L’articolo
3 della Costituzione stabilisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge”.
Inoltre l’articolo 54, sempre della Costituzione, dichiara che “Tutti i
cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la
Costituzione e le leggi”. Il concetto che se ne ricava è che non esistono né
possono esistere cittadini “legibus soluti” (non tenuti ad osservare le leggi).
E’
evidente che esistono soggetti che non rispettano le leggi, ed a loro devono
venire applicate le leggi penali e civili che contemplano le violazioni da essi
commesse. Tuttavia è doveroso rilevare che un’intera categoria di cittadini si
ritengono al di sopra non solo delle leggi comuni, ma addirittura della
Costituzione. E la Corte Costituzionale, cui spetta il dovere di fare
rispettare la legge fondamentale, si è sempre ben guardata dal richiamare con
la dovuta severità questi soggetti al rispetto della Costituzione .
Si
tratta, com’è facile intuire, di una certa quota dei rappresentanti della
magistratura che, avvalendosi speciosamente della propria indipendenza protetta
da un esplicito dettato della Costituzione, si ritengono autorizzati ad
ignorare ed a violare, spesso smaccatamente, le leggi che essi sono chiamati a
far rispettare. Possiamo citare alcuni casi particolarmente significativi di
quanto affermiamo.
Proprio
in questi giorni un cittadino italiano, inviso ad una certa corrente della
magistratura politicamente molto impegnata, è stato condannato ad un anno di
carcere per violazione del segreto istruttorio, per aver – secondo i magistrati
– dato pubblicità ad una telefonata compromettente per un esponente di un
partito di sinistra. Va ricordato che sono ormai molte decine le violazioni del
segreto istruttorio da parte di magistrati che indagano, spesso con esito
negativo, sullo stesso cittadino citato in precedenza. Perché non si è mai
indagato sugli autori di queste violazioni?
E
che dire dell’episodio ben noto in cui un Presidente del Consiglio fu informato
dalla stampa, prima che dalla magistratura competente, di un procedimento a suo
carico, mentre la Costituzione, all’art. 111, terzo capoverso, prescrive che
“la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente
della natura e dei motivi dell’accusa….”.
Se
per una singola supposta violazione del segreto istruttorio si infligge una
pena di un anno (raddoppiata nel caso del fratello ritenuto complice), quanti
magistrati dovrebbero languire per lunghi anni nelle sovraffollate carceri
della repubblica?
Ad
onor del vero bisogna riconoscere che non tutti i magistrati e non sempre si
comportano con tanta leggerezza e così palese disprezzo della Costituzione.
Basti ricordare l’estrema riservatezza con cui vengono trattate le indagini sul
caso del Monte dei Paschi o sul caso Penati, come in molti altri episodi che
coinvolgano esponenti di certi partiti cui gli inquirenti siano particolarmente
attaccati.
E
c’è dell’altro. L’art. 36 comma 1 lettera a) del Codice di Procedura Penale stabilisce
che “Il giudice ha l’obbligo di astenersi se ha interesse nel procedimento o se
alcuna delle parti private o un difensore è debitore di lui, del coniuge o dei
figli”. In base all’art. 53 sempre del C.P.P. la misura si applica anche al
magistrato del Pubblico Ministero. E’ noto che la Dottoressa Boccassini si
trova precisamente in questa condizione di creditrice nei confronti di Silvio
Berlusconi. Tuttavia, infischiandosene del dettato della legge, prosegue con
disinvolto accanimento ad esercitare le sue funzioni di P.M.
E’
troppo ritenere che alcuni magistrati si considerano abusivamente “legibus
soluti”? Oppure che, non considerandosi uguali a tutti gli altri di fronte alla
legge, non possono essere considerati cittadini?
Il Bertoldo
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