12 luglio 2012

Elezioni


Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in uno dei suoi quotidiani, e non sempre originali, interventi ha perentoriamente invitato (o forse sarebbe meglio dire ordinato) i Presidenti delle Camere a darsi una mossa per varare una nuova legge elettorale, data la scarsa accettazione e democrazia del cosiddetto “porcellum”.
Naturalmente i Presidenti di Camera e Senato si sono affrettati ad allinearsi al dettato presidenziale ed hanno assicurato che ogni cura e precedenza sarà posta affinché, prima delle prossime elezioni, sia varata una nuova legge elettorale più rispondente alla necessità di far perlomeno credere agli elettori che “la sovranità appartiene al popolo”, come recita la sacra Costituzione.
Anche quasi tutti i partiti, grandi e piccoli, hanno applaudito l’intervento presidenziale e ciascuno ha fatto a gara per far conoscere al mondo di essere stato il primo a porre il problema ed a formulare brillanti proposte per un più corretto coinvolgimento dei cittadini nella scelta dei propri rappresentanti. E qui si sono sprecate le più svariate ipotesi, in generale non particolarmente originali, in quanto ispirate al passato od ai sistemi in uso in altri paesi. Legge elettorale alla francese (doppio turno, come nelle amministrative), alla tedesca (parte maggioritaria e parte proporzionale), alla spagnola, all’israeliana, con o senza premio di maggioranza, preferenze sì o preferenze no, e chi più ne ha più ne metta.
Non è mancato evidentemente, chi ha nostalgicamente proposto di tornare alla proporzionale pura, che tanta soddisfazione ha dato alla Democrazia Cristiana in passato, lasciando agli eletti il compito di scegliere con chi allearsi e quale programma attuare, con tanti saluti alla sovranità popolare.
Non mancano i partiti che propongono una sorta di istituzionalizzazione delle primarie, considerandole un elemento indispensabile della democrazia.
Non è chiaro come, fra tante proposte formulate non da coalizioni ma da singoli partiti, sarà possibile in tempi brevi mettere insieme una proposta ragionevole, chiara ed accettabile da una maggioranza parlamentare. A noi sembra che, prima di occuparsi di formulare una nuova legge elettorale, che ciascuno propone nella speranza di esserne avvantaggiato, sarebbe necessario dedicarsi ad un sincero e completo esame degli scopi che si vogliono ottenere, tralasciando evidentemente gli interessi personali.
Pensiamo infatti che, prima di definire le modalità con le quali dovranno svolgersi d’ora in poi le elezioni, al fine di rendere il paese più seriamente ed onestamente governabile e soprattutto perché la sovranità popolare non sia una vuota e forse derisoria espressione retorica, sarebbe necessario apportare alcuni sostanziali ritocchi alla Costituzione, integrandoli con apposite disposizioni di legge.
Innanzitutto è da ritenere urgente che venga eliminata la disposizione costituzionale dell’art. 67 che recita “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Non si capisce per quale motivo un parlamentare eletto nelle liste di un partito possa poi disconoscere il voto e quindi la fiducia degli elettori e passare ad altro schieramento. Chi non se la sente più di condividere le scelte del partito che lo ha fatto eleggere può liberamente uscire dal suo gruppo, ma dovrebbe anche lasciare obbligatoriamente il suo incarico parlamentare: in una parola deve dimettersi.
In secondo luogo non è più ammissibile che un qualsiasi rappresentante della classe politica sieda in Parlamento ininterrottamente per decenni. Tanto per citare qualche esempio, basti ricordare il recordman assoluto Andreotti, e poi Fini, Bersani, Casini e cento altri. E’ a nostro parere necessario che venga posto un limite al numero di legislature concesso, ed una volta terminato l’incarico deve essere assolutamente vietata la possibilità di ricoprire qualsiasi incarico, gratuito o retribuito, in società od enti a partecipazione pubblica.
Infine, com’è già stato deciso dal popolo “sovrano”, ma poi del tutto disatteso dalla classe politica nella sua interezza, deve essere eliminata qualsiasi forma di finanziamento pubblico ai partiti, sotto qualunque fantasiosa definizione. Un partito, se ha una sia pur modesta accettazione fra il pubblico, provveda a finanziarsi direttamente presso i propri simpatizzanti, come avviene in altri paesi.
A questa proposta vengono abitualmente fatte due obiezioni. Innanzi tutto si dice che in questo modo sopravvivranno solo i partiti dei ricchi: una grande sciocchezza, dato che innumerevoli associazioni benefiche, e gli stessi sindacati non ricevono sussidi se non eventualmente a fronte di prestazioni. D’altra parte si afferma anche che un finanziamento proveniente da privati condizionerebbe pesantemente, in senso a loro favorevole, le decisioni politiche. Purtroppo anche in questo caso l’obiezione non ha senso: oggi molte decisioni politiche vengono prese a seguito di “contributi” da parte dei privati, solo che, anziché alla luce del sole essi prendono la forma di corruzione, spesso non a favore del partito ma per arricchimento personale. Ed a nostro parere è ora di apportare un po’ di trasparenza e di chiarezza.
Il Bertoldo

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