09 maggio 2007
Un paese di caste
Prendendo a spunto la proposta di legge per regolare il conflitto di interessi di cui si è parlato, e le dichiarazioni del Presidente della Camera sul carattere antidemocratico dell’istituto del referendum, dobbiamo arrivare alla conclusione che l’obbiettivo dei componenti dell’attuale maggioranza è quello di istituire anche in Italia come in India, un sistema di caste.
Nella visione dei sinistri nostrani la società dovrebbe essere così suddivisa:
Al vertice la casta dei politici e sindacalisti di professione, che si rigenera solo per cooptazione e che, come le caste dei bramini, hanno in orrore qualunque attività lavorativa che sia suscettibile di produrre un beneficio alla società, ed ai quali, per diritto divino, è riservata la nobile funzione di governare il paese ed il gregge dei cittadini-sudditi, privati per legge del diritto di esprimere le proprie opinione, sia attraverso l’istituto del referendum, sia attraverso l‘autonoma scelta dei propri rappresentanti.
Verrebbero poi i lavoratori dipendenti, egemonizzati dai sindacati. Seguiti dai lavoratori autonomi, guardati con un certo sospetto perché sospettati di tendenze individualiste.
Infine la casta degli imprenditori, grandi, grandissimi o piccoli, che costituirebbero i paria, dal punto di vista politico, in quanto dediti alle proprie attività ed al proprio interesse, e quindi al di fuori degli schemi di solidarietà socialista che si vogliono imporre. E per ciò stesso destinati al taglieggio continuo da parte delle caste privilegiate ed oggetto delle “affettuose attenzioni” della casta extra dei magistrati.
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