18 giugno 2012

Compito


Alcuni giorni fa il Presidente del Consiglio, intervenuto ad un convegno a Palermo, ha testualmente affermato: “Il rigore dei conti pubblici, lo dico a scanso di equivoci, non è in discussione. Questa deve essere una convinzione radicata in tutti i paesi. Dobbiamo essere grati a chi ha tracciato la strada. E’ il caso della Germania”. Ed ha aggiunto: “Le istituzioni europee hanno agito in modo tardivo, miope e unidirezionale”. Queste dichiarazioni meritano certamente alcuni commenti.
Ricordiamo che poco più di sei mesi fa il Presidente della Repubblica diede l’incarico al professor Monti di costituire un governo di tecnici con il preciso incarico di mettere in atto tutto quanto da essi ritenuto necessario per far uscire l’Italia dalla grave crisi nella quale si trova da vario tempo, crisi resa manifesta ed aggravata dal continuo aumento dello “spread”. In definitiva si trattava di favorire una ripresa dell’economia che ridesse fiducia agli investitori internazionali, sia grazie ad un riordino dei conti pubblici sia grazio al rilancio dei consumi e della produzione.
Il nuovo governo, formato da esimi professori, banchieri, alti funzionari pubblici, tutti privi di esperienze politiche, interpretò l’incarico come l’autorizzazione a sperimentare sul corpo del paese strane teorie suggerite (o piuttosto quasi imposte) dalla Germania, potenza egemone in Europa. Quindi venne assunto come impegno prioritario il raggiungimento in tempi brevissimi del pareggio di bilancio. E ciò attraverso un generalizzato e pesante aumento dell’imposizione fiscale, cui peraltro non ha fatto riscontro alcun provvedimento di revisione dell’enorme spesa pubblica, troppo spesso inutile e parassitaria.
Inoltre, come dimostra la citazione del premier riportata in apertura, non fu possibile ottenere dalla Cancelliera l’accettazione delle necessarie modifiche alla struttura di un’area monetaria comune: nuovi più ampi poteri alla Banca Centrale, emissione di bonds comunitari, immissione di liquidità nel sistema per favorire lo sviluppo, eccetera. Peraltro, al fine di salvare alcuni paesi il cui tracollo avrebbe potuto causare la fine dell’area euro, fu deciso, in mancanza dei necessari interventi della Banca Centrale e della garanzia comunitaria ai debiti sovrani dei paesi aderenti all’area, un importante intervento finanziario dei singoli paesi. Per l’Italia il gravame fu di molte decine di miliardi di euro, pur in presenza di un forte debito pubblico.
La cura, com’era prevedibile anche dai comuni mortali, ma non dai nostri governanti “tecnici”, più convinti delle teorie che studiosi della realtà (“val più la pratica della grammatica” recita un notissimo proverbio) non fece che aggravare la malattia. La crisi si trasformò rapidamente in aperta recessione e l’incremento delle imposte si è tradotto in una seria diminuzione delle entrate fiscali, conseguenza del fatto che le risorse del paese che produce e lavora vengono sperperate per finanziare una spesa pubblica improduttiva e per gratificare le mire egemoniche e tutt’altro che solidali della Germania.
In conclusione si deve per forza constatare che il governo nominato dalla Presidenza della Repubblica al di fuori delle norme costituzionali ed in nome della grave emergenza ha completamente disatteso il compito affidatogli, ha dimostrato totale incompetenza ed incapacità ed ha preferito seguire pedissequamente le istruzioni di un governo straniero, disinteressandosi completamente di agire nel solo ed esclusivo interesse del proprio paese.
La maestrina sarà soddisfatta: il compito a casa è stato svolto esattamente come lei voleva, per la maggior gloria ed il maggior benessere del Reich.
Il Bertoldo

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