L’ultimo governo
Berlusconi, nato con una maggioranza assolutamente inedita nei due rami del
Parlamento – frutto dell’insoddisfazione nei confronti del precedente governo
Prodi rimasto in carica meno di due anni – si era presentato all’elettorato con
un interessante programma di riforme. Ne citiamo alcune: riduzione a due sole
aliquote per l’IRPEF, abolizione delle provincie, riforma della pubblica
amministrazione, riforma della magistratura, attuazione del federalismo
fiscale, riforma della scuola, riduzione del numero dei parlamentari ed
eliminazione del bicameralismo perfetto, privatizzazioni, eccetera.
Purtroppo, per la mancanza
di coesione della maggioranza ed il numeroso gruppo di “disertori” quasi nulla
fu realizzato, e quel poco molto annacquato. La crisi mondiale fece il resto:
attacchi speculativi con conseguente spread alle stelle, boicottaggi di vario
genere, anche da parte della Presidenza della Repubblica, spinsero il governo a
dimettersi prima della fine del mandato.
A questo punto il
Presidente, di fronte all’impossibilità di costituire in Parlamento una nuova
maggioranza e scartata l’ipotesi democratica di indire nuove elezioni – con la
giustificazione della grave crisi incombente – e su ispirazione (o direttiva?)
della UE, a sua volta dominato dalla Cancelliera tedesca, decise di fare
ricorso ad un “governo di tecnici”, costituito da banchieri, professori
universitari essi stessi legati al mondo delle banche ed alti funzionari dello
stato. Compito di questo governo avrebbe dovuto essere quello di raggiungere il
pareggio di bilancio entro il 2013, rilanciare lo sviluppo, realizzare alcune
riforme urgenti ed indispensabili.
Purtroppo questi “tecnici”
non sembra fossero al corrente di una realtà nota a tutte le massaie: quando le
spese superano le entrate, si può riportare il bilancio in equilibrio agendo
sul lato delle entrate – se ciò è possibile senza ricorrere alle rapine –
oppure, come avviene normalmente, agendo sul lato delle spese. Per nostra
sfortuna i “professori” scelsero la strada della rapina, con una inaudita
sventagliata di nuove tasse, senza minimamente toccare la spesa, troppo spesso
parassitaria, inutile ed improduttiva.
Per una curiosa
coincidenza, i provvedimenti presi dal nuovo democratico governo non
costituiscono per niente una novità per noi italiani: essi ricalcano la
politica del Sottosegretario Visco del non compianto governo Prodi, incaricato
del settore finanze. Ne ricordiamo alcuni: imposta patrimoniale sulle case,
abolita, almeno per quanto riguarda le prime case, dal governo Berlusconi;
liberalizzazioni limitate ai tassisti, farmacisti e professioni liberali
(riforme sostanzialmente abortite in entrambi i casi); divieto assoluto di
utilizzare il contante su ogni transazione superiore ad una modestissima cifra;
tracciabilità di tutti i movimenti finanziari dei cittadini; accento posto in
maniera ossessiva sulla lotta all’evasione; aumento delle imposte.
Come si ricorderà, furono
proprio questi provvedimenti una delle cause della sconfitta delle sinistre
alle elezioni del 2008. Si dirà che i “tecnici” non partecipano alle elezioni,
ma non sembra una buona ragione per seguire le orme degli sconfitti, gettando
l’intero paese in una gravissima recessione dagli esiti molto incerti.
Com’è VISCOso il rapporto
fra “tecnici” e politici di sinistra!...
Il Bertoldo
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