E’ di ieri la notizia che i tre moschettieri della politica italiana, Casini, Fini e Rutelli hanno annunciato la costituzione di un’alleanza che hanno voluto chiamare pomposamente “terzo polo”. Fin dalle elementari eravamo convinti che i “poli” dovessero sempre essere due: polo Nord e polo Sud, polo negativo e polo positivo, e così via. Qualunque polo aggiunto non può essere che una mistificazione o se si preferisce una patacca.
Questa operazione e le sue origini meritano certamente alcune osservazioni. Innanzi tutto, non si capisce bene come possano pensare di combinare qualcosa da soli i tre sunnominati soggetti. Si tratta infatti di persone che hanno visto frustrate le proprie speranze di emergere sulla scena politica nazionale, e che, pur di essere dei numeri uno, hanno preferito abbandonare le proprie posizioni in un gruppo vincente o comunque significativo per crearsi il proprio partitino. Non dimentichiamo infatti che sia Casini che Fini, durante la loro permanenza nella coalizione di centro destra, erano aspri rivali, sperando ciascuno nella successione a Berlusconi. Se ne andarono perché non accettavano di attendere il momento giusto, e si coalizzarono con chi da anni, e con esiti finora deludenti, cerca di disarcionare il Cavaliere, nella speranza di essere chiamati – ovviamente uno solo di essi – a succedergli a furor di popolo.
Fra le motivazioni della loro inedita alleanza due sono particolarmente degne di nota. Con la prima affermano che il nostro paese attraversa una crisi di leadership e che quindi è necessario cambiare il manovratore. Non vogliono ipocritamente riconoscere, e Fini in particolare, che la crisi è stata provocata proprio da lui e dai suoi accoliti che non hanno esitato ad abbandonare il partito che avevano contribuito a fondare, tradendo in tal modo la fiducia degli elettori che – erroneamente – gliela avevano concessa.
L’altra motivazione consiste nell’affermazione che la legge elettorale vigente va modificata, in quanto essa costituirebbe una truffa. Quanto possa essere meglio una diversa legge che consenta ad una formazione minoritaria di determinare la politica del governo appoggiandosi ora ad una parte ed ora all’altra non è ben chiaro, se non per il fatto che con un simile escamotage sarebbe possibile che una minoranza, anche molto modesta diventi l’ago della bilancia, in evidente spregio di ogni regola di democrazia.
D’altra parte il cosiddetto terzo polo respinge con orrore l’idea che si possa andare a nuove elezioni se non dopo l’approvazione di una nuova legge elettorale su misura, ovviamente per il timore di perdere il proprio potere di interdizione nei confronti di chi è stato scelto da una maggioranza di cittadini.
Comunque il momento è certamente grave e non saranno certamente le abboracciate soluzioni proposte che permetteranno di superare la crisi politica ed economica che affligge il nostro paese. Non si capisce per quale motivo il presidente del Consiglio, eletto dai cittadini – non dimentichiamo che il suo nome figurava sulla scheda elettorale come candidato Premier – semplicemente perché è inviso ad una parte finora risultata minoritaria della popolazione ed in particolare ad alcuni capataz politici che si ritengono, molto a torto, unti dal signore e destinati a condurre l’Italia verso luminosi traguardi.
Il fatto veramente degno di nota è che nessuno di coloro che avversano l’idea del ricorso a nuove elezioni dispone di un programma serio che non si riassuma nel solo antiberlusconismo. Se infatti essi avessero un programma politico non limitato alla semplice elencazione dei problemi da risolvere (lavoro, fisco, scuola, università, giustizia, burocrazia, eccetera), non avrebbero esitato a presentarlo nelle sedi opportune per dimostrare quanto essi siano preparati e quindi pronti a confrontare le proprie proposte con quelle della maggioranza da essi stessi ritenuta incapace di realizzare alcunché. E, se veramente essi ci credono, a chiedere al popolo, arbitro supremo ed unico detentore della sovranità – secondo la Sacra Costituzione – di dare il proprio consenso alla parte ritenuta più in grado di fare uscire l’Italia dalle secche della crisi.
E’ nostra opinione che l’unico modo per riprendere decentemente il cammino consista nel ricorso a nuove elezioni. Certamente esse possono costituire un rischio, ma è necessario correrlo. D’altra parte se gli oppositori dell’attuale governo ne sono tanto terrorizzati significa che non solo non sono pronti ma hanno ancor più paura di quanto non ne abbia la maggioranza. L’unica critica che si deve fare alla condotta del governo è che questa decisione doveva essere presa già qualche mese fa, quando fu palese la rottura fra i finiani ed il partito cui essi appartenevano: oggi saremmo già fuori dalla crisi e molto probabilmente ci troveremmo con la stessa maggioranza di oggi, molto più coesa e senza bari, voltagabbana o traditori.
Il Bertoldo
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