La Banca d’Italia ha
recentemente reso pubbliche le sue previsioni sull’andamento dell’economia
italiana per l’anno appena iniziato. Non si tratta di previsioni molto lusinghiere: il PIL dovrebbe diminuire di un
altro 1%, la disoccupazione potrebbe raggiungere il 12%, contro l’8,5% a fine
novembre 2011, aumenteranno le aziende che saranno costrette a chiudere i
battente od a dislocare le proprie produzioni in paesi meno esosi. Si tratta
insomma di una tacita ma energica critica alla conduzione del paese nell’ultimo
anno, fatta sulla base della normativa esistente: rebus sic stantibus direbbe
un Accademico.
A dare manforte a questa
interpretazione abbiamo alcune dichiarazioni, cui peraltro non è stata data
molta pubblicità, di Christine Lagarde, Direttore Generale del Fondo Monetario
Internazionale, nelle quali, scusandosi per l’errore commesso, conferma la
gravità della crisi generale e dichiara che la scelta di adottare un criterio
di estremo rigore non è stata una buona scelta ed ha aggravato una situazione
già abbastanza compromessa di suo.
Sempre a caccia di facili
consensi, tutte le formazioni politiche, anche quelle che non l’avevano ancora
fatto, si sono allineate a tanto autorevoli pareri. La riduzione del prelievo
fiscale, la necessità delle necessarie riforme (quali? E’ un segreto molto ben
custodito), l’attenuazione del rigore eccessivo, eccetera, sono diventati i
cavalli di battaglia di tutti i politici impegnati in campagna elettorale.
Anche coloro che avevano votato in Parlamento le severe leggi, persino colui
che vedeva la luce in fondo al tunnel e che non la scorge più, si sono
allineati.
La giravolta non stupisce
affatto: fa parte degli usi e costumi dei politici, specialmente quelli
nostrani, che in tal modo hanno dimostrato una volta di più la propria totale
inconsistenza, incoerenza e mancanza di serietà. Ma c’è un punto che vale la
pena di chiarire, anche se la domanda che faremo è assolutamente retorica e non
tale da provocare una qualsiasi risposta.
La Banca d’Italia, l’UE, il
Fondo Monetario, la BCE, persino le Associazioni Artigiani, fra cui si
distingue quella di Mestre, redigono e pubblicano periodicamente degli studi di
previsione dell’andamento dell’economia. Perché nessuna delle forze in campo,
che troppo spesso ricevono corposi finanziamenti pubblici, si è neppure sognata
di predisporre e presentare un quadro previsionale di come si svilupperebbe
l’economia e lo stato del paese qualora venissero attuate le proprie proposte
programmatiche? Forse perché sanno che il risultato sarebbe molto deludente. E
poi, chi può pretendere da simili personaggi un comportamento serio e coerente
e che abbiano il coraggio di dimostrare la fondatezza delle proprie
chiacchiere? Neppure i sobri accademici osano cimentarsi in una simile prova.
Il Bertoldo
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