02 dicembre 2009

Mafiosita'

La mafiosità non è la mafia. Essa può essere definita come una tendenza, innata od acquisita che sia e particolarmente presente presso alcuni gruppi sociali, alla prevaricazione, ad approfittare del proprio potere reale o supposto che sia per opprimere i propri avversari, senza rispettare alcuna regola del gioco, ma unicamente contando sulla propria inattaccabilità, dovuta alla prepotenza, alla maliziosa “furbizia” o più spesso alla propria posizione sociale. Come si è detto, la mafiosità non è la mafia, ma è l’elemento culturale che, presso alcuni individui, sfocia nella mafia vera e propria, con tutto il suo armamentario di violenza, di estorsioni, di sangue e di disperazione (per chi ne è succube).
Oggi, dopo aver esperito e visti fallire tutte i modi di attacco e di falsa denuncia possibili, dall’evasione fiscale, alla corruzione, al conflitto di interessi, alla supposta condotta immorale intima, la stampa nemica, l’opposizione di sinistra, certa magistratura, a corto di argomenti non hanno saputo inventare altro che le supposte rivelazioni di un “collaboratore di giustizia” che ha dichiarato che non solo il Presidente del Consiglio è stato ed è colluso con la mafia, ma sarebbe addirittura il vero ispiratore della stagione di stragi degli anni novanta.
La notizia meriterebbe il riso, e forse anche una sonora pernacchia, se non fosse suffragata da voci che con tutta evidenza promanano da ambienti vicini – si fa per dire – alla Magistratura. E’ infatti particolarmente preoccupante che, dopo quasi vent’anni dagli avvenimenti che oggi sarebbero oggetto di indagine, si presti fede, senza alcun controllo o verifica, alle dichiarazioni di un efferato delinquente – si tratta di colui che per vendetta fece sciogliere nell’acido dei bambini, figli di avversari mafiosi – mentre si infanga la dignità di una persona che non solo ha riscosso la fiducia della maggioranza degli italiani ma che, a termini di Costituzione, è innocente fino ad eventuale condanna definitiva.
E’ evidente che un simile agire da parte di una porzione non insignificante della magistratura (sostenuta peraltro da Luca Palamara, aspirante Epifani del sindacato magistrati), forte della propria totale irresponsabilità e immunità, sembra configurare gli elementi tipici della mafiosità come sopra definita. A nulla è valso il richiamo severo del Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura al rispetto dei ruoli tipici di ciascuna istituzione così come al rispetto della volontà popolare espressa col voto: l’obbiettivo delle opposizioni di sinistra e di quella parte della magistratura – fortunatamente minoritaria ma purtroppo potentissima – che le affianca resta quello di rovesciare con la forza, l’abuso e la prevaricazione coloro che sono stati scelti dal popolo, “sovrano” come recita l’articolo iniziale della Costituzione, instaurando al suo posto un sistema che democratico non può essere, per lo meno nel senso che a tale parola viene attribuito nella cultura liberale occidentale.
Il Bertoldo

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