Siamo in pieno periodo di finanziaria e, come è ovvio, le disparità di opinioni, e non solo fra maggioranza ed opposizione, ma addirittura all’interno della stessa maggioranza, si moltiplicano e si inaspriscono. Vale forse la pena di riflettere su alcuni aspetti delle motivazioni che il governo presenta, al fine di giustificare l’ulteriore stretta fiscale che si preannuncia.
Uno degli argomenti che – come si suol dire - tiene banco in queste occasioni è la lotta all’evasione fiscale. Lasciando perdere le stupidaggini tipo “le tasse sono una cosa bellissima”, uno degli argomenti prediletti consiste nel definire l’evasione un furto e quindi l’evasore come un ladro. Occorre dire subito che questa affermazione non ci convince. Infatti, secondo il sentire corrente, per furto si intende in genere l'impossessamento indebito di un bene di proprietà altrui ed è l'azione tipica del ladro. Si riferisce classicamente alla sottrazione di un bene mobile in danno del legittimo proprietario.
Quindi se ne può dedurre che chi qualifica l’evasione fiscale come un furto considera che ogni forma di ricchezza, e quindi in primis il reddito, sia la proprietà esclusiva non di chi lo ha prodotto, ma dello stato. Solo in questo caso chi ne trattiene una parte superiore a quella consentita dall’autorità commette in definitiva un furto, in quanto si appropria di un bene che non gli appartiene. Dispiace dover ricordare che questa concezione è la stessa che si riscontrava nei regimi assoluti prima della rivoluzione francese, e che essa collima perfettamente con quanto costituiva la dottrina base del comunismo sovietico.
Dobbiamo dedurne quindi che ci troviamo attualmente in Italia in un ambiente culturale che pedissequamente copia l’ideologia sovietica e che mira in definitiva alla confisca della proprietà privata a favore dello stato ?
h/t: Il Bertoldo
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