15 agosto 2012

Cogitationes feriae Augusti


Il governo afferma che è allo studio un progetto di dismissioni di beni immobiliari di proprietà pubblica con lo scopo di ridurre gradualmente il debito pubblico. Finora non è stato comunicato alcun indizio su come si intende procedere. Tuttavia qualche giorno fa il Wall Street Journal ha scritto di aver ottenuto alcune notizie riservate che indicherebbero che il governo progetta di alienare importanti proprietà immobiliari (si è parlato di castelli, palazzi importanti eccetera) per un totale di 350 unità, da cui si prevede di ricavare un miliardo e mezzo da portare a riduzione del debito.
Ci permettiamo di dubitare dell’autenticità di una simile notizia, che appare incredibile anche se si tiene conto delle amare sorprese cui ormai ci hanno abituato i nostri “tecnici”. Infatti, se la notizia fosse vera, dividendo i 1.500 milioni ipotizzati per le 350 unità di grande pregio di cui si sarebbe prevista la vendita, si ottiene una previsione di ricavo medio di 4.300.000 euro per ogni unità, il valore medio di un importante appartamento in centro a Roma o a Milano, non di un palazzo o di un castello, come comunicato dal giornale americano. A meno che le stime siano state affidate al ministro Patroni  Griffi, particolarmente esperto in sismologia immobiliare.
Va comunque rilevato che ogni eventuale cessione di beni immobiliari pubblici deve essere accompagnata obbligatoriamente dalla garanzia di poter utilizzare il bene stesso in modo economicamente valido, sottraendolo alle imprevedibili e macchinose decisioni in merito da parte delle autorità locali e simili. Chi infatti accetterebbe di acquistare, sia pure a condizioni di particolare favore, una caserma dismessa se non è possibile cambiarne la destinazione d’uso?
E d’altra parte occorre assolutamente essere certi che il ricavato di tali vendite vada effettivamente a ridurre il debito pubblico e non nel generale calderone delle spese correnti. Perché non prevedere per esempio che il pagamento debba avvenire unicamente in titoli di stato destinati per legge all’annullamento?
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La Germania continua ad opporsi ostinatamente ad ogni possibilità di autorizzare la Banca Centrale Europea ad acquistare titoli di stato dei paesi mediterranei al fine di  ridurre il famigerato spread e quindi alleggerire almeno in parte l’elevato onere di interessi che gravano sul bilancio di quei paesi. Attualmente l’unica possibilità per questi paesi è di chiedere formalmente la concessione di aiuti da parte dell’Europa, sottomettendosi però al controllo della cosiddetta “troika”, e perdendo quindi un’altra fetta di sovranità a favore dell’UE ed in sostanza dell’aspirante egemone Germania.
Bene ha fatto quindi il Presidente Monti – e con lui alcuni influenti ministri del suo gabinetto – a dichiarare ufficialmente che il nostro paese può benissimo farcela da solo, grazie ai propri fondamentali che sarebbero estremamente positivi. Ha quindi concluso che l’Italia non chiederà l’intervento, tanto oneroso in termini di indipendenza, del fondo salva stati. Finalmente abbiamo un Presidente del Consiglio che si ispira al modello reso famoso da una nota pubblicità “L’uomo che non deve chiedere mai”…
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Il ministro dell’economia Grilli, in un’intervista a Repubblica, ha prospettato un avvincente e beato avvenire di prosperità, ed ha preconizzato una prossima drastica riduzione dell’imposizione fiscale. La cosa non può che allietare tutti gli italiani, che attendono fiduciosi almeno la realizzazione della promessa fiscale. Un pensiero sorge però spontaneo: se questa è veramente l’opinione del governo, o per lo meno di un suo importante componente, non era proprio possibile attuare prima questo interessante programma, invece di gettare tutto il paese nel baratro di una crisi nerissima?
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A distanza di anni dal verificarsi del fatto, com’è ormai abitudine quando non si tratta di perseguire esponenti politici scomodi, antipatici o di idee avverse, la magistratura si è accorta che gli impianti siderurgici di Taranto, forse i più importanti d’Europa, sono altamente inquinanti. Di conseguenza ha disposto l’arresto di alcuni esponenti della società, ritenuti responsabili di disastro ambientale, ed il sequestro degli impianti, pur consentendo in un primo tempo la continuazione dell’attività produttiva. In un secondo tempo il GIP competente (competente solo sul piano giuridico, va da sé) ha revocato l’autorizzazione a continuare le produzioni, e quindi ha disposto la chiusura dell’intero impianto. Ovviamente è in corso una rivolta dei lavoratori e sono molte le preoccupazioni del governo, sia sul piano produttivo che sociale.
Questa vicenda pone un serio interrogativo. Il magistrato che si è assunto una così grave responsabilità lo ha fatto in odio ai “padroni”, oppure in odio ai lavoratori messi sul lastrico? Come avrebbe detto il Manzoni, “ai posteri l’ardua sentenza”. Resta il fatto gravissimo di un incosciente e grave attentato alla produzione ed all’occupazione in un momento particolarmente difficile per il paese.
 Il Bertoldo

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