27 marzo 2012

Non solo casta

In un precedente scritto abbiamo commentato i pericoli che la democrazia corre a causa dell’imperversare nella nostra vita di una classe politica inconsistente, incapace ed avidissima, senz’arte né parte se non la conoscenza e la pratica delle astuzie e dei giochi, tutt’altro che limpidi, di una professione a vita che non si sa bene cosa sia.
E’ tuttavia necessario rilevare che se il paese è da decenni amministrato e gestito da questa deplorevole classe politica professionale ciò non avviene a caso: da un lato essa rispecchia abbastanza quelle che sono le caratteristiche del nostro popolo, almeno nel periodo attuale, e dall’altro essa può mantenersi all’infinito nella sua posizione perché i cittadini continuano abbastanza insulsamente a votarli, forse perché riconoscono in essi i più chiari esempi dell’anima nazionale. E’ quindi ingiusto e scorretto addebitare i nostri problemi e la loro mancata soluzione solo alla incapacità dei politici: una gran parte della responsabilità risiede anche in chi non solo li tollera ma addirittura li incarica di occuparsi della cosa pubblica.
Se questa situazione è deplorevole, in definitiva essa è in qualche senso voluta o quanto meno tollerata dagli italiani d’oggi. Ma il problema veramente preoccupante è che l’apatia – limitata al mugugno costante, ma incapace di qualunque iniziativa per porre rimedio al guaio – rischia di ripercuotersi sui giovani, sui nostri figli e nipoti, che in questo andazzo non potranno che adeguarsi, abituarsi a questa decadenza civile e morale, e forse, alla fine, peggiorarne ancora le negative conseguenze. Occorre reagire, cercare la forza di uscire da questa situazione, anche a costo di rinunciare alle comodità del non impegno e ad assumersi i rischi che qualunque azione di questo genere di norma comporta.
Purtroppo non sembra che ci siano molte speranze che un sussulto del genere possa aver luogo: abbiamo constatato che neppure la nomina abusiva e del tutto antidemocratica di un governo sedicente “tecnico”, una impressionante raffica di nuove tasse, una serie di provvedimenti del tutto assurdi e comunque sempre punitivi, il mantenimento per contro di tutti i privilegi dei politici e della burocrazia, inefficiente e parassitaria, hanno risvegliato il minimo cenno di opposizione se non di rivolta. Nessuno vuole prendersi l’onere di organizzare una seria protesta, salvo quanto sta facendo la CGIL, per stretti interessi di bottega, contro l’unico provvedimento ragionevole, quello per l’ammorbidimento (guai a parlare di abrogazione) del famigerato articolo 18.
Con questi esempi, con una scuola del tutto incapace di formare una gioventù capace di svolgere un ruolo attivo nella società, con facoltà universitarie del tutto inutili e fantasiose (scienze dell’informazione, della pace, della mediazione culturale e simili cretinerie), studiate solo per fornire un posto ed uno stipendio a torme di sedicenti docenti, falliti della vita, come possiamo sperare che prima o poi una situazione così degradata venga corretta da una ritrovata coscienza civica? Occorre veramente un completo mutamento generazionale, una vera e propria pacifica rivoluzione che tocchi tutti gli aspetti culturali, comportamentali, etici della nostra gente.
Il Bertoldo

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