22 febbraio 2010

La tempesta

“Passata è la tempesta.
Odo augelli far festa e la gallina
Tornata in su la via
Che ripete il suo verso”.

Così scriveva il Leopardi nel suo “La quiete dopo la tempesta”. Oggi si ha l’impressione che molti ritengano che la grave tempesta che ha colpito due anni fa l’economia mondiale sia passata e si sentono dappertutto canti di gioia. Gli augelli (i banchieri e finanzieri) fanno festa e sono tornati alle antiche abitudini: operazioni speculative, bonus milionari e simili piacevolezze; le galline (i governi e gli economisti) ripetono il loro verso, affermando che ormai siamo fuori dai guai. Ma è vero od è soltanto una illusione o peggio ancora una bugia più o meno pietosa o interessata?
Per potersi fare un’idea della situazione, al di là delle contraddittorie notizie e dei commenti più o meno interessati, e senza voler dare giudizi per i quali non abbiamo alcun titolo, vale la pena di riflettere su alcune cifre.
Innanzi tutto si deve considerare a che livello si prevede che nel 2010 salirà il debito pubblico dei singoli stati, che sono intervenuti pesantemente per aiutare banche, istituzioni finanziarie ed aziende:
Italia 127%
Grecia 112%
Stati Uniti 97%
Francia 94%
Regno Unito 89%
Germania 84%
Come si vede tutti i paesi della zona UE sono ben al di sopra di quanto previsto dagli accordi di Maastricht. E’ prevedibile che ciò potrà provocare, ai primi accenni di ripresa, una ondata di inflazione generalizzata ed un verosimile aumento dei tassi con gravi conseguenze non solo sui bilanci statali, ma anche sulle possibilità stesse di ripresa. Non sarà migliore, ovviamente, la situazione degli Stati Uniti.
Va ricordato anche che, sempre per il 2010, si prevede che i deficit pubblici dei singoli paesi UE saranno tutti superiori a quanto consentito dagli accordi di Maastricht (3% del PIL), tutti compresi fra il 4,5% della Svezia ed il 14% del Regno Unito. Gli Stati Uniti dovrebbero superare l’11%. Tutto ciò rischia di provocare una paralisi degli investimenti pubblici infrastrutturali, con serie conseguenze, anche in questo caso, per la ripresa.
Un ragionamento simile va fatto per quanto riguarda i livelli di disoccupazione, che varieranno fra l’8,5% previsto per l’Italia fino al 19% previsto per la Spagna. Va rilevato, per completezza di informazione, che il virtuoso dato dell’Italia appare migliore di quanto in realtà sia la situazione, in quanto fortunatamente nel nostro paese esiste la Cassa Integrazione, che consente di far figurare come formalmente occupati dei lavoratori che in realtà costituiscono una massa di lavoratori momentaneamente senza occupazione.
Degli eventuali cenni di ripresa verosimilmente non produrranno un immediato impatto sulla occupazione, in quanto in prima battuta usciranno dalla cassa integrazione i lavoratori oggi in situazione di attesa, e d’altra parte le aziende cercheranno, per quanto possibile, di aumentare le proprie produzioni, per far fronte ad un eventuale aumento della domanda, più che con l’impiego di nuova manodopera piuttosto migliorando le proprie tecnologie, attraverso opportuni investimenti o addirittura spostando altrove i propri centri produttivi.
Se quindi da un lato il settore pubblico non sarà in grado di riprendere gli investimenti a causa degli eccessivi deficit di bilancio, né vorrà o potrà provvedere, in stato di crisi, ad una seria riorganizzazione interna, e dall’altro non sarà possibile prevedere un significativo aumento dell’occupazione interna, ci si domanda come potrà verificarsi un tale aumento della domanda, sia essa interna od internazionale, in grado di innescare una seria ripresa.
In definitiva sembra che l’economia mondiale sia entrata in un circolo vizioso: per aiutare le banche e le istituzioni finanziarie, oggettivamente responsabili della gravissima crisi, i governi hanno, con varie modalità, iniettato enormi masse di liquidità nel sistema, provocando in tal modo una quasi insostenibile situazione di deficit pubblici, che a loro volta rischiano di frenare ogni possibilità di ripresa dell’economia e dell’occupazione. Esiste quindi il pericolo che, a fronte del perdurare della crisi, in varie parti ci si trovi a dover fronteggiare gravi problemi sociali, non limitati unicamente all’erogazione di sussidi ma addirittura a manifestazioni di piazza, sempre pericolose e di esito incerto.
E’ evidente che non ci si può augurare che queste previsioni pessimistiche siano smentite dai fatti e che le cose vadano meglio di quanto ci si potrebbe aspettare da una analisi non edulcorata della situazione oggettiva.
Il Bertoldo

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