16 gennaio 2013

Elezioni


Manca ormai poco più di un mese alla data fissata per la chiamata dei cittadini alle urne, come pomposamente si è soliti definire il giorno delle elezioni (l’election day per i seguaci del Professore, usi alla terminologia anglosassone).
Dobbiamo confessare che, con la classe politica che ci troviamo e con i deplorevoli personaggi che la incarnano, l’espressione citata ci ricorda che – per dirla col poeta – il cittadino  “poca gioia ha dell’urna”…
Da ben otto anni alle elezioni politiche si vota con una legge voluta dall’allora ministro Roberto Calderoli, che fu tanto soddisfatto del proprio lavoro da definirla pubblicamente “una porcata”. Cogliendo al balzo la definizione del suo autore, la legge venne subito ribattezzata “porcellum”. In sostanza la legge conferisce alle segreterie dei partiti di stabilire chi dovrà essere eletto, attraverso la costituzione di liste bloccate che definiscono anche l’ordine di priorità di ciascun candidato. L’unica alea è costituita dal numero di voti che ciascun partito potrà ottenere.
In realtà si tratta di una legge che rende del tutto inutile e addirittura controproducente l’esistenza del Parlamento: in fondo basterebbe fare i conteggi di quale percentuale tocca a ciascun partito, e poi decidere ogni cosa fra i segretari dei partiti, in base ai millesimi di ciascuno come nelle riunioni condominiali. Il risparmio per le casse pubbliche sarebbe gigantesco e cesserebbe il fenomeno della transumanza di parlamentari da un partito all’altro.
Battute a parte, il porcellum è sempre stato deprecato dai partiti (che a suo tempo l’hanno approvato) che ne hanno sempre sottolineato la sostanziale mancanza di democraticità, in quanto agli elettori è sottratto il potere di esprimere le proprie preferenze. L’obiezione sarebbe valida se non fosse che in realtà, anche se al cittadino fosse lasciata la facoltà di scegliere, sempre fra i prescelti dalle segreterie dovrebbe farlo. E per di più grazie a quella disposizione costituzionale che esclude per i parlamentari ogni vincolo di mandato, che gli eletti lo siano per volontà del partito o per volontà degli elettori, nessuna garanzia esiste che essi non tradiscano la fiducia che in essi è stata riposta.
Come si è ricordato il porcellum ha ormai otto anni, i partiti a parole lo aborriscono, auspicano una legge elettorale più “democratica”, ma in realtà, in tutto questo tempo, a parte un profluvio di parole, si sono ben guardati dal modificarlo e dal sostituirlo con una legge più corrispondente a quanto – sempre a parole – essi proclamano in continuazione. In realtà i partiti si trovano benissimo nella situazione attuale, che conferisce loro un potere che non si sarebbero mai sognati di avere e che consente loro di proteggere e perpetuare – in modo assolutamente legale, si badi bene – i privilegi e l’esistenza stessa della decrepita ed inetta “casta”, com’è ormai uso definire la classe politica (ed anche quella burocratica, che con essa attivamente interagisce).
Quando potremo finalmente “aver più gioia dall’urna”?
 Il Bertoldo

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