14 dicembre 2011

Democrazia?

L’articolo 1 della Costituzione recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” ed in seguito aggiunge: “La sovranità appartiene al popolo…”. Che cosa significa questa seconda disposizione, in relazione a quanto specificato nel primo articolo? A nostro avviso con questa definizione si intende per sovranità il fatto che il popolo è l’unico arbitro autorizzato a decidere le proprie regole e le proprie leggi ed ha il diritto di non essere guidato o quantomeno surrettiziamente retto da chi non ha ricevuto una esplicita investitura dal popolo stesso.
In quale situazione si trova attualmente il nostro paese? In che misura i dettati costituzionali sono in realtà rispettati? E in definitiva, possiamo tranquillamente affermare che l’Italia è una repubblica democratica nel senso definito qui sopra?
Prendiamo innanzi tutto in considerazione la gestione ministeriale. Com’è noto quando si costituisce un nuovo governo dopo le elezioni, la coalizione che ha costituito, prima o dopo le elezioni stesse, una maggioranza parlamentare assegna normalmente gli incarichi di ministro, vice ministro e sottosegretario in base a complicate negoziazioni che tengano conto degli equilibri interni della coalizione stessa e dei partiti che la compongono. Accade normalmente che gli incaricati non abbiano alcuna particolare esperienza del settore di cui, per ragioni squisitamente politiche, devono per forza appoggiarsi allo sterminato esercito di burocrati che, almeno in parte rispettando alcuni principi del ministro, fanno in realtà quello che pare loro. E come tutti sanno i burocrati non sono affatto eletti, ma nominati in forza di un concorso più o meno truccato o di una raccomandazione.
Un’altra categoria che ha un’enorme influenza sulla conduzione degli affari nazionali e giunge addirittura a rifiutare ed in molti casi ad eliminare dalla scena politica alcuni fra gli eletti del popolo che non sono graditi è quella dei magistrati, che notoriamente non sono affatto eletti dal cosiddetto popolo sovrano.
Dobbiamo poi ricordare l’ingiusto prestigio di cui godono i sindacati, al punto che molto spesso i governi, prima di presentare in Parlamento leggi o disposizioni di vario genere ne discutono con le cosiddette parti sociali. In realtà abbiamo ben due curiose situazioni: i sindacati non sono eletti da nessuno, o nella migliore delle ipotesi unicamente dai propri iscritti, e d’altra parte non si vede perché gli iscritti ai sindacati godano in sostanza di due rappresentanze, quella comune a tutti i cittadini e quella relativa al sindacato.
Quindi in Italia abbiamo ben tre categorie di persone - salvo i sindacati tutti dipendenti pubblici - che non essendo stati eletti da nessuno, esercitano una enorme e decisiva influenza sulla nostra vita. Senza parlare naturalmente dei cosiddetti poteri forti.
Per completare il quadro piuttosto desolante dobbiamo ricordare l’influenza e le leggi con valore universale in Europa della burocrazia europea, della Commissione, ed infine dell’autonominatosi direttorio Merkel-Sarkosy: tutte istituzioni che pretendono di dettarci come ci si debba comportare, minacciando sanzioni se non ubbidiamo, e che nessun popolo italiano o europeo del suo complesso ha mai investito di alcun tipo di potere o sovranità.
Come non bastasse, recentemente il Presidente della Repubblica, supremo ed a parole geloso custode della Costituzione, ha pensato bene di costituire un governo senza alcun rappresentante politico – formato esclusivamente da emeriti tecnici, professori ed alti burocrati, nonché da noti esponenti del mondo bancario e finanziario, notoriamente privi di alcun conflitto di interessi – che, con la scusa della crisi che furoreggia in Europa e soprattutto in Italia, prenderanno decisioni molto pesanti e gravide di conseguenze per tutti, senza alcuna investitura democratica.
Se in queste condizioni si possa onestamente affermare che le disposizioni basilari del nostro ordinamento vengono rispettate ed il nostro paese possa definirsi veramente democratico lo decidano i lettori. Noi pensiamo di no.
Il Bertoldo

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