21 gennaio 2010

Contrordine compagni!

La frase posta come titolo della presente riflessione riprende quella usata dallo storico settimanale “Bertoldo” come titolo di una serie di vignette che mettevano in ridicolo le contorsioni interpretative dei cosiddetti “trinariciuti”, ossia i comunisti di ferro, sempre ligi alle direttive del partito, senza se e senza ma, anche se evidentemente assurde od errate, talvolta solo per un errore di trasmissione.
Essa ci ritorna alla memoria se si pone attenzione a quanto sta succedendo oggi sul piano politico.
Pochi giorni fa, alla ripresa della sua attività di governo, il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha solennemente dichiarato che una seria e profonda riforma fiscale, basata sulla riduzione a due sole aliquote sul prelievo sui redditi personali, sarebbe stata varata entro la fine del 2010. In tale occasione egli affermò che, dopo un colloquio, aveva anche ottenuto l’accordo del ministro Tremonti, cane da guardia del bilancio dello stato.
Solo qualche giorno più tardi lo stesso Premier se ne esce con la dichiarazione che le condizioni delle finanze statali non consentono una rapida realizzazione della riforma, ed il Ministro dell’Economia rincara la dose affermando che, sempre che la crisi lo consenta, la riforma potrà essere avviata solo verso la fine della legislatura (quindi fra tre anni). Va ricordato che la riforma fiscale annunciata da Berlusconi faceva parte del programma del centro destra alle ultime elezioni: si tratta forse di un errore di stampa e quindi di un “contrordine compagni!” come nelle vecchie vignette?
Recentemente era stato varato un provvedimento di legge che prevedeva una seria riduzione della composizione dei consigli elettivi locali. Inizialmente si era parlato di una riduzione del 40%, poi ridotta al 20%. Alla fine si è deciso di rinviarne l’applicazione di qualche anno, evidentemente per non turbare i propri protetti adagiati su comode poltrone. Ci si domanda se anche questo cambiamento di direzione sia da attribuire ad un “contrordine”, malgrado il programma prevedesse appunto uno snellimento degli organi elettivi.
Un altro punto presente nel programma e considerato essenziale sulla via della riduzione dei costi della politica era rappresentato dalla promessa di abolire le province. Di questo, passate le elezioni, non si è mai più parlato; evidentemente il “contrordine” è stato motivato dalla preoccupazione di non provocare un’ondata di disoccupazione nella classe politica, soprattutto fra quelle categorie che ormai da tempo prosperano grazie a incarichi pubblici elettivi privi di effettivi poteri e apparentemente del tutto inutili, ma comunque retribuiti.
Altri esempi si potrebbero elencare, e tutti li conoscono. Resta il fatto che alla fine si ha l’impressione che il “popolo bue” venga considerato del tutto privo di memoria e quindi che lo si possa illudere a piacimento. Finché dura…
Il Bertoldo

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