Le sommosse popolari in Tunisia, Egitto e Libia (per ora) sono state salutate, in tutti i paesi occidentali, come promettenti passi verso l’instaurazione di autentiche democrazie. E’ noto infatti che tali paesi sono stati amministrati finora e per svariati decenni da autocrati e dittatori, più o meno feroci, sempre piuttosto interessati all’arricchimento personale ed all’instaurazione di vere e proprie dinastie.
Tuttavia non sembra affatto che l’ottimismo mostrato da quasi tutti i commentatori e gli esponenti politici possa essere condiviso, se si guarda in modo obbiettivo alla situazione culturale di quelle popolazioni. E’ frequente il paragone di questi avvenimenti con quanto successo con la caduta dell’impero sovietico. Le varie repubbliche componenti dell’URSS si sono in buona parte rese indipendenti, ma le vie segnate da ciascuna di esse sono state molto diverse fra di loro. I paesi dell’Europa orientale, di cultura e tradizione europea e cristiana, si sono dati dei regimi democratici, come quelli esistenti nel resto d’Europa ed in America.
Per contro, i paesi asiatici, nei quali le culture erano del tutto differenti da quelle europee, si sono date dei regimi formalmente democratici, ma nella sostanza del tutto autocratici, con la presa del potere da parte di gruppi od individui che si comportano esattamente come i “tiranni” deposti od in via di deposizione del Maghreb. Ciò starebbe a significare, a nostro avviso, che la democrazia come noi la intendiamo e cerchiamo di praticare è connaturata alla nostra cultura. Altre culture hanno concezioni politiche completamente diverse, e forse, salvo in qualche strato della popolazione educato in occidente o all’occidentale, del tutto inconciliabili con il nostro concetto di democrazia.
E’ cosa nota che il termine democrazia deriva dal greco δῆμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere, ed etimologicamente significa governo del popolo. Questa concezione politica è nata nella Grecia antica, sull’onda del pensiero filosofico greco, ma con la caduta dell’indipendenza del paese essa venne dimenticata per molti secoli. Anche a Roma, dove nel periodo repubblicano, le cariche pubbliche venivano assegnate per elezione da parte del popolo, con l’avvento dell’impero terminò ogni apparenza di democrazia.
Con molte limitazioni, furono pure democratici i liberi comuni in Italia, ma la cosa durò breve tempo. Poi fu soprattutto in Inghilterra che il concetto tornò ad avere applicazione, sia pur limitata, sull’onda delle ideologie liberali, ed in seguito, grazie anche allo sviluppo delle idee illuministiche, esso trovò, con molte difficoltà, applicazione in quasi tutti i paesi europei e negli USA, e poi anche altrove, p. es. in Giappone.
Dato comunque che il termine democrazia ha un suo innegabile fascino, anche molte vere e proprie dittature, feroci e sanguinose, lo fecero proprio, aggiungendovi dei qualificativi come “democrazia popolare” e simili. Da notare che il termine “democrazia popolare” è decisamente ridicolo dato che significherebbe letteralmente “governo del popolo popolare”. Ciò nonostante il concetto è rimasto nel cuore e nella mente di molti che si definiscono sinceri democratici.
Va comunque ricordato che la concezione greca ha trovato un alleato nella dottrina cristiana. Non va infatti dimenticato che questa dottrina da un lato contiene il principio del libero arbitrio, che lascia l’uomo libero di scegliere come comportarsi, salvo poi subirne le conseguenze nel bene e nel male, dall’altro Gesù stesso ha detto “date a Cesare quel ch’è di Cesare ed a Dio quello che è di Dio”, con ciò affermando la netta distinzione fra lo stato e la Chiesa. Che poi, per molto tempo, la Chiesa abbia trascurato questo insegnamento e si sia comportata in modo tale da accentrare o tentare di accentrare in sé il potere religioso e quello politico (dalla falsa “donazione di Costantino” alla lotta per le investiture ed altro), non toglie in alcun modo validità all’affermazione evangelica.
Al contrario altre culture non conoscono questa separazione fra Stato e Religione, né il diritto dei singoli di scegliere liberamente. Per esempio l’islamismo addirittura afferma che la parola di Dio, rivelatasi nel Corano, è suprema legge non solo morale ma politica, e che pertanto lo stato non può che essere la manifestazione mondana di quella volontà, negando il diritto del singolo di esprimere le proprie opinioni se non collimano con quella, superiore, della religione e negando altresì l’uguaglianza degli esseri umani (uomo/donna e credente/infedele). Sembra quindi che, almeno nel caso dell’islamismo, non sia possibile immaginare una vera democrazia, se non sprofondando nell’eresia o addirittura nel sacrilegio.
Supposte vere queste affermazioni, quali speranze si possono avere che i movimenti in corso nei paesi dell’Africa Settentrionale possano avere uno sbocco sia pur parzialmente democratico? L’esempio dell’Iran, che a suo tempo inscenò una rivoluzione per cacciare lo Scià, considerato il despota di turno e che fu salutato da molti come un esempio di come il popolo possa reclamare i propri diritti democratici ed ottenerli, non consente eccessive illusioni sul prossimo evolversi della situazione nei paesi del Maghreb.
Il Bertoldo
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