01 ottobre 2007

Birmania: Le cose da sapere per giudicare

I media italiani hanno scoperto la Birmania, questo bellissimo paese con immense risorse naturali (è il primo produttore di teak al mondo e ha importanti giacimenti strategici di gas e petrolio) grazie agli avvenimenti odierni che suscitano l’unanime e vibrata protesta da parte dell’opinione pubblica internazionale.
D’accordo, quello che sta succedendo è deplorevole sotto tutti i punti di vista, ma bisogna evitare di dare un giudizio frettoloso di condanna a senso unico contro la giunta militare al potere, come sembra fare la maggior parte dei commentatori, senza conoscere la realtà della situazione politica ed economica del Paese fino ad oggi ai margini della comunità internazionale.
Effettivamente si tratta di uno dei paesi più poveri ed isolati del mondo, governato, si badi bene, non da ieri l’altro, ma fin dal 1962, cioè da più di 45 anni, da una giunta militare corrotta e strapotente che ha imposto un ferreo regime di controllo su tutte le attività economiche del paese e soffocato sul nascere tutti i tentativi di democratizzazione della vita politica (ricordiamo il rifiuto di accettare la vittoria della Aung San Suu Kyi, lega nazionale per la democrazia, alle elezioni del 1990, che fu all’origine delle sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti). Si tratta di un sistema di governo, fin dall’inizio, è bene sottolinearlo, applaudita all’epoca dai progressisti nostrani, come una originale “via birmana al socialismo” e che ha portato il paese alla situazione odierna di inflazione sistematica e di una scandalosa povertà generalizzata senza contare la costante violazione dei diritti umani fondamentali.
Non sorprende quindi che la Birmania sia considerato come un paese pariah dell’occidente, oggetto meritevole di sanzioni economiche fin dal 2003. Però, l’atteggiamento degli Stati Uniti e dei severi, a parole, paesi europei, ha avuto come conseguenza di gettare questo paese nelle braccia soprattutto della Cina e anche dei Paesi asiatici limitrofi, con regimi, nella migliore delle ipotesi, a democrazia traballante. Tanto per farsi una idea, ecco alcuni esempi edificanti ed emblematici della situazione attuale dei rapporti politici, commerciali e finanziari della Birmania con questi paesi.
La Cina assicura alla Birmania una costante assistenza militare, la frontiera tra i due paesi è un riconosciuto colabrodo cosi che il nord commerciale del paese è praticamente controllato dai cinesi, basta vedere l’imponente consolato della Cina nella città di Mandalay, in contrasto con i fatiscenti palazzi del governo birmano.
Non bisogna dimenticare che il sottosuolo della Birmania racchiude il 10% delle risorse mondiali in gas naturale e sta nel bel mezzo di una regione in pieno sviluppo e affamata di fonti energetiche. Le compagnie cinesi si sono fatte assegnare dal governo quasi tutte le concessioni per lo sfruttamento di gas e petrolio e lo stesso governo cinese ha recentemente approvato la costruzione del pipeline che porterà il petrolio medio orientale dal porto birmano di Sittwe fino alla provincia dello Yunnan, evitando cosi la rotta attuale dello stretto di Malacca.
La China National Offshore Oil Corporation (CNOOC) è capofila di un consorzio che ha firmato un contratto di esclusività per lo sfruttamento dei giacimenti della regione di Rakhine in associazione con la Myanma Oil and Gas Enterprise. Da notare che il pipeline che adesso trasporta il gas naturale dalla Birmania alla Tailandia fu costruito, vedi caso! dalla TOTAL francese e dalla UNOCAL americana. La Saipem del Gruppo ENI installò il pipeline che porta il gas dei giacimenti di Yadana fino alla costa. In barba a sanzioni e supposti boicottaggi internazionali, la Tailandia attualmente compra dalla Birmania più di un miliardo di dollari all’anno di gas naturale. Tra l’altro, i ricercatori dello stesso paese hanno annunciato di aver scoperto, confermandone l’esclusività dello sfruttamento, un significativo giacimento di gas e petrolio nel golfo del Martaban. Non son da meno gli altri paesi asiatici e i russi. Infatti la società russa Zarubezhneft Oil Company ha ottenuto l’esclusiva per la ricerca e sfruttamento delle riserve birmane offshore, l’India ha firmato recentemente un contratto per la costruzione di un pipeline per importare il gas birmano via il Bangladesh, e infine Singapore ha appena firmato accordi per importare sabbia, cemento, graniti e altri materiali per l’edilizia.
Da un punto di vista politico, la maggiore preoccupazione oggi dei generali birmani è il mantenimento dello stato unitario, rafforzando l’autorità sulle minoranze etniche che sono fonte di permanenti tensioni separatiste ma che allo stesso tempo motivano la solidarietà all’interno della giunta al comando per il più stretto controllo degli affari nazionali. Del resto le forze armate birmane sono tra le più efficienti del mondo in particolare forti di una esperienza di guerriglia nella giungla e con equipaggiamenti moderni acquistati sia con i proventi delle vendite di gas, sia utilizzando gli aiuti, non certo disinteressati, ricevuti dalla Cina e da Singapore.
Tutti concordano nell’affermare che la giunta militare non lascerà mai il potere ai civili ciò che del resto è lungi dalla mentalità asiatica e confuciana.
Quindi la via da seguire nel futuro, non è quella delle sanzioni che lasciano il tempo che trovano dati i formidabili interessi cristalizzatisi attorno alle risorse del paese e l’ipocrisia delle istanze internazionali, ma cercare di modificare dall’interno il regime attuale. Ne è esempio quello che è successo nel vicino Vietnam che da regime messo al bando dalle democrazie occidentali, è diventato in soli dieci anni il coccolo del capitalismo internazionale. Non c’era evidentemente bisogno di rovesciare il regime di Hanoi per effettuare le necessarie riforme economiche che invece si sono realizzate dall’interno con modificazioni strutturali equilibrate benchè autoritarie.
Ed è questo l’unico metodo possibile che deve essere adottato anche per la Birmania, facilitando con tutti i mezzi una evoluzione del paese nel senso liberistico ed evitando, così, tutti i traumi di conflitti e spinte sociali estremistiche. Data anche la mentalità particolare, poco conosciuta e sottovalutata da noi occidentali, che riserva per questi popoli energie insospettabili e storicamente provate, tale orientamento non può essere sostituito dagli interventi palliativi della comunità internazionale ipocritamente effettuati solo per darsi buona coscienza.
Alter non datur.
Sources: Forbes, Financial Time, Asian Business, CIA.
Nota: Ringrazio il Professore LAO per i suoi preziosi commenti

18 commenti:

Paolo Della Sala ha detto...

Ottimo, quanto di più informato si legge in giro. Anche se ho qualche dubbio sulla possibilità di autoriformarsi fino in fondo (come in Cina, del resto).

Nobile di Treviso ha detto...

Ciao carissimo.
Grazie. Credo che l'esempio del Vietnam sia quello piu' interessante. Comunque si parla di un colpo di stato imminente con una parte moderata dei militari che vuole il dialogo con i monaci e le forze democratiche.

Anonimo ha detto...

Mango,
è stato un piacere leggere questo tuo commento, vale cento articoli della nostra disinformata stampa locale.
Grazie.
Ciao

Nobile di Treviso ha detto...

Bingo
la carote sono cotte Ripeto: Le carote sono cotte...

Anonimo ha detto...

mango ma spiegami un po ma sei giornalista? te lo cheido perche scrivi in modo preciso e dando informazioni giuste e non faziose, Mi piace molto. hai un giornale? o scrivi di tuo? fammi sapere perche se scrivi in un giornale dimmelo che lo compro subito...secondo me dovresti scrivere un bel giallo sulle questioni italiane etc...avrebbe un enorme successo. Credo che la prima qualità di uno scrittore sia saper interessare il suo pubblico interessare chi legge e tu sscrivi in modo molto preciso e interessante. Intanto e sempre un piacere leggerti sul tuo blog. Bingo bongo la stampa locale in Italia e disastrosa! faziosa e ignorante.

Chris ha detto...

Accidenti ottimo, terrò questo post come fonte privilegiata, non avevo ancora letto nulla del genere fino ad adesso. Complimenti.

Nobile di Treviso ha detto...

@anonimo 20:51: No non sono giornalista. Solo chiarire alcuni punti dopo avere letto sui media italiani informazioni che non tenevono conto di una certa realta' importante da evidenziare. Poi ognuno puo' trarre le sue conclusioni.

Nobile di Treviso ha detto...

Grazie Chris.
A presto

S.R. Piccoli ha detto...

Mango, hai sicuramente scritto cose meritevoli di riflessione e della massima attenzione, ma non credo di poter condividere la tua tesi. E’ chiaro che la situazione birmana è maledettamente complessa e che le cose non si risolvono a colpi di slogan, ma è altrettanto vero che, se è un principio sacrosanto e universalmente valido che i popoli debbano essere lasciati liberi di decidere il proprio destino, nessuno, in base a qualsivoglia interesse, realpolitik e quant’altro, può contestare al popolo birmano la scelta di scendere in piazza. Non solo: è semplicemente inammissibile che non si faccia nulla, in Occidente, per sostenere quel popolo, e, a fortori, che si prenda posizione in difesa del regime tirannico che opprime quel medesimo popolo. Che poi le sanzioni siano la strada giusta è tutto da vedere: io personalmente non ci credo. Sono altrettanto convinto, tuttavia, che un regime come quello birmano sia difficilmente riformabile. Ma se lo fosse non mi straccerei le vesti. Il punto, insomma, è il cambiamento necessario, le modalità si possono discutere. Un sano realismo, di norma, non è irriducibilmente in contrasto con principi e ideali irrinunciabili, ma arrendersi allo status quo per paura di provocare “grane” lo trovo inaccettabile. Moralmente, “filosoficamente” e politicamente. Ciao

Oriana.it ha detto...

Bravissimo Mango, dovresti iscriverti all'albo dei giornalisti !, bell'analisi, l'ho segnalata anche a M. Belpietro.

Qualcuno prima di me contesta "la tesi" di Mango: non c'è alcuna tesi, ma la realtà vissuta, percepita da chi si trova lì sul posto.
E chi meglio di Mango ?

S.R. Piccoli ha detto...

Qualcuno dopo di me ha contestato che si contestasse la tesi di Mango, non essendoci in realtà alcuna tesi. Non posso che contestare a mia volta la tesi di chi contesta ... A me pare che una tesi ci sia, implicita (in tutto il post: sbagliano quelli che difendono il popolo e attaccano i generali) ed esplicita (nella parte conclusiva, quella che comincia con un quindi, che non riporto perché non ce n'è bisogno). Ma se ho capito male ritiro tutto, ci mancherebbe, ma sarebbe un peccato: sostenere una tesi non è mica una colpa ... ;-)

Anonimo ha detto...

Sottoscrivo la prima parte del commento di Paolo della Sala: meglio di quanto si sia letto sui grandi quotidiani, complimenti davvero..

Nobile di Treviso ha detto...

Grazie Rob per il tuo commento. Hai fondamentalmente ragione, non discuto. Personalmente trovo il regime deplorabile. Detto questo bisogna poi vedere la realta' delle cose.
In Birmania, ci sono forti tensioni all'interno stesso della giunta che governa.
Tanto e vero che si parla adesso di un "golpe" interno per eliminare il vecchio General Than Shwe, un mezzo pazzo reclusivo, vero ostacolo al cambiamento. Io sono convinto che la Birmania si riformera' da l'interno come lo ha fatto il Vietnam.

Oriana.it ha detto...

Qualcuno dopo di me...

bei occhiali Rob...

Bobo ha detto...

Complimenti Mango!finalmente un articolo documentato e ragionato (e non un mucchio di banalità urlate) sulla situazione in Birmania!E' il primo che leggo in lingua italiana!
Posso copiarlo sul mio blog?

Nobile di Treviso ha detto...

Certo che puoi copiarlo!
;-)))

Anonimo ha detto...

http://www.latvdellaliberta.it

Anonimo ha detto...

Gentile autore,

ti comunichiamo che il tuo post, ritenuto particolarmente valido dalla nostra redazione, è segnalato nella homepage della Tv della Libertà, all'interno della sezione dedicata alla blogosfera.

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