17 luglio 2012

Pifferai



Tutti conoscono la storia del pifferaio magico, una delle fiabe dei fratelli Grimm. La città di Hamelin venne invasa da una sterminata quantità di topi ed il borgomastro, disperato, emanò un bando promettendo un lauto compenso a chi fosse riuscito a debellare la piaga. Un giorno si presentò un giovane piuttosto bizzarro, con uno strano flauto – o piffero – di legno, che si disse in grado di liberare la città dai topi. Il borgomastro, piuttosto incredulo, accettò comunque di provare ed il giovanotto incominciò a girare per la città suonando il suo strumento. A quel suono evidentemente incantatore  tutti i topi uscirono dalle loro tane e si misero a seguirlo ed egli li condusse fino in riva al fiume dove li fece entrare cosicché tutti i topi affogarono, liberando la città dall’incubo che l’aveva afflitta per tanto tempo. La fiaba continua, ma per quanto intendiamo dire, per noi basta questo brano.
La morale che si può trarre da questa prima parte della favola è abbastanza facile da ricavare. Il pifferaio, con il dolce suono del suo strumento, incanta i topi, che sono indotti ad immaginare verso chissà quali straordinari paradisi verranno condotti dal suonatore, che invece li porterà solo ed esclusivamente verso le mete dettate dal proprio esclusivo interesse, che per i topi significa la definitiva rovina.
Sembra quindi che questa sorta di apologo voglia descrivere con molta esattezza il comportamento del sistema politico: ti incanto con i miei discorsi, prendo i tuoi voti e poi faccio solo il mio interesse.
Il campione italiano indiscusso di questo sistema è certamente Silvio Berlusconi. Di fronte al crollo di tutti i partiti non comunisti provocato dalla magistratura, che ha perseguito com’è suo dovere ogni forma di corruzione, dimenticandosi però di indagare anche sull’unico partito cui andavano (e tuttora vanno) le proprie simpatie, Berlusconi ha deciso di intervenire, per cercare di evitare all’Italia la sciagura di un lungo periodo di predominio incontrastato di un partito di ispirazione comunista, quando ormai il comunismo era stato rigettato dalla storia.
Mettendo a frutto la sua loquacità, la sua apparente bonomia, il suo successo come imprenditore, il suo fiuto nell’afferrare le attese dei propri concittadini, la sua promessa di riportare il nostro paese nel campo delle democrazie liberali, progettando tutte le necessarie riforme, ottenne un incredibile successo contro la “gioiosa macchina da guerra”.
Purtroppo alla sua indiscussa abilità nel cogliere i sentimenti di una notevole parte della popolazione non ha mai corrisposto una uguale capacità di saper scegliere i propri alleati ed i collaboratori. La Lega, sua alleata nella vittoria iniziale lo lasciò qualche mese dopo, dando così luogo ad un cambio di maggioranze. In seguito, nelle differenti tornate elettorali, fu tutto un susseguirsi di clamorose affermazioni, seguite dalla delusione dei suoi sostenitori e quindi dal misurato e molto breve  successo dei suoi oppositori
Come il pifferaio della favola, Berlusconi è sempre stato abilissimo nel dire ciò che gli elettori volevano sentirsi dire, ma, malgrado il proprio indiscusso carisma, non è stato capace di realizzare ciò che aveva promesso, vuoi per scarso decisionismo, vuoi per le scelte sbagliate dei propri collaboratori, in gran parte esponenti riciclati dei vecchi partiti, DC, PSI, PSDI, MSI eccetera, oppure giovani, uomini e donne, di bella presenza ma privi delle necessarie esperienze e capacità.
A fine 2011, di fronte all’acuirsi della crisi finanziaria, si dimise – sotto la regia del Presidente Napolitano, che nominò al suo posto un governo “tecnico” – e sembrò ritirarsi nella posizione di padre nobile del partito da lui stesso fondato. Ciò ha scatenato un grave malessere, ed il partito perse buona parte della sua attrattiva per gli elettori. Contando sul proprio carisma, Berlusconi in questi giorni ha annunciato la propria decisione di ricandidarsi alle prossime elezioni. È possibile che la sua presenza porti al suo partito qualche voto in più rispetto ai pochi che oggi gli assegnano i sondaggi, ma difficilmente riuscirà a ripetere il successo e le vittorie passate.
Troppi elettori lo considerano ormai fuori gioco, sono rimasti delusi della fiducia più volte concessagli senza che praticamente nessuna delle promesse solennemente e ripetutamente formulate trovasse realizzazione. Grande delusione anche per la scelta dei candidati, troppo spesso persone incapaci, ignoranti e soprattutto infide, pronte a lasciare il partito che li aveva fatti eleggere. In tal modo si sono dimostrati molto ossequiosi della Costituzione, là dove libera i parlamentari da ogni vincolo di mandato, ma assolutamente disprezzabili sul piano dell’etica e della decenza.
Se un capo sceglie collaboratori di second’ordine, e non è in grado di realizzare i programmi in base ai quali è stato eletto, come può ottenere ancora la fiducia dei suoi concittadini? Evidentemente ci riesce solo perché il resto del mondo politico sembra essere ancora peggiore ed indegno di fiducia. Ma sarebbe ora di smettere di eleggere “pifferai magici” e cercare finalmente qualche autentico uomo di stato, ammesso che ce ne sia almeno uno in circolazione, cosa della quale la maggior parte degli italiani dubita.
 Il Bertoldo

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