22 febbraio 2012

Corruzione

Il Presidente della Corte dei Conti qualche giorno fa, in occasione della cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha fatto alcune dichiarazioni estremamente interessanti, anche se un po’ deprimenti. Ha infatti affermato che l’ammontare della corruzione in Italia ammonta a qualcosa come sessanta miliardi di euro. Non è chiaro sulla base di quali calcoli e di quali dati egli sia giunto a questa conclusione: se la notizia fosse vera provocherebbe molte considerazioni, tutte evidentemente molto negative.
Innanzi tutto se ci sono dati attendibili in proposito, perché la magistratura, ordinaria, contabile od amministrativa non interviene con maggior determinazione? Va infatti notato che i miliardi che vanno ai corrotti sono pagati dai contribuenti, grazie ad incrementi dei prezzi delle forniture e degli appalti, aumenti ovviamente superiori all’ammontare destinato ai funzionari od ai politici corrotti. Pertanto risulta evidente che il danno erariale è ben superiore al costo della corruzione.
Va poi ricordato che troppo spesso, al fine di poter godere di tangenti, spesso molto corpose, si deliberano lavori od acquisti di forniture del tutto inutili o lasciate inutilizzate. E’ noto a tutti il caso di infrastrutture – scuole, ospedali, centri sportivi, persino strade – che non vengono mai terminati o se terminati non entrano mai in funzione. La magistratura, se pur con scarsi risultati, cerca di arginare il fenomeno della corruzione, ma non si è mai interessata di controllare se le opere deliberate e realizzate fossero interamente finanziate fin dall’inizio, e soprattutto se nel preventivo di spesa fossero già comprese le spese di funzionamento.
Se quanto affermato dal Presidente della Corte dei Conti corrisponde più o meno alla realtà, dobbiamo concludere che l’azione della magistratura in proposito è del tutto inefficiente, altrimenti il fenomeno diminuirebbe, per la quasi certezza di essere scoperti.
Per completare il quadro dobbiamo rilevare una brillante trovata del Ministro della Giustizia, che si propone di presentare un progetto di legge per perseguire anche i casi di corruzione in ambito privato. Lasciando da parte la considerazione che la corruzione è un reato tipicamente riservato ai pubblici funzionari, e quindi l’estensione del concetto anche ai rapporti privati rappresenta un indebito tentativo di mettere sotto controllo anche le attività private, che di loro non portano alcun nocumento alle casse pubbliche – in definitiva un rafforzamento dell’incipiente “stato di polizia” - dobbiamo constatare che una simile legge provocherebbe da un lato un inaccettabile ulteriore aggravio delle condizioni della giustizia, già attualmente del tutto indegne di un paese civile.
D’altro canto, essa si presterebbe ad un ulteriore inasprimento della già esagerata propensione della magistratura alla violazione dei diritti dei cittadini, grazie ad un prevedibile incontrollato aumento delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, non più riservate a supposti reati contro la pubblica amministrazione, ma destinate a forme che, in molti casi, potrebbero essere definite di spionaggio industriale od aziendale. Il tutto con un ulteriore aggravio per le finanze pubbliche che si cerca disperatamente di tenere sotto controllo.
Il Bertoldo

1 commento:

Ben ha detto...

In effetti sono rimasto perplesso anch'io dalla cifra... non riesco a capire quali siano i criteri con cui è stata calcolata... A meno che non si tratti del solito numero sparato a caso per impressionare la gente (è semplice fare il conto su 60 miliardi divisi per 60 milioni di italiani... già se avessero detto 75 miliardi, l'italiano medio si sarebbe trovato in difficoltà! :-P).
Mah...