17 aprile 2012

Il concetto di “sacrificio” vale solo per i ceti produttivi. Non vale per la casta, che ai privilegi non rinuncia

quando il fisico di una persona è sottoposta a stress motorio, magari per una corsa, il cuore accelera il suo battito per pompare più sangue nelle zone periferiche, più soggette alle sollecitazioni della stanchezza e dunque maggiormente bisognose di ossigeno. Se il meccanismo anziché dirottare ossigeno verso quelle zone le dirottasse nelle zone del fisico inutilizzate nello sforzo (magari le mani), allora il nostro corpo probabilmente verrebbe danneggiato e cadrebbe a terra. Lo stesso accade in una società. Quando la crisi morde, lo Stato deve ossigenare i settori vitali, quelli che producono, quelli che sostengono la società, e per farlo deve tagliare le spese in quei settori non essenziali o meno essenziali. Che senso ha, dunque, pagare un direttore generale 400.000 euro all’anno, quando il 70% di quel denaro può essere dirottato per sostenere un imprenditore che dà da lavorare a 10 o 20 dipendenti? Che senso ha pagare 500 milioni di euro ai partiti politici, quando quei soldi potrebbero ben essere utilizzati per alleggerire il carico fiscale sulle imprese o sul lavoratore o su entrambi?
L'articolo

(Via FalceMartello)

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