23 marzo 2012

Giudici

In un’opera di Brecht si narra di un mugnaio tedesco, vessato da un signorotto locale, che ad un certo punto, dopo averle tentate tutte per ottenere il rispetto dei propri diritti, esclamò: “C’è un giudice a Berlino”. Rivoltosi al re, supremo giudice, ottenne la sospirata giustizia.
Il 16 novembre scorso il professor Mario Monti ha ricevuto dal Presidente Napolitano l’incarico di formare un nuovo governo ed il giorno seguente ha ottenuto la fiducia in Parlamento. L’incarico al suo gruppo di tecnici, professori, banchieri, tutte persone di alto profilo ma senza alcuna investitura democratica, era motivato dalla necessità di condurre il paese fuori dalla grave crisi che lo aveva investito e di rilanciare l’economia e quindi lo sviluppo.
Sono ormai passati più di quattro mesi dall’insediamento, sono stati emanati molti provvedimenti ed è tempo di dare un primo giudizio sulla loro qualità e sulla loro idoneità a rimettere in marcia l’Italia.
Il senatore Monti, uomo di cultura, nello scegliersi un autore di riferimento, sembra aver scelto Bertolt Brecht, e forse lo ha preso un po’ troppo alla lettera. Infatti, colpito dalla storia del mugnaio, ha pensato opportuno cercarsi anche lui un “giudice” proprio a Berlino, ed è convinto di averlo trovato nella persona della Cancelliera Angela Merkel. Purtroppo dobbiamo constatare che questo giudice non è poi così imparziale come dovrebbe, ma il premier Monti, ossequiente alla massima secondo cui le sentenze non si discutono ma si applicano, ha seguito alla lettera e seguita a seguire i dettami del suo “giudice”: il paese ne sta subendo le tristi conseguenze.
Proviamo a passare in esame ciò che è stato fatto finora. Come primo obbiettivo, seguendo le prescrizioni del “giudice”, il Premier si è prefisso di raggiungere il pareggio del bilancio entro l’anno prossimo. Come? Non certo riducendo le spese, ma con una raffica di nuove tasse e provvedimenti depressivi sulle pensioni, incidendo in tal modo profondamente sulle possibilità di spesa dei cittadini, soprattutto i più disagiati, e sulla capacità delle imprese di migliorare la produttività con nuovi investimenti e con la creazione di nuovi posti di lavoro.
E’ vero che nelle ultime settimane lo “spread” è diminuito, riportandosi ai livelli dell’agosto scorso, ma a nostro avviso ciò è avvenuto per motivi che nulla hanno a che vedere con la sbandierata grande fiducia degli investitori nella politica del nuovo governo; semplicemente è un po’ diminuita la sfrenata speculazione (favorita da chi?) ed inoltre la BCE ha immesso nel sistema bancario europeo qualcosa come mille miliardi di euro, che non sono andati a finanziare lo sviluppo, ma ad investimenti in prestiti statali, lucrando in tal modo senza rischi succosi margini.
Il nuovo governo tecnico ha poi tentato di prendere provvedimenti riformistici, ma in molti casi ha dovuto ritirarsi con perdite. A titolo di esempio potremo citare le marce indietro sulle privatizzazioni, per l’opposizione soprattutto degli enti locali, sulla riduzione delle commissioni bancarie, per l’opposizione delle banche, peraltro abbondantemente rappresentate nel governo stesso, sulla responsabilità dei magistrati, per l’opposizione dell’ANM, e via elencando. L’unico punto su cui non è stata fatta marcia indietro né si sono ascoltate le opinioni correnti è stato sull’aumento del prelievo fiscale. Non parliamo poi dell’idea di abolire le provincie o di equiparare i contratti dei dipendenti pubblici a quelli privati, smentita e bocciata ancor prima di enunciarla.
Se da un lato il governo si vanta della diminuzione dello spread, dall’altro va ricordato che questa non è la sola diminuzione rilevata. E’ diminuita l’occupazione, la produzione industriale, sono diminuiti i consumi privati, diminuisce il PIL, sembra essere diminuita la credibilità dello stato sul piano internazionale, come sembrano dimostrare i problemi con l’India e persino con certi stati africani; per contro sono aumentati i fallimenti e le chiusure di aziende. Non crediamo che sia questa la strada che ci condurrà fuori dalla crisi e neppure quella che migliorerà i nostri cosiddetti fondamentali. Se diminuisce il PIL, per semplici motivi matematici peggiorerà il rapporto debito/PIL e saremo quindi ancor più esposti alle manovre della speculazione internazionale
Sembra quindi che, per il momento, le prospettive non siano particolarmente incoraggianti: una tassazione a livello estorsivo, una burocrazia sempre più arrogante, l’istituzione di una forma di vero e proprio stato di polizia per motivi fiscali, il mantenimento di mille forme di parassitismo, la chiara volontà di agire solo sul lato delle entrate anziché su quello delle spese come logica e buonsenso chiederebbero provocheranno verosimilmente un peggioramento della situazione, la cui soluzione verrà lasciata l’anno prossimo, in occasione delle elezioni politiche, a quella stessa classe politica prima responsabile delle lacrimevoli condizioni in cui versa l’Italia. Come si può essere ottimisti?
Il Bertoldo

1 commento:

pietro ha detto...

Molto divertente, ma lo sai che il 90% dell'aumento della pressione fiscale è conseguenza delle manovre fatte dal governo precedente?
Ma si sa il SIlvio usava la vaselina.....