Nei giorni scorsi in vari
paesi d’Europa (non tutti come qualcuno ha voluto far credere) in particolare
in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, i grandi malati dell’euro, si sono
svolte manifestazioni, presto degenerate in atti di violenza, contro le misure
di austerità decise per far fronte alla grave crisi che minaccia l’esistenza
stessa dell’euro e forse della UE.
In Italia in particolare ai
lavoratori si sono aggregate vaste masse di studenti ed insegnanti, per
protestare contro i tagli decisi per il ministero della istruzione, università
e ricerca. Gli insegnanti protestavano anche per l’intenzione manifestata dal
governo di aumentare da 18 a 24 le ore settimanali di insegnamento in cattedra.
A giustificazione della
protesta studenti ed insegnanti hanno rispolverato le solite motivazioni: così
si dà un colpo gravissimo alla cultura ed alla ricerca, il paese ne soffrirà
gravemente, tutto il sistema peggiorerà in modo inaudito, eccetera eccetera.
Queste affermazioni
troverebbero ben più di una giustificazione e mostrerebbero che studenti ed
insegnanti hanno un forte senso di patriottismo. Purtroppo si ha l’impressione
che, forse per mancanza di tempo, non abbiano mai preso conoscenza di molte
rilevazioni statistiche che collocano il nostro paese fra gli ultimi – per il
livello dell’insegnamento – non solo fra i paesi europei ma addirittura
rispetto a molti paesi extra europei.
Per quanto riguarda
l’insegnamento universitario, nella lista delle duecento migliori università
del mondo non figura neppure una delle 78 università italiane.
A questo punto una
riflessione si impone. Studenti e docenti sembrano non avere ben chiara la
differenza che esiste fra quantità e qualità. La protesta si riferisce ad una
progettata diminuzione della quantità degli stanziamenti; non risulta che
alcuna protesta sia mai stata fatta a proposito della bassa qualità
dell’insegnamento.
Che si debba spendere per
favorire l’istruzione e quindi la cultura è un fatto ovvio, ma il vero problema
è: come vengono spesi questi soldi? E’ vero che la ricerca è un elemento
essenziale per lo sviluppo del paese, ma deve trattarsi di una ricerca
passibile di pratiche applicazioni. Non si vuole qui disprezzare la ricerca su
argomenti puramente culturali (letteratura, storia, filosofia, e simili
argomenti), ma in momenti di grave emergenza occorre non disperdere i pochi
mezzi a disposizione e concentrarli invece là dove più verosimile è il ritorno
in termini economici. Proprio una maggiore disponibilità di fondi, conseguenza
della ripresa dello sviluppo, permetterà di sviluppare anche quei settori il
cui valore consiste in un incremento del livello culturale.
Insomma crediamo che anche
nell’istruzione si debba cercare la qualità e non solo la quantità dei mezzi
messi a disposizione, senza mai avviare una seria riflessione su come questi
fondi vengono spesi o per meglio dire dissipati senza alcun profitto per il
paese e per chi quei fondi li ha faticosamente prodotti e ad essi ha dovuto
forzosamente rinunciare.
Il Bertoldo
Nessun commento:
Posta un commento