L’on. Pierluigi Bersani, noto per il suo refrain “Berlusconi deve andarsene” che è diventato il centro del suo innovativo programma politico, sta ultimamente manifestando i sintomi di una grave crisi di astinenza. Nell’impossibilità di ottenere la realizzazione del suo sogno – finora presentato come auspicio di unire le “forze sane” del paese – e seriamente contestato all’interno sia del proprio partito che della sua coalizione, è uscito finalmente allo scoperto, dichiarando di essere pronto ad assumersi personalmente la responsabilità di guidare il paese fuori dalla crisi che attanaglia tutto il mondo e specialmente l’Europa. Non è chiaro se abbia capito, sia pure in maniera approssimativa, di quale stoffa siano i problemi che egli crede di essere in grado di risolvere e del resto, se lo ha capito, perché non espone al paese intero il suo programma?
Appare evidente che questi sono solo ni sintomi di una grave crisi di astinenza dal potere. Il Bersani infatti fin da giovanissimo, militante dell’allora PCI, ricoprì cariche in molte entità politiche: da presidente di una comunità montana a presidente di regione a ministro con il governo Prodi, per approdare poi alla segreteria del PD, ove tuttora siede, seppur su di un seggio assai traballante.
Di qui il desiderio, che difficilmente sarà appagato, di fare il gran salto ed occupare la Presidenza del Consiglio. Che tutto questo nulla abbia a che vedere con il rispetto della norma base della democrazia, consacrata anche nella intoccabile Costituzione, ossia il principio che è delegato a governare, per il tempo fissato dalla legge, soltanto chi ha riscosso la maggioranza dei consensi degli elettori appare evidente. Come risulta chiaro che il potere, vero o presunto, sia una droga “pesante” che conduce a gravi crisi di astinenza, quella stessa di cui è attualmente vittima il nostro.
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Sempre il nostro Bersani, come si è detto, è attualmente sotto attacco dei cosiddetti “rottamatori” guidati dal sindaco di Firenze Matteo Renzi. Questi ultimi chiedono che i dinosauri della politica si facciano da parte e si inauguri una nuova stagione con facce e mentalità nuove che facciano uscire il PD da quella sorta di ghetto in cui si è cacciato da solo. Bersani ha ostentatamente dichiarato che questo movimento di contestazione nasce vecchio, con idee che risalgono agli anni ’80. Il poveretto non si è accorto che anche l’adozione di criteri risalenti agli anni ’80 rappresenterebbe un notevole passo avanti rispetto alle ideologie vetero staliniste del PD, risalenti agli anni ‘50/’60, con gli autunni caldi, gli appelli alla piazza, l’ossessione delle alte tassazioni, il togliere ai ricchi non per dare ai poveri ma per dilapidare le ricchezze prodotte dai cittadini.
D’altronde non ci si può aspettare che persone in politica da molti decenni, a tutti i livelli, possano accettare di professare idee nuove e che siano capaci di capire un mondo così diverso da quello nel quale sono cresciuti e che ha permeato non solo le loro menti ma ha condizionato – in modo molto positivo per loro, ahimè – la loro carriera.
Il Bertoldo
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