Da troppo tempo ormai la vita politica italiana – e le polemiche che ne sono il normale corollario – è esageratamente centrata su questioni di carattere immobiliare, mentre altri problemi che stanno ben più a cuore agli italiani vengono lasciati da parte. In definitiva si preferisce il pettegolezzo – non gratuito, per carità – all’azione. Il primo sintomo di questo interesse per il settore immobiliare si ebbe vario tempo fa, quando la stampa si diede molto da fare per mettere in luce le condizioni di favore di cui godevano, come inquilini, molti appartenenti alla cosiddetta casta. Risultò che, per appartamenti più o meno di lusso in zone centrali, molti politici pagavano affitti che sarebbero stati congrui per bilocali in case popolari di periferia. Chi erano i generosi locatori? In genere istituti di previdenza che in tal modo sperperavano in investimenti poco o nulla redditizi le somme versate da lavoratori e datori di lavoro a fini previdenziali, bell’esempio di oculata gestione dei quattrini altrui! D’altra parte gli stessi enti previdenziali non cessano di lamentarsi sui problemi di gestione e di reperimento dei fondi necessari allo svolgimento dei loro compiti istituzionali. Naturalmente il chiasso sollevato non ebbe alcun risultato: tutto continuò come prima e gli affittuari continuarono a godere le proprie condizioni privilegiate. Un altro caso che fece scalpore e che ebbe come conseguenza addirittura le dimissioni di un ministro fu il caso Scaiola. Fu accertato che il ministro aveva acquistato un appartamento in zona estremamente centrale a Roma per il modesto importo di seicentomila euro, contro un valore effettivo di un milione cinquecentomila euro: la differenza, novecentomila euro, fu versata (ovviamente in nero) da un imprenditore, grato per essere stato favorito in alcuni grossi affari. Scoppiato lo scandalo ed accertata la verità di quanto trapelato sulla stampa il ministro fu in qualche modo costretto a dimettersi. Recentemente, in vista di rifarsi una verginità, egli ha dichiarato pubblicamente che rivenderà l’appartamento in questione e la plusvalenza rispetto al prezzo da lui pagato la donerà in beneficenza. Il proposito è nobile e bisogna dargliene atto. Ma c’è un ma. L’eventuale plusvalenza – che potrebbe anche essere nulla se come intermediario per la vendita si rivolgesse al “cognato” di Gianfranco Fini – rappresenta in sostanza una tangente a lui versata per motivi non particolarmente nobili. Quindi in definitiva, con l’azione promessa, egli non rifiuta un pagamento illecito a suo favore, ma lo devolve in beneficenza, senza particolare sacrificio da parte sua: insomma, fa del bene con il prezzo della corruzione. Tutto ciò è forse un’azione benemerita? L’ultimo caso, che dura ormai da mesi senza essere ancora giunto a soluzione, è quello che vede coinvolti il Presidente della Camera e la sua “famiglia” adottiva. La vicenda è troppo nota per meritarne un riassunto. Tuttavia, al di là di quanto quotidianamente si apprende dai giornali, essa merita qualche commento. Innanzi tutto stupisce che un membro autorevole della vita politica, per di più insediato in una prestigiosa carica istituzionale, accetti di vendere un bene appartenente non a lui stesso – e la cosa sarebbe già piuttosto incauta – ma di proprietà del partito cui egli stesso appartiene, ad una società offshore del tutto sconosciuta. Non può infatti essergli sfuggito il fatto che da tempo tutti gli stati del mondo cercano di vietare qualsiasi operazione dei propri cittadini con opache società offshore, ed invece proprio lui è caduto in tentazione. D’altra parte sembra strano che, come lui stesso ha dichiarato, non abbia trovato di meglio che affidarsi come intermediario al fratello della propria compagna, persona senz’arte né parte, invece che affidarsi, anche per motivi di chiarezza, ad una delle numerose società di intermediazione che pullulano a Montecarlo. Se si è dimostrato tanto incapace di gestire in modo oculato le risorse del proprio partito, come potrebbe aspirare a gestire il nostro paese? Peraltro dobbiamo rendergli atto che, con il suo disinvolto modo di agire, ha dimostrato che, per la sua famiglia di adozione, è disposto anche a rischiare la propria carriera ed il proprio buon nome. Una simile manifestazione di amore incondizionato e di totale disinteresse, fino al sacrificio, non può che meritare rispetto ed ammirazione. A meno che tutto quanto è avvenuto non sia solo il frutto della convinzione di essere al di sopra delle leggi che regolano la vita dei comuni mortali, di essere insomma incensurabile ed intoccabile, come forse starebbe a dimostrare la sua improvvisa simpatia per le posizioni della sinistra, per la quale da sempre simpatizzano molti esponenti di spicco della magistratura. Ma sarà possibile continuare a turlupinare gli elettori?
Il Bertoldo
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