20 febbraio 2013

Sovranita'


Il secondo comma del primo articolo della Costituzione recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Cerchiamo di capire come questa sovranità venga esercitata e quali limiti, non previsti dalla Costituzione, essa incontri.
Non essendo possibile che tutto il popolo, direttamente, gestisca il paese, la sovranità popolare si esercita attraverso periodiche elezioni, a livello nazionale e locale, mediante le quali i cittadini delegano i propri rappresentanti. A livello nazionale i rappresentanti del popolo sovrano sono 945, suddivisi fra 630 deputati e 315 senatori. Ai 315 senatori si aggiungono almeno cinque senatori a vita, non eletti ma nominati direttamente dal Presidente della Repubblica.
E qui ci scontriamo con la prima eccezione al dettato costituzionale. Infatti si sono dati numerosi casi in cui alcune leggi o provvedimenti di fonte governativa, e persiano la fiducia ad un governo siano stati approvati solo grazie al voto favorevole di questi senatori che non sono affatto espressione della volontà popolare. Addirittura assistiamo attualmente al curioso fenomeno di uno di questi senatori nominati e non eletti che si presenta come candidato premier, a capo di una coalizione di partiti, senza peraltro accettare di sottoporsi al vaglio del popolo “sovrano”: straordinario esempio di accettazione del metodo democratico e di attaccamento allo spirito ed alla lettera della Costituzione.
Al Parlamento spetta il potere legislativo: senza il consenso del Parlamento, nei suoi due rami, nessuna legge può essere promulgata. Allo stesso Parlamento spettano poi altri due poteri molto importanti: la nomina del Presidente della Repubblica e la concessione della fiducia al governo, che esercita il potere esecutivo. Possiamo quindi affermare che i poteri del Presidente della Repubblica sono poteri che derivano in certo qual modo indirettamente dalla sovranità popolare. Al Presidente della Repubblica spetta il compito di nominare il Presidente del Consiglio ed i ministri, che dovranno ottenere, come si è detto la fiducia dei due rami del Parlamento. Pertanto si deve concludere che il potere del governo deriva da quello del Presidente e del Parlamento e non direttamente dal popolo.
In definitiva, sia il Parlamento che il governo, detentori rispettivamente del potere legislativo e di quello esecutivo, sono comunque espressione, diretta od indiretta – come nel caso del governo e, per inciso, anche del Presidente della Repubblica – della sovranità popolare.
Esiste poi un’altra funzione fondamentale dello stato, la funzione giurisdizionale. Essa viene esercitata da un ordine particolare, la magistratura, nominata solo in base a concorso, totalmente indipendente ed autoreferenziale, evidentemente non espressione della sovranità popolare, il cui compito è quello di applicare la legge nei riguardi delle vertenze fra cittadini e soprattutto al fine di salvaguardare l’ordine pubblico. Com’è evidente essa non ha alcun potere proprio, né legislativo né esecutivo, ma unicamente il compito di assicurare la corretta applicazione della legge. Come afferma la stessa Costituzione (art. 101) “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”.
Purtroppo una ventina di anni fa la classe politica, sorpresa a commettere atti gravemente illeciti (stranamente solo i rappresentanti dell’estrema sinistra furono risparmiati) e quindi trascinata dalla magistratura nelle aule dei tribunali, credette di fare cosa gradita alla magistratura accettando di essere sottoposta in qualche modo al potere dei magistrati, addirittura disconoscendo il volere del popolo, espresso con un referendum, che intendeva sottoporre anche i magistrati al principio di responsabilità civile.
Quello che ne è seguito è da anni sotto gli occhi di tutti: una certa parte della magistratura, molto politicizzata, ha preteso di interpretare le leggi in modo distorto, in tal modo usurpando il potere specifico del Parlamento. Ed inoltre di influire, spesso con argomenti speciosi poi rivelatisi del tutto inconsistenti, sull’esito delle consultazioni popolari, ed ultimamente addirittura pretendendo di interferire sull’economia del paese (casi ILVA di Taranto, Saipem, Finmeccanica e simili), incuranti delle conseguenze sociali, pur mantenendo un occhio di riguardo nei confronti di gravi casi riguardanti esponenti ed imprese nell’orbita delle sinistre.
In queste condizioni, si può ancora credere seriamente che il primo e fondamentale articolo della nostra Costituzione venga rispettato? E che il popolo, esautorato della propria sovranità, non trovi modo, prima o poi, di uscire da questa situazione ?

Il Bertoldo

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