Tutti conoscono la
storia del pifferaio magico, una delle fiabe dei fratelli Grimm. La città di
Hamelin venne invasa da una sterminata quantità di topi ed il borgomastro,
disperato, emanò un bando promettendo un lauto compenso a chi fosse riuscito a
debellare la piaga. Un giorno si presentò un giovane piuttosto bizzarro, con
uno strano flauto – o piffero – di legno, che si disse in grado di liberare la
città dai topi. Il borgomastro, piuttosto incredulo, accettò comunque di
provare ed il giovanotto incominciò a girare per la città suonando il suo
strumento. A quel suono evidentemente incantatore tutti i topi uscirono dalle loro tane e si
misero a seguirlo ed egli li condusse fino in riva al fiume dove li fece
entrare cosicché tutti i topi affogarono, liberando la città dall’incubo che
l’aveva afflitta per tanto tempo. La fiaba continua, ma per quanto intendiamo
dire, per noi basta questo brano.
La morale che si può
trarre da questa prima parte della favola è abbastanza facile da ricavare. Il
pifferaio, con il dolce suono del suo strumento, incanta i topi, che sono
indotti ad immaginare verso chissà quali straordinari paradisi verranno
condotti dal suonatore, che invece li porterà solo ed esclusivamente verso le
mete dettate dal proprio esclusivo interesse, che per i topi significa la
definitiva rovina.
Sembra quindi che
questa sorta di apologo voglia descrivere con molta esattezza il comportamento
del sistema politico: ti incanto con i miei discorsi, prendo i tuoi voti e poi
faccio solo il mio interesse.
Il campione italiano
indiscusso di questo sistema è certamente Silvio Berlusconi. Di fronte al
crollo di tutti i partiti non comunisti provocato dalla magistratura, che ha
perseguito com’è suo dovere ogni forma di corruzione, dimenticandosi però di indagare
anche sull’unico partito cui andavano (e tuttora vanno) le proprie simpatie,
Berlusconi ha deciso di intervenire, per cercare di evitare all’Italia la
sciagura di un lungo periodo di predominio incontrastato di un partito di
ispirazione comunista, quando ormai il comunismo era stato rigettato dalla
storia.
Mettendo a frutto la
sua loquacità, la sua apparente bonomia, il suo successo come imprenditore, il
suo fiuto nell’afferrare le attese dei propri concittadini, la sua promessa di
riportare il nostro paese nel campo delle democrazie liberali, progettando
tutte le necessarie riforme, ottenne un incredibile successo contro la “gioiosa
macchina da guerra”.
Purtroppo alla sua
indiscussa abilità nel cogliere i sentimenti di una notevole parte della popolazione
non ha mai corrisposto una uguale capacità di saper scegliere i propri alleati
ed i collaboratori. La Lega, sua alleata nella vittoria iniziale lo lasciò
qualche mese dopo, dando così luogo ad un cambio di maggioranze. In seguito,
nelle differenti tornate elettorali, fu tutto un susseguirsi di clamorose
affermazioni, seguite dalla delusione dei suoi sostenitori e quindi dal
misurato e molto breve successo dei suoi
oppositori
Come il pifferaio
della favola, Berlusconi è sempre stato abilissimo nel dire ciò che gli
elettori volevano sentirsi dire, ma, malgrado il proprio indiscusso carisma,
non è stato capace di realizzare ciò che aveva promesso, vuoi per scarso
decisionismo, vuoi per le scelte sbagliate dei propri collaboratori, in gran
parte esponenti riciclati dei vecchi partiti, DC, PSI, PSDI, MSI eccetera,
oppure giovani, uomini e donne, di bella presenza ma privi delle necessarie
esperienze e capacità.
A fine 2011, di
fronte all’acuirsi della crisi finanziaria, si dimise – sotto la regia del
Presidente Napolitano, che nominò al suo posto un governo “tecnico” – e sembrò
ritirarsi nella posizione di padre nobile del partito da lui stesso fondato.
Ciò ha scatenato un grave malessere, ed il partito perse buona parte della sua
attrattiva per gli elettori. Contando sul proprio carisma, Berlusconi in questi
giorni ha annunciato la propria decisione di ricandidarsi alle prossime
elezioni. È possibile che la sua presenza porti al suo partito qualche voto in
più rispetto ai pochi che oggi gli assegnano i sondaggi, ma difficilmente
riuscirà a ripetere il successo e le vittorie passate.
Troppi elettori lo
considerano ormai fuori gioco, sono rimasti delusi della fiducia più volte
concessagli senza che praticamente nessuna delle promesse solennemente e
ripetutamente formulate trovasse realizzazione. Grande delusione anche per la
scelta dei candidati, troppo spesso persone incapaci, ignoranti e soprattutto
infide, pronte a lasciare il partito che li aveva fatti eleggere. In tal modo
si sono dimostrati molto ossequiosi della Costituzione, là dove libera i
parlamentari da ogni vincolo di mandato, ma assolutamente disprezzabili sul
piano dell’etica e della decenza.
Se un capo sceglie
collaboratori di second’ordine, e non è in grado di realizzare i programmi in
base ai quali è stato eletto, come può ottenere ancora la fiducia dei suoi
concittadini? Evidentemente ci riesce solo perché il resto del mondo politico
sembra essere ancora peggiore ed indegno di fiducia. Ma sarebbe ora di smettere
di eleggere “pifferai magici” e cercare finalmente qualche autentico uomo di
stato, ammesso che ce ne sia almeno uno in circolazione, cosa della quale la
maggior parte degli italiani dubita.
Il Bertoldo
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