26 gennaio 2012

Italianate

Finalmente anche il cardinale Bagnasco, presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha deciso di impegnarsi a sostegno della linea del governo Monti. Qualche giorno fa ha infatti solennemente dichiarato che “l’evasione è un peccato”: una dichiarazione che susciterà, ed anzi ha già suscitato, commenti favorevoli in tutti gli ambienti. Almeno questa volta non abbiamo assistito alla solita levata di scudi contro le indebite interferenze della Chiesa negli affari politici italiani.
Purtroppo temiamo che l’eminente presule non abbia ben approfondito la questione di cui ha parlato con tanta sicurezza e solennità. Per esempio non ha preso in considerazione il concetto se è giusto che lo stato sottragga alla libera disponibilità dei cittadini – ci riferiamo soprattutto a quelli che lavorano e producono – oltre la metà del frutto del loro impegno.
Ed ancora, non ha detto una parola su coloro che percepiscono dei redditi senza lavorare, fannulloni, politici, pubblici funzionari, pensionati baby, finti invalidi eccetera, in tal modo trascurando ben due affermazioni dell’Antico Testamento: “ti guadagnerai il pane col sudore della tua – non quella altrui - fronte” e “settimo, non rubare”.
Infine non ha speso una parola a proposito di chi, abusando della credulità del popolo che gli ha concesso la propria fiducia, sperpera in maniera scandalosa il frutto del lavoro dei suoi concittadini ed ha la prosopopea di condannare chi cerca di sottrarsi a quella che troppo spesso ha il carattere dell’estorsione.
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Fra le misure per superare la crisi e rimettere in sesto le disastrate finanze del paese si è ventilata l’ipotesi di far sopportare qualche, sia pur lieve, sacrificio anche ai rappresentanti della politica – che sanciscono in tutta tranquillità quanto i cittadini debbano sacrificarsi – riducendo in qualche modesta misura alcuni dei benefici di cui attualmente godono, in particolare sul piano dei vitalizi.
Apriti cielo: un gruppo di parlamentari, che peraltro cerca di mantenere l’anonimato sui nomi dei firmatari (segno che anche fra di loro qualche sentimento di pudore e di vergogna alligna ancora) ha deciso di presentare una protesta, chiedendo l’annullamento dell’infame attentato alla dignità ed ai “diritti acquisiti” dei rappresentanti del popolo sovrano. Chiaro esempio di quanto essi si sentano superiori ai comuni mortali e meritevoli di un trattamento speciale, negato ai propri elettori.
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Giunge notizia che l’INPS, dai mesi di novembre/dicembre, ha sospeso i pagamenti delle pensioni agli italiani residenti all’estero, con una serie di risibili giustificazioni, di cui la più stupida consiste nel motivare i ritardi con ipotetici “problemi burocratici”, come se questi problemi non se li fossero creati gli stessi burocrati. E’ da rilevare la solita asimmetria di trattamento fra lo stato ed i cittadini: mentre lo stato giustifica qualunque violazione dei diritti dei cittadini con i fantomatici problemi burocratici, lo stesso tipo di giustificazione non è tollerata in alcun modo se addotta dal cittadino per giustificare ritardi nell’adempimento dei propri doveri.
A parte queste amare considerazioni, esiste il fondato sospetto che i ritardi siano stati pianificati “in alto” per ridurre l’esposizione di cassa del settore pubblico, tenendo presente che gli italiani residenti all’estero, per ovvi motivi, anche se molto arrabbiati, non possono manifestare davanti a Palazzo Chigi, né bloccare stazioni, aeroporti od autostrade. E d’altra parte essi non possono certamente contare sull’appoggio e la difesa dei sindacati, che non vedono alcun interesse nel sostenere chi, risiedendo all’estero, non può appoggiare le iniziative sindacali in Italia.
Bell’esempio di spregiudicatezza da parte del governo e di grande sensibilità di chi pretende di difendere lavoratori e pensionati.
Il Bertoldo

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