E’ in pieno svolgimento la vibrata protesta di tutti i partiti di opposizione – compresi quelli che non sono rappresentati in Parlamento perché godono di un infimo seguito fra gli elettori – nei confronti del decreto del governo che, chiarendo alcuni dettagli della legge elettorale, permette ai partiti esclusi dalla partecipazione alle prossime elezioni regionali per pignolerie burocratiche di presentare le proprie liste; tale decreto ha del resto ottenuto l’avallo del Presidente della Repubblica, che ha osservato come sarebbe inconcepibile che il principale partito del paese possa essere escluso dalla competizione elettorale.
L’argomento addotto dagli oppositori è che il provvedimento del governo sarebbe assolutamente antidemocratico e mirerebbe a favorire indebitamente il partito di maggioranza. Vale la pena a questo punto ricordare qual è il significato della parola democrazia. Il termine democrazia deriva dal greco δῆμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere, ed etimologicamente significa governo del popolo.
Ora sembra scarsamente democratica l’idea che sulla base di un errore di carattere burocratico si possa escludere la presentazione alle elezioni di un partito che gode delle preferenze di una maggioranza, sia pur relativa ma comunque molto significativa, degli elettori.
E’ ben vero che le regole devono essere rispettate, ma la loro pignolesca applicazione non può minare i principi sui quali si basa la nostra società. In sostanza si ha l’impressione che i sedicenti difensori della democrazia siano in effetti, per motivi d’interesse proprio, dei sostenitori della sostituzione delle regole democratiche con le regole burocratiche (che peraltro in varie occasioni gli stessi che oggi ne chiedono la rigida applicazione hanno definiti liberticide e tiranniche). E tutti sanno a quali esecrabili conseguenze possa portare la sostituzione del volere della burocrazia a quello del popolo, a cui, secondo la definizione della Legge Fondamentale, dovrebbe appartenere la sovranità.
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