrati perché rispettino le nuove disposizioni.
Per quanto riguarda l’opposizione va rilevato che la sua contrarietà al progetto non sembra, almeno finora, basata su solidi argomenti. Infatti l’unica obiezione consiste nel sospetto, o nella maliziosa allusione, che questa legge sia pensata solo in favore del Presidente del Consiglio e quindi, al di sopra di ogni sua possibile utilità o disutilità per i cittadini comuni, essa deve essere respinta.
A nostro avviso la legge è del tutto inutile: l’unica cosa che si dovrebbe fare è rispettare la volontà dei cittadini che a suo tempo hanno manifestato il proprio favore nei confronti del riconoscimento della responsabilità civile dei magistrati con un apposito referendum poi del tutto disatteso. Se un collegio – ovviamente non costituito da magistrati – potesse applicare ai magistrati le numerose e pesanti penalizzazioni che l’Europa ha più volte comminato al governo italiano per l’esagerata lunghezza dei processi è da ritenere che gli interessati si darebbero, come si dice, una mossa per evitare guai seri.
Va infine ricordato che sarebbe ora di smettere di presentare all’approvazione del Parlamento provvedimenti tampone, senza avere il coraggio di presentare una volta per tutte un coerente progetto di riforma della giustizia che possa cambiare radicalmente la situazione attuale e ridia sia alla magistratura sia al paese la dignità e l’efficienza necessarie.
Il Bertoldo
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