Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha parlato.
A dire il vero non si tratta di una prima assoluta. Già in altre occasioni il premier aveva reso partecipe il popolo italiano delle sue esternazioni, delle sue barzellette da commesso viaggiatore, delle sue gaffes. Al contrario del cofondatore del suo partito che è rimasto silenzioso per ben due mesi, cosa del resto comprensibile: si dedicava agli sport subacquei, e dunque, acqua in bocca!
Questa volta però, rivolto ai due templi della democrazia nel nostro paese, la Camera ed il Senato, ha detto, anzi ripetuto, le cose che da molti anni sta dicendo, anzi promettendo, ai suoi concittadini: riforma della giustizia, riduzione delle tasse, aiuti al mezzogiorno, sicurezza, lavoro per tutti e simili piacevolezze, cui però finora non è seguito alcun tangibile risultato.
Ai suoi due discorsi sono seguite le votazioni dei due rami del Parlamento, che gli hanno confermato la fiducia. Si è trattato tuttavia di una fiducia un po’ fasulla e che non promette niente di buono, forse più provocata dal timore del “tutti a casa” – e per molti per sempre – piuttosto che dalla sincera convinzione che si debbano rapidamente realizzare le cose promesse dal premier.
E questi, di fronte ai risultati per lo meno inquietanti delle due votazioni, non ha pensato affatto di rimandare le decisioni agli elettori, ma ha dichiarato che non tollererà ulteriori agguati ed intralci alla sua opera. Un po’ quel che diceva sempre un noto personaggio del Corriere dei Piccoli “alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai”.
D’altra parte, la ripetitività delle promesse non mantenute fa parte integrante del gioco politico: se realizzo davvero quello che dico, cosa mi resta da dire la prossima volta?
Il Bertoldo
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