Ormai
siamo quotidianamente informati di notizie riguardanti la giustizia che non
sembrano quelle che ci si attenderebbe in un normale paese democratico.
E’
purtroppo diventata una consuetudine apprendere che pericolosi criminali, rei
di stupri, violenze varie, omicidi, rapine, organizzazioni dedite al traffico
di droghe e simili azioni vengono rilasciati o comunque relegati agli arresti
domiciliari, mentre d’altro canto persone non particolarmente pericolose
vengono trattate con durezza, quando non con violenza. E’ di qualche giorno fa
la notizia di un bambino strappato a forza da scuola su ordine di un
magistrato, con metodi che non ci si sognerebbe mai di adottare nei confronti
di pericolosi delinquenti. Ancora siamo stati informati di bimbi sottratti ai
genitori – su indicazione di assistenti sociali sulla cui competenza sono
leciti forti dubbi – perché troppo anziani o perché troppo poveri.
Ma
il settore dove la magistratura è più attiva e più proterva è il settore
politico: come si può immaginare, non si tratta di severità “erga omnes”, ma
normalmente ben mirata verso alcuni settori politici. Basti ricordare i
processi, conclusi con gravi condanne a pene detentive, nei confronti di un
direttore di giornale, di un ex presidente del Consiglio, e verso vari
esponenti di idee non di sinistra. Operazioni che contrastano con la lentezza e
l’inerzia quando, per motivi assolutamente inoppugnabili, gli indagati
appartengono alla galassia progressista, e che mostrano, al di fuori di ogni
dubbio, la volontà egemonica della casta, coperta dalla impunità garantita
dalla Costituzione (le anime belle la chiamano “indipendenza”).
Ed
infine, non si possono dimenticare da un lato le critiche, spesso velenose, nei
confronti di qualsiasi ipotesi di riportare all’ordine la magistratura, di
riorganizzarla secondo criteri più logici, di farla partecipare ai sacrifici
cui sono chiamati tutti gli altri cittadini, né si può trascurare il formale
rifiuto di assumersi le proprie responsabilità in casi di errore o peggio dolo
giudiziario.
Ricordiamo
anche la solerzia con cui la magistratura, abitualmente lentissima quando si
tratta dei comuni cittadini, decide in quattro e quattr’otto i casi in cui la
parte offesa è un membro della confraternita.
Per
ultimo va rilevata la supponenza con la quale, ignorando le più elementari
nozioni tecniche, o le necessità vitali di molti propri concittadini, taluni
magistrati, in cerca di facile popolarità, pretendono di dettare legge in
questioni economiche (chiusura delle acciaierie di Taranto), scientifiche (la
condanna inflitta ai membri della Commissione Grandi Rischi per non aver saputo
predire esattamente un terremoto), e simili grossolane mistificazioni.
In
definitiva dobbiamo concludere che questa casta di intoccabili, per la maggior
parte ideologicamente di estrema sinistra, ha deciso di modificare il
tradizionale slogan del marxismo “Dittatura del Proletariato” con un più
conveniente (per loro) “Dittatura del Magistrato”. Dove può trascinare il
nostro paese una simile deriva autoritaria da parte di un ordine che non è
stato eletto da nessuno, ma che si arroga il diritto di dettare legge, non è
dato sapere: le prospettive sono comunque tutt’altro che rassicuranti.
Il Bertoldo
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