Il Presidente del Consiglio ha presentato ai partners europei il programma messo a punto dal governo italiano per il risanamento dei conti pubblici e per il rilancio dello sviluppo. Il piano è stato molto apprezzato da tutti gli interlocutori per tutta la serie di riforme e di provvedimenti importanti che esso contiene, e che fanno bene sperare nel successo dell’azione da intraprendere.
Evidentemente i capi di stato e di governo intervenuti, sorrisini di compatimento a parte, non hanno seguito e non seguono con troppa attenzione gli avvenimenti politici italiani. Essi infatti, con toni abbastanza ultimativi, avevano chiesto al governo italiano di presentare un programma per evitare che il nostro paese facesse la fine della Grecia, trascinando nel baratro anche l’euro e quindi le economie degli altri paesi europei.
Eppure il piano, nelle sue grandi linee, era noto già da molto tempo, fin dall’entrata in politica del premier: esso infatti costituiva la base del programma politico del centro destra, presentato pari pari ogni qual volta ci si dovesse cimentare con le elezioni politiche. Purtroppo esso non è mai stato messo in pratica, per motivi che possiamo esaminare più tardi, e quindi ha potuto essere utilizzato – a quanto pare con successo, visti i risultati di molte elezioni – più volte, in sostanza senza cambiare una virgola.
Non è chiaro se fin dalla sua prima presentazione esso rappresentasse le vere intenzioni delle forze di centro destra oppure fosse una specie di appello propagandistico destinato ad accrescere quella che in gergo televisivo si definirebbe la audience: resta il fatto che nulla o quasi di quanto in esso contenuto è mai stato realizzato. Per quali motivi? A nostro parere le ragioni principali furono almeno due.
Innanzi tutto l’opposizione interna al centro destra stesso, segno evidente di scelte sbagliate nelle candidature dei rappresentanti in Parlamento, scelte che, come è ben noto, sono effettuate esclusivamente dalle segreterie dei partiti, che se ne debbono pertanto assumere la piena responsabilità.
L’altro motivo di inazione è stato rappresentato senza alcun dubbio dall’estrema timidezza, per non dire pusillanimità, di chi si era impegnato a realizzare l’innovativo programma. Paura dinanzi all’ovvio rifiuto di ogni modifica di chi avrebbe potuto soffrirne: magistratura, sindacati, burocrazie, ordini professionali, oltre ovviamente alle opposizioni istituzionali eccetera. Il timore di dover rinunciare a posizioni di potere – spesso solo presunto – a comode rendite, al prestigio legato alle cariche occupate, ha fatto sì che bastasse anche solo un accenno di disaccordo per archiviare ogni velleità di riforma. Tutti ricordiamo bozze di provvedimenti governativi completamente snaturate e modificate dallo stesso governo proponente per non urtare nessuno.
Non c’è quindi da pensare che, nei pochi mesi che restano di questa legislatura, sia pensabile che i provvedimenti annunciati vedano la luce. E d’altra parte non sembra che la fine di una legislatura sia il momento più opportuno per approvare provvedimenti severi che in un modo o nell’altro possano urtare qualche strato dell’elettorato. E se poi, alle prossime elezioni, ci fosse un’alternanza, con la vittoria delle sinistre, è quasi certo che anche i provvedimenti eventualmente approvati sarebbero cancellati o per lo meno modificati in modo tale da renderli del tutto vani.
A proposito poi della preoccupazione dei nostri partners – ed in fondo di tutto il mondo finanziario internazionale – circa il rischio che il nostro paese non possa essere in grado di rimborsare l’enorme debito pubblico, il Ministro dell’Economia, on. Giulio Tremonti ha affermato che i timori sono del tutto infondati in quanto la ricchezza privata degli italiani è superiore di almeno cinque volte al debito totale dello stato e degli altri enti pubblici.
Dobbiamo confessare che la dichiarazione del Ministro ci ha lasciati alquanto perplessi. Pensa egli forse che il debito pubblico sarà rimborsato facendo ricorso agli averi privati degli italiani? Se questa fosse la sua intenzione, farebbe meglio a chiarire il concetto, specificando che il suo pensiero sarebbe quello di distruggere la ricchezza privata degli italiani con pesantissime imposte patrimoniali per alleggerire il fardello del debito pubblico e fare bella figura in campo internazionale. In tal caso come pensa che il paese possa svilupparsi e non invece avvolgersi in una perversa spirale di involuzione? Senza considerare le eventuali temibili conseguenze di una simile politica sul piano sociale.
Dobbiamo forse rileggerci la fiaba dell’Apprendista Stregone?
Il Bertoldo
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