30 novembre 2011

Domande

Da qualche tempo si fa un gran discutere sui vitalizi ai parlamentari. Chi li vuole eliminare (però solo per i nuovi per via dei diritti acquisiti), chi invece li vuole modificare in mille modi, chi infine – i parlamentari stessi – fanno melina e cercano di portare avanti la discussione in modo che non si prenda alcuna decisione.
Personalmente riteniamo che non sia giusto abolire del tutto questo istituto: per quale motivo chi ha lavorato (?) magari per molti anni al servizio del popolo sovrano non dovrebbe aver diritto ad un trattamento pensionistico? D’altra parte è necessario riconoscere che la Costituzione proclama solennemente l’uguaglianza dei cittadini, quindi anche i parlamentari dovrebbero godere degli stessi diritti degli altri cittadini, proprio quelli che li hanno eletti, né più né meno.
Dato che sarebbe del tutto improponibile, perché impossibile, estendere ai comuni cittadini il trattamento pensionistico di cui godono i parlamentari (già dopo una sola legislatura di cinque anni un vitalizio pari a quello di un medio dirigente industriale dopo ben quarant’anni di attività), perché non adeguare il trattamento dei parlamentari a quello in vigore per i loro elettori? Iscrizione ad un ente pubblico di previdenza – INPS, ENPAS o altro – metodo contributivo, possibilità di versare contributi volontari, limitazioni di cumulo. Sarebbe così rispettato il principio di uguaglianza e non ci sarebbero più privilegi ingiustificati per nessuno.
o o o o
Altro argomento di vivaci discussioni, con accompagnamento di minacce di scioperi più o meno generali, è la modifica dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, con l’introduzione della possibilità di procedere a dei licenziamenti, salvo che per motivi di discriminazione razziale, sessuale, politica o religiosa. La modifica in questo senso della nostra legislazione ormai viene insistentemente richiesta anche dalla UE e dalla Banca Centrale Europea.
Esiste tuttavia una categoria di cittadini che, art. 18 o no, una volta assunti in servizio, godono della garanzia a vita di conservare il posto: i dipendenti pubblici.
A questo punto, sempre in applicazione del principio di uguaglianza fra tutti i cittadini ci si domanda perché non vengano applicate anche ai dipendenti pubblici le stesse norme in vigore per i dipendenti privati: possibilità di essere messi in mobilità, essere licenziati a seguito di ristrutturazione del servizio od abolizione di determinate dipendenze, usufruire della cassa integrazione, ed avere lo stesso identico trattamento pensionistico per tutti, privati o pubblici.
Forse in questo modo sarebbe più facile far digerire ai lavoratori ed ai loro rappresentanti il provvedimento, illustrando loro come esso in realtà non sia altro che una applicazione rigorosa del dettato costituzionale.
Il Bertoldo

Nessun commento: