Domenica scorsa l’amministratore delegato del gruppo Fiat è stato intervistato in un ben noto e seguito programma televisivo e molto pacatamente ha espresso le sue opinioni in merito alle presenti condizioni di competitività del nostro paese, classificato fra gli ultimi in un elenco di circa 140 paesi (quindi non solo in rapporto al mondo più sviluppato), ed ha avvalorato le proprie tesi ricordando che praticamente nessuna azienda straniera è disposta ad investire un solo euro in Italia. In definitiva egli non ha fatto che confermare quanto il suo atteggiamento nelle recenti vicende di alcuni stabilimenti del gruppo avevano chiaramente fatto intendere a chiunque non volesse interpretare tutto quanto accade in Italia secondo stereotipi “progressisti”.
L’intervista ha suscitato, come era del resto prevedibile, un vero putiferio, peraltro non limitato ai soliti circoli sindacali o politici sinistrorsi, ma ha coinvolto anche molti esponenti di posizioni politiche che essi stessi amano definire liberali. Fra questi si è distinto ovviamente il neo leader del partito “Futuro e Libertà”. Va chiarito subito che personalmente, ogni volta che sentiamo invocare la parola “futuro” da parte di esponenti politici che si professano di idee liberali, viene alla memoria il suo sinonimo “avvenire” che per tanto tempo – ed ancora oggi in varie occasioni – è stato associato al sole: il “sol dell’avvenire”, simbolo di una ideologia che credevamo morta e sepolta.
Che cosa ha detto in questa occasione il Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini? Ha dichiarato – e con lui molti che lo hanno seguito - che Sergio Marchionne ragiona da “canadese” e che dimentica quanto l’Italia ha fatto per la Fiat con enormi sovvenzioni pagate dai contribuenti italiani. Queste affermazioni meritano alcune considerazioni.
Innanzi tutto non è chiaro per quale motivo il ragionare da “canadese” – o da americano, svizzero o quant’altro – sia cosa riprovevole. Abbiamo sempre creduto che si dovesse solo distinguere fra chi ragiona bene e chi ragiona male, ma evidentemente l’on Fini non la pensa così. A meno che il suo disprezzo si riferisca al fatto che i canadesi non hanno l’obbligo morale che hanno invece gli italiani di essere riconoscenti ad uno stato che ha allegramente e generosamente coperto, con enormi finanziamenti, i problemi della Fiat. E qui si passa a considerare il secondo argomento delle critiche rivolte all’Amministratore Fiat.
Infatti è verissimo che lo stato italiano – ed in definitiva i contribuenti italiani – hanno largamente contribuito per molti anni a coprire i problemi della società, dovuti a cattiva gestione e ad esagerata acquiescenza alle vaneggianti pretese sindacali. Quindi il fatto che ora si cerchi di gestire l’azienda con criteri sani e si cerchi di trovare un accordo con i sindacati perché le cose vadano meglio in futuro e non ci sia più bisogno di continue sovvenzioni statali dovrebbe meritare i complimenti ed il sostegno di tutti.
Ma evidentemente non è questo il pensiero di Fini, che chiaramente pensa al futuro come continuazione pedissequa del presente e vede la propria funzione unicamente volta all’incoraggiamento degli sprechi e dei parassitismi, purché ciò gli porti vantaggi sul piano elettorale che gli permettano di continuare in “futuro” a ricoprire incarichi e ad esercitare un potere che non ha mai contribuito in passato a migliorare le condizioni del nostro infelice paese.
Infine va ricordato che Sergio Marchionne ha evitato – evidentemente per delicatezza nei confronti delle istituzioni - di citare il fatto che la precaria situazione competitiva italiana dipende, oltre che dalle fisime sindacali, anche e soprattutto dall’azione dei governi e delle maggioranze che si sono succeduti alla guida del paese. Va infatti ricordato che mentre il costo del lavoro in Italia è fra i più alti in Europa, il netto in busta paga del lavoratore è fra i più bassi.
Ciò è dovuto senza alcun dubbio all’esagerato prelievo fiscale, contributivo, eccetera effettuato dallo stato per finanziare inefficienze, sprechi, parassitismi e malversazioni, oltre che ad una legislazione intesa, a parole, a proteggere i lavoratori, ma che in realtà, senza proteggere gli onesti favorisce unicamente i “furbi”, danneggia tutto il sistema nazione e ci pone in una condizione di palese incapacità di competere con gli altri paesi sviluppati.
Per concludere con una nota di blando ottimismo vale la pena di ricordare in quale modo il capo della CISL, Bonanni, ha commentato l’intervista. Pur segnalando l’urgenza di condurre a buon fine la trattativa con la Fiat al fine di difendere sia l’occupazione che un patrimonio italiano, ha pure chiesto che al più presto si inizi a discutere con il governo e le istituzioni su quanto va fatto per svecchiare il “sistema Italia” e ridare al nostro paese il posto che gli compete e che per i motivi noti ha da tempo perduto.
Il Bertoldo
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