21 aprile 2012

Pubblico e Privato

Se si chiede a qualcuno se ci sono differenze fra il settore pubblico e quello privato, è estremamente probabile che la quasi totalità degli intervistati dia una risposta affermativa ed aggiunga con sicurezza di avere ben chiara la distinzione. I compiti che spettano all’uno sono diversi e ben distinti da quelli dell’altro, anche se poi non sempre si hanno idee molto chiare in materia.
In estrema sintesi si può dire che al privato spetta il compito di produrre e di prendere cura di sé e della propria famiglia ed il dovere di rispettare la libertà ed i diritti del suo prossimo. Al settore pubblico spetta il compito di assicurare quei servizi alla comunità che non possono essere svolti dal settore privato: difesa contro i nemici interni ed esterni, ordine pubblico, amministrazione della giustizia, rapporti con l’estero, emissione e gestione della moneta, emanazione delle (possibilmente poche) regole fondamentali necessarie per assicurare la pacifica e proficua convivenza dei cittadini.
Come si vede, le sfere di influenza dei due settori sono, in linea di principio, ben delimitate e non dovrebbero essere ammesse intrusioni di un settore nei compiti dell’altro. Sarebbe infatti inammissibile anche da un punto di vista concettuale che un privato pretendesse di farsi giustizia da sé o di emettere moneta, eccetera. Analogamente il settore pubblico dovrebbe astenersi nella misura del possibile dall’interferire nelle prerogative e nei diritti dei soggetti privati. Sfortunatamente è invece proprio ciò che accade in misura sempre crescente.
Nel nostro paese lo Stato (il settore pubblico per eccellenza) si trova nella totale incapacità di eseguire i propri compiti: la giustizia è in uno stato indegno di un paese di cannibali, l’ordine pubblico non è affatto tutelato – intere regioni sono in mano alla malavita “organizzata” e quella “disorganizzata” domina nelle altre – la sovranità sulla moneta è stata ceduta ad un organismo internazionale dominato da soggetti che non ci appartengono.
Tuttavia lo Stato stesso, in ossequio a nebulose e speciose concezioni di solidarietà si è inventato lo “stato sociale” ed ha deciso – normalmente con risultati del tutto incongrui e deludenti – di occuparsi dei cittadini “dalla culla alla tomba”, rivendicando in esclusiva per sé compiti che dovrebbero invece essere di esclusiva spettanza dei cittadini. Ciò comporta naturalmente alcune conseguenze del tutto negative: da un lato si diseducano i cittadini dall’assumersi le proprie responsabilità, e quindi a considerare come diritti quelli che al contrario dovrebbero essere i loro specifici doveri, dall’altro, per far fronte a questi nuovi compiti, si aumentano a dismisura le necessità di denaro della pubblica amministrazione, che attinge senza scrupoli sia alla ricchezza privata, grazie a prelievi fiscali esorbitanti e del tutto fuori controllo sia ad un ricorso insensato all’indebitamento esterno.
Naturalmente, al fine di reperire forzosamente nelle tasche dei cittadini i fondi necessari a questa sua vera e propria “invasione di campo”, soprattutto in presenza di una certa riluttanza degli investitori interni ed esterni a sottoscrivere titoli di stato, si è instaurato un vero e proprio stato di polizia, per ora quasi soltanto tributaria, e si sono incredibilmente rovesciati quelli che sono da sempre i principi fondamentali del diritto. Nessuno è più al sicuro da pesanti intrusioni nella propria vita privata, siamo continuamente spiati in ogni nostra attività, privata o pubblica che sia, siamo spogliati della maggior parte del frutto del nostro lavoro.
Ma ciò che è peggio, ai fini di una corretta e pacifica convivenza sociale – come si è detto uno dei cardini dell’attività tipica del settore pubblico – siamo in sostanza ritenuti tutti possibili criminali, evasori, mentitori, corrotti e corruttori, lasciando di volta in volta al cittadino l’onere di dimostrare il contrario, cosa troppo spesso non solo difficile ma praticamente impossibile.
In altre parole quello che ci viene continuamente sbandierato come uno stato fondamentalmente “liberale” e “democratico” rivela sempre più il proprio carattere illiberale, assolutista ed irrispettoso dei diritti fondamentali dei cittadini, uno stato che ritiene di poter disporre non solo delle ricchezze dei cittadini, frutto normalmente del loro lavoro, ma di influire pesantemente anche in ogni aspetto della loro vita privata, perché lo stato, come Supremo Ordinatore, è per definizione infallibile. In definitiva ci stiamo avvicinando sempre più a quelle forme di stato sperimentate in svariati paesi, che la storia ha inesorabilmente bocciato. Vogliamo anche noi seguire la stessa strada per raggiungere lo stesso risultato? Il Bertoldo

Nessun commento: