09 novembre 2012

PIL


Da molto tempo la parola PIL, che significa Prodotto Interno Lordo, è una delle più usate dai mezzi di comunicazione, nei dibattiti politici, dai commentatori economici, dai componenti del governo, nelle conversazioni di argomento economico e politico.
Ma prima di azzardare alcune considerazioni in merito vale la pena di ricordare cosa si intende per PIL. Senza stare a sottilizzare sulle finezze della scienza statistica ed economica, il PIL rappresenta in sostanza, com’è implicito nella espressione stessa, il valore di tutta la produzione del paese, valutata a prezzi di mercato.
Ma nel paese si produce non solo alla luce del sole: esiste, com’è noto, anche una economia cosiddetta “sommersa”. Quindi, al fine di dare un quadro più preciso della situazione, occorre tentare una valutazione di questa economia sommersa. E qui sorgono le prime difficoltà. Come si può valutare l’economia sommersa? Ed in cosa consiste? Evidentemente non si può pensare che essa consista solamente nei bar e nei parrucchieri che non rilasciano lo scontrino fiscale, come talvolta cercano di farci credere. Ben più rilevanti sono di certo quelle attività para industriali che producono beni senza risultare da nessuna parte, con personale in “nero”, eccetera.
Ma due altri importanti settori sono costituiti da tutte le attività illegali: contrabbando, traffico di droga, estorsione, prostituzione e simili. Ed infine, voce assai rilevante, la corruzione, che dall’Istat viene stimata in circa sessanta miliardi annui. Infatti il corruttore non può che usare somme sottratte all’occhio del fisco ed il corrotto ovviamente si guarda bene dal dichiarare quanto ha illecitamente percepito.
Fatte tutte queste precisazioni, la quota di economia sommersa viene valutata, dalla Corte dei Conti e dall’Istat in circa 200/250 miliardi annui. Altri propongono valori diversi, in genere superiori. Va rilevato che, come si è detto all’inizio, l’effettiva entità di questa voce non può che essere ignota; ne consegue che, se i ragionamenti formulati per stabilirne l’ammontare hanno qualche parvenza di attendibilità, più essa è grande più cresce formalmente il valore del PIL, con generale soddisfazione. In ogni modo abitualmente, al calcolo dell’economia “regolare” si aggiunge un 15/20% di “sommerso”.
Ma c’è un altro punto evidentemente di difficile soluzione. Mentre è relativamente facile (per modo di dire…) stimare il valore di mercato dei beni e servizi prodotti annualmente (case, autovetture, abiti, scarpe, generi alimentari eccetera), qual è il valore di mercato dei servizi forniti dalla pubblica amministrazione? Esso non è affatto valutabile in modo obbiettivo. Quindi, per convenzione generalmente accettata, si considera che esso sia pari al suo costo.
Ed ecco spuntare una imprevista difficoltà. Se, a seguito di una riorganizzazione operativa e normativa fosse possibile ridurre, a parità di efficienza (e quindi di servizi forniti) o addirittura ad efficienza aumentata, il costo dell’amministrazione di una quota anche rilevante, se ne otterrebbe teoricamente una diminuzione del PIL, pur di fronte ad un considerevole risparmio di risorse pubbliche.
Se invece, al contrario, per svolgere le stesse identiche attività, si procedesse a nuove numerose assunzioni di personale – con tutte le spese connesse, affitti, arredi, costi telefonici, riscaldamento eccetera – si otterrebbe, a fronte di un pesante aumento dei costi pubblici, un ingiustificato incremento del PIL, con generale soddisfazione dei pubblici amministratori, anche se con un peso aggiuntivo sulle spalle dei cittadini contribuenti ed a costo di una possibile grave recessione.
Volendo essere un po’ maliziosi si potrebbe sospettare che alla riluttanza a tagliare i costi della pubblica manifestata dall’attuale governo (come del resto anche dai precedenti) non sia estranea la preoccupazione di veder diminuire il PIL ufficiale. E forse l’insistenza sul problema dell’evasione, che viene presentata come un fenomeno in crescita – cosa del resto comprensibile considerata la riconosciuta proporzionalità fra evasione ed alto prelievo fiscale – è forse legata alla possibilità di ritoccare la quota di sommerso inclusa nel PIL per controbilanciare gli effetti negativi di una eventuale riduzione della spesa pubblica.
Queste riflessioni, per forza di cose molto sintetiche, mostrano quanto siano discutibili tante serissime affermazioni sull’andamento dell’economia nazionale e sul costo della pubblica amministrazione basate  sul PIL o sul rapporto “debito/PIL” o ancora su quello “prelievo fiscale/PIL”.

Il Bertoldo

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