04 giugno 2010

Macellerie

Il 31 maggio, come tutti gli anni, si è tenuta l’annuale assemblea della Banca d’Italia, alla presenza di un folto pubblico di politici, sindacalisti, banchieri ed imprenditori. Come di consueto il Governatore Draghi ha letto le “Considerazioni Finali”, nel corso delle quali ha approvato la manovra del governo tesa a rimediare, nella misura del possibile, ai danni arrecati all’economia ed al bilancio dello stato dalla grave crisi che attanaglia tutti i paesi occidentali.
Verso la fine del suo intervento, il Governatore ha usato il termine, tanto gradito alle sinistre ed a certi sindacalisti, di “macelleria sociale”. Va detto che con questa espressione egli non intendeva riferirsi a qualche istituzione simile alle Cantine Sociali, diffuse in tutto il paese, ma unicamente ad atteggiamenti pubblici e privati tendenti a sottrarre ai ceti più disagiati il necessario al mantenimento di decenti condizioni di vita. La principale responsabilità di questa “macelleria” il Governatore l’ha identificata negli evasori fiscali.
Il discorso, come è doveroso, è stato calorosamente acclamato dal pubblico presente, fra il quale si annidavano certamente vari elementi responsabili, almeno in parte, della macelleria.
A noi sembra che, con la sua uscita, il Governatore abbia ceduto alla demagogia imperante in quanto, a nostro modesto avviso, ben altre sono le cause dell’eventuale macelleria sociale. E per dare valore alla nostra tesi è opportuno richiamare qualche cifra che può meglio chiarire il concetto.
Il prelievo fiscale globale in Italia è stimato intorno al 46% del PIL, comunque uno dei più elevati in Europa (a fronte del quale stanno servizi resi dalla Pubblica Amministrazione fra i peggiori del continente, ma questo è tutto un altro discorso). Ma c’è un ma. Nel calcolo del PIL viene incluso, oltre al prodotto ufficiale, un importo fra il 15 ed il 20 per cento, corrispondente alla quota stimata di economia sommersa. Dato che l’economia sommersa, per definizione, non subisce imposte, ne consegue che sull’economia regolare grava un peso superiore al 50% (circa il 53% nel caso di un “nero” del 15%, 55% nel caso di un “nero” del 20%), come risulta da un semplice calcolo aritmetico.
Appare quindi evidente che, qualora si riuscisse a recuperare a tassazione tutto il prodotto sommerso, al fine di ridurre il deficit di bilancio in maniera significativa, tutta l’economia sarebbe gravata da un fardello fiscale assolutamente insopportabile e tale da rendere impossibile, non solo qualunque forma di sviluppo, ma addirittura da avviare il paese verso una decadenza ancor più rapida di quanto già stia avvenendo.
E’ fuor di dubbio che l’evasione rappresenta una forma odiosa e riprovevole di furto ai danni dei cittadini onesti, ma occorre anche ricordare che, grazie a questa vera e propria truffa contro i cittadini, il paese riesce ancora a sottrarre al parassitismo, allo spreco ed alla malversazione una parte del prodotto nazionale tale da consentire bene o male all’economia di progredire, sia pure stentatamente.
Se il ragionamento svolto è corretto – e personalmente lo crediamo, come del resto lo credono molti economisti ben più ferrati di noi – dobbiamo concludere che il vero responsabile della cosiddetta “macelleria sociale” non è l’evasione fiscale ma lo Stato, e quindi tutta la classe dirigente politica, sindacale ed altro che, perseguendo interessi propri, economici od elettorali, e non quelli della comunità, hanno ridotto il paese in queste condizioni pur cercando, come è chiaro, di addossarne la colpa ad altri o al destino.
A quando una presa di coscienza che permetta finalmente all’Italia di uscire da questa situazione? Le prospettive non lasciano purtroppo presagire nulla di buono: quando mai qualcuno, se non i santi, è disposto a rinunciare a perseguire comunque il proprio interesse, anche illecito, a favore dell’interesse degli altri?
Il Bertoldo

1 commento:

Anonimo ha detto...

Poi con gli insegnamenti di certi liberali, campa cavallo .....