21 gennaio 2013

Modesti errori


La Banca d’Italia ha recentemente reso pubbliche le sue previsioni sull’andamento dell’economia italiana per l’anno appena iniziato. Non si tratta di previsioni molto  lusinghiere: il PIL dovrebbe diminuire di un altro 1%, la disoccupazione potrebbe raggiungere il 12%, contro l’8,5% a fine novembre 2011, aumenteranno le aziende che saranno costrette a chiudere i battente od a dislocare le proprie produzioni in paesi meno esosi. Si tratta insomma di una tacita ma energica critica alla conduzione del paese nell’ultimo anno, fatta sulla base della normativa esistente: rebus sic stantibus direbbe un Accademico.
A dare manforte a questa interpretazione abbiamo alcune dichiarazioni, cui peraltro non è stata data molta pubblicità, di Christine Lagarde, Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale, nelle quali, scusandosi per l’errore commesso, conferma la gravità della crisi generale e dichiara che la scelta di adottare un criterio di estremo rigore non è stata una buona scelta ed ha aggravato una situazione già abbastanza compromessa  di suo.
Sempre a caccia di facili consensi, tutte le formazioni politiche, anche quelle che non l’avevano ancora fatto, si sono allineate a tanto autorevoli pareri. La riduzione del prelievo fiscale, la necessità delle necessarie riforme (quali? E’ un segreto molto ben custodito), l’attenuazione del rigore eccessivo, eccetera, sono diventati i cavalli di battaglia di tutti i politici impegnati in campagna elettorale. Anche coloro che avevano votato in Parlamento le severe leggi, persino colui che vedeva la luce in fondo al tunnel e che non la scorge più, si sono allineati.
La giravolta non stupisce affatto: fa parte degli usi e costumi dei politici, specialmente quelli nostrani, che in tal modo hanno dimostrato una volta di più la propria totale inconsistenza, incoerenza e mancanza di serietà. Ma c’è un punto che vale la pena di chiarire, anche se la domanda che faremo è assolutamente retorica e non tale da provocare una qualsiasi risposta.
La Banca d’Italia, l’UE, il Fondo Monetario, la BCE, persino le Associazioni Artigiani, fra cui si distingue quella di Mestre, redigono e pubblicano periodicamente degli studi di previsione dell’andamento dell’economia. Perché nessuna delle forze in campo, che troppo spesso ricevono corposi finanziamenti pubblici, si è neppure sognata di predisporre e presentare un quadro previsionale di come si svilupperebbe l’economia e lo stato del paese qualora venissero attuate le proprie proposte programmatiche? Forse perché sanno che il risultato sarebbe molto deludente. E poi, chi può pretendere da simili personaggi un comportamento serio e coerente e che abbiano il coraggio di dimostrare la fondatezza delle proprie chiacchiere? Neppure i sobri accademici osano cimentarsi in una simile prova.
 Il Bertoldo

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