28 dicembre 2010

Lacrime e Poltrone

Dappertutto, ma con particolare evidenza e frequenza in Italia, i politici ci hanno abituato a comportamenti sorprendenti, sia sul piano umano che su quello istituzionale. Ma ciò a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi ci ha francamente stupito, trattandosi di qualcosa cui non eravamo affatto preparati, se si esclude il signorile comportamento dell’attuale Presidente della Camera dei Deputati.
Un ministro della Repubblica, e quindi membro del governo, appartenente al partito di maggioranza, si è trovata in disaccordo con alcune disposizioni di un provvedimento presentato al Parlamento da parte del governo di cui essa (la ministra) fa parte e non ha esitato a votarvi contro, insieme all’opposizione.
E’ del tutto ovvio che chiunque, compreso evidentemente un qualsiasi membro del governo, ha il diritto assoluto di non essere d’accordo con le decisioni del partito di cui fa parte o addirittura della istituzione – il governo – al quale partecipa. Sembra comunque naturale che se un ministro non condivide l’impostazione di un qualsiasi provvedimento che venga discusso nell’ambito del Consiglio dei Ministri dovrebbe esprimere il proprio dissenso nella sede opportuna – il Consiglio dei Ministri – e non farne una pubblica esibizione in Parlamento, in tal modo sciorinando “urbi et orbi” la spaccatura nel seno dell’organo istituzionalmente esecutivo.
Invece la signora ministro di cui ci stiamo occupando ha pubblicamente manifestato il proprio dissenso con il voto contrario in Parlamento. Sembra poi che sia scoppiata in lacrime per la grave crisi da lei stessa scatenata, ed ha formalmente comunicato le proprie dimissioni dal partito di appartenenza – come se fosse il partito ad essere responsabile del problema. Si è però ben guardata dal lasciare la poltrona di ministro da lei occupata, ossia non ha ritenuto che fosse non solo opportuno ma chiaramente indispensabile manifestare in maniera inequivocabile il proprio dissenso nei confronti dell’organo che aveva presentato il provvedimento da lei stessa osteggiato.
Quanto ciò sia coerente, serio ed apprezzabile dovrà giudicarlo il lettore. Noi pensiamo che non sia particolarmente elegante lasciare il partito che ti ha eletto senza tuttavia lasciare l’incarico che lo stesso partito ti ha assegnato: due pesi e due misure, scelta del male personale minore oppure solo un troppo affettivo attaccamento alla dorata poltrona non sappiamo quanto meritatamente occupata finora?
Il Bertoldo

1 commento:

Anonimo ha detto...

ok in toto! fritz