17 gennaio 2012

Il sorprendente cambiamento della Birmania


Dal 1962 la Birmania è governata da una dittatura militare che come tutte le dittature ha basato il proprio potere sulla violenza e sulla repressione. Le prime elezioni si tennero 30 anni dopo il colpo di stato militare condotto dal Generale Ne Win. Era il 1990 e Lega Nazionale per la Democrazia, partito fondato da Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace nel 1991, conquistò oltre due terzi dei seggi dell’Assemblea Costituente. Il Consiglio di restaurazione della legge e dell’ordine di Stato annullò la consultazione, cambiò il nome della nazione da Birmania in Myanmar e fece arrestare Aung San Suu Kyi e altri dirigenti del suo partito. Aung San Suu Kyi trascorrerà in tutto 15 anni in carcere mentre la Giunta Militare continuerà a governare nonostante le pesanti sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti, Canada e Unione europea. Trascorrono altri 20 anni e la Giunta decide di indire nuove elezioni. Ha bisogno di legittimarsi agli occhi dei vicini asiatici con cui spera di riattivare gli scambi commerciali. Siamo a novembre 2010. Aung San Suu Kyi viene tenuta comunque agli arresti domiciliari e liberata definitivamente soltanto dopo le elezioni che vengono boicottate dalla Lega Nazionale per la Democrazia. Sebbene siano state considerate una farsa dalla comunità internazionale, perché sia la legge elettorale che i brogli hanno di fatto assicurato un perpetuarsi del potere militare, le elezioni del 2010 segnano comunque il punto di svolta. Il 31 gennaio del 2011 si riunisce per la prima volta il nuovo Parlamento della Birmania ed entra in vigore una nuova costituzione che segna formalmente la fine di 50 anni di regime militare. In realtà il partito sostenuto dall’esercito, lo Union Solidarity and Development Party (USDP) ha ottenuto il 77% dei voti e un quarto dei seggi è comunque riservato ha esponenti militari. Ma il cambio di direzione è netto e concreto. Non v’è dubbio che molti passi sulla via delle riforme debbano essere ancora fatti e non è scontato che tutto procederà secondo una linea continua ma intanto: ad Aung San Suu Kyi le sono stati restituiti tutti i diritti di cittadina, può viaggiare nel paese e all’estero, incontrare capi di Stato e partecipare alle elezioni. Con due amnistie il Governo ha liberato più di 7000 detenuti, in gran parte incarcerati per reati politici tra cui i membri del movimento Generazione 88, composto da coloro che hanno preso parte alla rivolta degli studenti del 1988. Si stima che al momento ci siano ancora in carcere circa 2000 detenuti politici di cui Aung San Suu Kyi ne sta chiedendo insistentemente la liberazione. La censura preventiva su radio, tv e giornali è stata allentata così come il controllo sulla libertà d’espressione. Il diritto di associazione è stato in parte ripristinato. Il 12 gennaio di quest’anno il governo birmano ha firmato un accordo di cessate il fuoco con i ribelli del Karen con i quali era in corso una guerra fin da quando il paese ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1948. Se questo cessate il fuoco, unito con il ripristino dei colloqui con con le etnie Wa e Mongla, sarà duraturo costituirà un cambiamento storico. In molti ritengono che il governo militare abbia compiuto questa svolta di segno democratico soltanto per convincere la comunità internazionale a togliere le sanzioni economiche sulla Birmania. Se anche così fosse sarebbe un riconoscimento che le sanzioni come strumento di persuasione verso le dittature in qualche caso funzionano e comunque gli effetti positivi delle riforme sono tangibili, qualunque sia stata la motivazione originaria. Le sanzioni per il momento restano inalterate ma come segno di riconoscimento dei cambiamenti effettuati e di incoraggiamento a proseguire su questa strada, il Segretario di Stato americano Hillary Clinton ha effettuato nel paese una storica visita ad inizio dicembre dello scorso anno. Lo stesso ha fatto il ministro degli Esteri inglese, William Hague.
(Via Il Journal)

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